Bologna, 2 settembre 2021 – La domanda ce la siamo fatti dopo aver letto un articolo de il Resto del Carlino che parlava della traduzione in romagnolo di una celebre poesia di Giovanni Pascoli.
La Cavallina Storna, ovviamente.
L’unica testimone dell’assassinio del padre del Poeta, che immagina nei suoi versi la madre che appoggiandosi alla greppia parla piano piano alla giumenta.
Una scena che tutti abbiamo disegnata in testa, perché nonostante il fraseggiare pomposamente ottocentesco del Pascoli l’emozione trasmessa era vera e rendeva vivo il tutto. Come se l’avessimo visto coi nostri occhi.
E abbiamo pensato: ma anche noi parliamo ai nostri cavalli, perbacco, e che sia in italiano o in romagnolo o in tedesco (come faceva Carlo V) loro ci capiscono sempre.
Gli parliamo per avvertirli, per dare indicazioni, per sfogarci, per tenerci e tenere loro compagnia.
Lo facciamo per schiarirci le idee perché loro sanno ascoltare così bene, ma poi se anche c’è un momento di silenzio non è mai imbarazzante.
E tu parli al tuo cavallo, e quando?
P.s. La versione in romagnolo della poesia, per la cronaca, è stata fatta dall’imprenditore e scrittore Marco Marchi che durante una chiacchierata tra amici ha immaginato la donna parlare in dialetto alla dolcissima cavalla.