Milano, 7 gennaio 2020 – Era un po’ che volevo provare a raccontarla: la bellezza e la ricchezza che ti regala ogni giorno un cane, qualsiasi cane, specialmente quando hai la possibilità di condividere con lui la vita di scuderia.
Mi frenava un po’ il timore di essere banale: il 98% di chi legge queste righe avrebbe saputo perfettamente di cosa stessi parlando, visto che è la cosa più normale del mondo avere di fianco un amico scodinzolante anche quando siamo tra i cavalli.
Poi da qualche giorno è tornata fuori la notizia del cane da pastore Maremmano Abruzzese riconosciuto parte integrante del patrimonio culturale della regione Abruzzo e allora niente, devo sfogarmi.
Perché abbiamo la fortuna di avere in famiglia uno di questi grandi cani bianchi, e dal primo giorno – era ancora un cuccioletto apparentemente goffo di tre mesi – siamo diventati le sue pecorelle, e ci ha conquistato il cuore con la cura che da subito ha avuto per noi.
Era grande poco più di un gatto e non ha mai uggiolato né guaito, nemmeno la prima notte lontano dalla sua mamma e dai suoi fratelli; ha cominciato a montare di guardia, e non ha mai smesso.
Cavalli e asini gli sono sempre piaciuti, è nato in una scuderia, sapeva già come averci a che fare: che “qui comando io, e se abbaio dovete farvi un po’ più in là” e anche quando era grande come un soldo di cacio li aspettava a piè fermo per la scambievole annusatina, ma che non si prendessero troppe confidenze che lui a mordicchiargli il naso sapeva benissimo come arrivarci.
Il nostro Maremmano Abruzzese ha la fortuna di vivere virtualmente libero, ma il posto dove siamo è il centro del suo interesse e se ne allontana solo per seguire noi: ama forsennatamente uscire con me in passeggiata quando vado a cavallo, e qui comincia davvero il bello.
Perché tra le nostre cavalle, due Bardigiane e Poldo, il pastore Maremmano Abruzzese, si è formata una vera e propria squadra: lui aspetta spalmato all’ombra di un ulivo che noi si finisca con il lavoro di riscaldamento, poi appena ci avviamo sul sentiero che porta verso il bosco si slancia avanti, coda sventolante e testa alta.
Dieci metri avanti, deve avere un manuale da qualche parte dove sta scritto che quella è la posizione giusta per lui: volta appena le orecchie per capire se girerò a destra o sinistra ad un bivio, si ferma ad aspettare se una curva tra gli alberi interrompe il contatto visivo.
Ogni tanto quando sa che ci sarà un tratto obbligato, senza possibilità di deragliamento si ferma a marcare tra i cespugli o ad annusare tracce interessanti ma poi ritorna veloce in testa e riprende a fare da apripista.
E le cavalle si sono subito abituate a lui: le loro piccole orecchie attente sanno sempre dove aspettarsi di vederlo sbucare, e quando siamo nel bosco si sente chiaramente che sono rassicurate dal fatto che lui sia là davanti, a pulire la strada da tutte le sorprese che potrebbero esserci – se c’è qualche selvatico da far scappare, ci pensa Poldo a dargli il via e le cavalle arrivano sul posto quando la situazione è già normalizzata.
Lui si sente utile, loro si sentono protette: e io sono felice, perché due pet-therapy alla volta “…sono meglio che uan” (op.cit.).
Per tornare alla cronaca, l’articolo 1 della legge 21 del 9 luglio 2016 della Regione Abruzzo dice: “La Regione Abruzzo riconosce il cane bianco italiano da custodia delle greggi, così come trasmesso dalla civiltà pastorale abruzzese, unico e inconfondibile, parte integrante del proprio patrimonio culturale con il nome di “cane da pecora abruzzese” o “mastino abruzzese”, e continua nel secondo comma “Il cane bianco italiano da custodia delle greggi, capolavoro della collettiva e plurimillenaria opera di selezione genetica delle genti della montagna abruzzese, è stato ed è elemento insostituibile nell’attività armentaria ecocompatibile della tradizione pastorale abruzzese”.
Certo, ha un temperamento molto forte e indipendente: per farne un compagno felice bisogna dargli quello di cui ha bisogno cioè spazio, e qualcuno da proteggere e compagni con cui svolgere il proprio lavoro.
Lo stesso cane impagabile che ci scorta nelle nostre passeggiate in collina non so se sarebbe altrettanto felice ed equilibrato costretto ad una vita di appartamento, lasciato solo per ore e ore ogni giorno.
Ma una volta soddisfatte queste necessità di base, è un cane meraviglioso: la cosa più affascinante in assoluto, per me che non ne avevo mai avuto uno della sua razza, è che non ha nessun bisogno di imparare quello che deve fare.
Sa perfettamente come comportarsi, sempre, in ogni situazione, ed è fantastico accorgersi di tutto quello che ha dentro; mille sfumature d’amore, la capacità di dosare l’intensità degli interventi a favore dei suoi protetti, dal gentile toglierti la mano da sopra al suo gatto spostandola delicatamente con la sua zampona allo sguardo di ghiaccio con cui blocca gli estranei dentro le loro macchine, se non siamo noi nel cortile di casa.
Insomma, la felicità è uscire a cavallo con un pastore Maremmano Abruzzese che sventola la sua coda orgogliosa davanti a noi, e ha fatto bene la regione Abruzzo a riconoscergli lo status di patrimonio culturale.
Un patrimonio bianco, con un cuore così grande che ci stiamo dentro comodi e protetti come agnellini.
Grazie Poldo, e grazie a Mauro e Margherita che ce lo hanno regalato.
Un consiglio di lettura: Piacere di conoscerti, di Elena Garoni è un magnifico libro, scritto in modo brillante che illustra in modo profondo e chiarissimo l’indole e il carattere dei nostri amici cani.