Bologna, 7 settembre 2021 – Avevamo incontrato Erik Fumi nel 2016, quando dopo aver vinto il suo secondo round contro la sorte stava risalendo in sella. Con accanto papà Tibaldo e la dolcissima mamma Grazia. Come se iniziasse una seconda vita.
La prima, quella da fantino-figlio-di-fantino, si era chiusa nel 2011 sulla pista di Livorno con una brutta caduta in corsa. Che gli aveva procurato il coma e una lesione permanente alla parte sinistra del corpo. Una emiparesi.
Quelli del 2016, cinque anni fa…, erano i giorni della sua classificazione come cavaliere paralimpico. A Casorate.
E per l’ex-jockey, la prospettiva rallentava. Forse troppo. Dal galoppo in dirittura al paso medio in rettangolo…
Oggi, a dieci anni dal suo incidente, con mamma Grazia che continua sicuramente a seguirlo anche se se ne è tristemente andata due anni fa, Erik ancora una volta respira, guarda avanti e monta in sella con un sorriso.
E vince nella sua terza vita in sella. Quella da cavaliere di endurance.
Con la gara vinta al Casalone la scorsa settimana, Erik ha messo al sicuro il quinto successo con il suo Kohl, o Kollino come lo chiama lui con grande affetto.
Si è trattato di una competizione «open» con 14 binomi al via su un percorso di 27 chilometri. Torre Trappola, il fiume Ombrone fino all’ex-galoppatoio della via Aurelia Antica: questo il percorso portato a termine con Kohl in una condizione strepitosa.
«Il merito è tutto di Kohl, il mio fedele Purosangue Arabo di 16 anni con cui mi alleno quasi quotidianamente e con cui ho già vinto altre gare» spiega Erik Fumi, che con l’agonismo nel sangue continua a sentire la lusinga di una vittoria ben conquistata.
«Siamo partiti in tandem con altri due concorrenti che fanno parte del mio team e siamo arrivati in buone condizioni al traguardo dopo circa due ore e 15 minuti. Il mio cavallo ha fatto rilevare solamente 36 battiti cardiaci al minuto risultando quello con la frequenza più bassa. Per questo abbiamo vinto e siamo fiduciosi di partecipare anche a un’altra gara prevista per fine anno».
Dopo la vittoria, Erik, come faceva già quando era ‘semplicemente’ un fantino, non ha omesso ringraziamenti per nessuno.
«Volevo come sempre ringraziare il mio team Alessandro Generali Endurance che mi fa fare parte del suo team e partecipare alle gare. Ringrazio il mio super amico e ottima guida Leonardo Bellaccini. Oggi c’era un’altra ragazza con noi, proprietaria dei cavalli con cui ho fatto il tandem con il mio super kollino Mari Roghi. Vi ringrazio per avermi aiutato a finire la gara mi sono divertito moltissimo. Ringrazio il babbo Tebaldo groom a gratis che mi ha fatto l’autista e fatto assistenza durante la gara con il grande Gabriele Mulas il mio maniscalco Marco Puccini e aiutante Stefano Gambino Stefano Burchi. Infine devo ringraziare Chiara Vivarelli, una super persona che mi ha visto crescere. Grazie a tutti quelli che mi sostengono sempre».
Ma nonostante il grande entusiasmo, Erik guarda al futuro con amara consapevolezza. Quella con la quale sarebbe bello che nessuno dovesse trovarsi a fare i conti. Sostenere l’attività sportiva tanto importante nella vita di questo ragazzo non è ‘gratis’.
«Comincio a essere preoccupato per il futuro perché non riesco a trovare un lavoro adatto alla mia condizione di disabile che mi consenta di poter finanziare le spese di questa mia passione sportiva. Con la sola pensione di invalidità rischio di non farcela a mantenere il mio cavallo, e questo significherebbe dovere abbandonare una attività che mi sta molto a cuore».
E che fino a oggi è stata per lui una importante ragione di vita.