Bologna, 22 dicembre 2021 – Fare l’allevatore è un mestieraccio: e già individuare il marito ideale per le proprie fattrici richiede parecchio impegno sia in termini di ricerca e studio che di investimento economico.
E lo sapeva anche Giovanni de’ Medici, quello dalle Bande Nere, il condottiero nato Forlì nel 1498 e morto a Mantova il 30 novembre 1526.
Come tantissimi altri anche lui si forniva presso le scuderie di Francesco Gonzaga, marchese di Mantova: erano le più famose d’Europa, con esemplari da corsa e da battaglia e un’aggiornata collezione di stalloni spagnoli, irlandesi, africani, turchi.
Il Gonzaga infatti studiava incroci per migliorare i prodotti e intratteneva buone relazioni col Sultano per avere i migliori soggetti, tra quelli esportabili, dei suoi allevamenti.
Giovanni de’ Medici pur di avere un puledro da uno degli stalloni mantovani mandò a Francesco una delle sue cavalle preferite per farla coprire.
Molto elegantemente, tra l’altro, senza dare peso al fatto che il marchese Francesco aveva ottimi motivi per avercela su con lui e la sua famiglia.
Infatti Papa Leone de’ Medici, zio di Giovanni aveva appena fatto sloggiare sua figlia Elisabetta e il marito da Urbino, e Giovanni stesso aveva partecipato attivamente alla campagna militare contro il povero Francesco Maria della Rovere, genero del Gonzaga.
La faccia tosta di Giovanni venne ripagata dalla finezza del mantovano, che gli rimandò a casa la cavalla illibata scusandosi che “…la cavalla è restia, la razza non è quella che si converrebbe, e non abbiamo uno stallone adatto a lei“.
Insomma, la diplomazia allevatoriale al servizio della realpolitik rinascimentale.
Ma noi volendo possiamo provare a immaginare quale, tra i cavalli dipinti da Giulio Romano a Palazzo Te, somigliava a quello che Giovanni de’ Medici avrebbe voluto come padre del suo puledro.
Palazzo Te è stato costruito per Federico Gonzaga, figlio di Francesco: quindi i cavalli raffigurati forse potevano essere i discendenti dei promessi sposi della cavalla di Giovanni.