Palermo, 8 aprile 2019 – L’ultimo rapporto nazionale sulle zoomafie parla chiaro: in Sicilia sono stati avviati più di mille procedimenti legali che coinvolgono circa 780 indagati, un dato ben superiore alla media nazionale.
I crimini contestati vanno dalle corse clandestine dei cavalli (ben noto serbatoio di contanti dei malavitosi per via delle scommesse) alle macellazioni illegali di animali non inseriti nella filiera alimentare controllata dalla sanità, passando per traffico di anabolizzanti e false certificazioni antimafia redatte allo scopo di ottenre accesso in modo fraudolento ai fondi europei destinati ad agricoltori e allevatori.
Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi scampato a un agguato della mafia dei pascoli nel maggio 2016, ha detto che «…grazie al Protocollo e alla legge conseguente, si stia ponendo argine alla problematica. Le tante operazioni di servizio di forze dell’ordine e magistratura stanno dimostrando che importanti famiglie mafiose percepivano, attraverso autocertificazioni antimafia false, milioni di euro di Fondi Europei che invece dovevano andare agli allevatori e agricoltori onesti che, nella nostra Sicilia, sono la stragrande maggioranza. Invece proprio loro venivano vessati e minacciati dai mafiosi per cedere i terreni o non partecipare ai bandi. Guai al negazionismo, guai a tentare di modificare le norme sulle interdittive antimafia».
E guai a dimenticare che fenomeni solo apparentemente irrilevanti come le corse clandestine dei cavalli o l’appropriazione forzosa dei pascoli tramite l’immissione di bestiame non identificabile (vedi anche il fenomeno delle Vacche Sacre in Calabria di cui parlano le cronache anche in questi giorni) sono, in realtà, la punta di un iceberg fatto di crimini contro le persone oneste, che lavorano seguendo le regole.