L’Aquila, 8 aprile 2024 – Per scegliere il titolo giusto c’è voluto un po’ di tempo tali e tante erano le coincidenze.
Quella che segue è una storia che ha dell’incredibile.
Il protagonista è il cavaliere Antonio Forgione che, ignaro di quello che stava per compiere, ha stabilito un record probabilmente da Guinness dei primati: impresa che poi si è trasformata, suo malgrado, in una dedica speciale.
Ma cominciamo a raccontare dall’inizio: Antonio è atterrato la sera tardi di Venerdì a Vienna per dirigersi direttamente in albergo a Samorin dove l’indomani ha corso e portato a termine una gara di qualifica di 40 km. in sella a Donori.
E fin qui, nulla di strano.
Il cavaliere abruzzese, terminata la gara, si catapulta in aeroporto per tornare in Italia per lavorare nel suo ristorante a Prezza, in Abruzzo.
Non c’è tempo neanche per dormire perché ad attenderlo l’indomani c’era la CEN A di 44 km. a Vittorito (Aq), anch’essa portata a termine e in compagnia di Eyden Des Cades.
Due gare finite in meno di 48 ore corse in due stati diversi è una storia da Guinness, senz’altro.
Ma Antonio non ha potuto festeggiare come voleva perché, mentre percorreva l’ultimo km. del primo giro a Vittorito, ha ricevuto la telefonata che congela ogni entusiasmo: nonno Donato è volato in cielo.
Con estrema difficoltà Antonio ha portato il cavallo in visita ed è ripartito, accompagnato dal suo ricordo e ripercorrendo, metro dopo metro, tutta la vita trascorsa in sua compagnia.
Donato Francesco Forgione era un uomo forte, di altri tempi. Fu proprio lui a instradare e fare scoccare la scintilla dell’endurance in Antonio.
Nonno Donato provò e scelse nel 2009 personalmente a Vittorito il primo cavallo da regalare ad Antonio e lo fece contro il volere di suo figlio, il papà di Antonio; la cavalla si chiamava Ispinosa.
Incredibile come a distanza di tanti anni, nonno Donato abbia lasciato la vita terrena proprio mentre Antonio correva a Vittorito, lì dove tutto nacque.
Caro Antonio, siamo convinti che durante questo tuo Guinness, un obiettivo che solo un ‘pazzo’ come te poteva centrare, tuo nonno ti sia stato vicino per tutte le tue 48 ore di endurance uscendo di scena in grande stile.
Ti mancherà fisicamente, ma parte del suo “purosangue” scorrerà per sempre nelle tue vene.
Bravo Antò.
di Luca Giannangeli, Sportendurance