Bologna, 25 settembre 2024 – Sulla costa atlantica nella parte occidentale dell’Africa del Sud c’è il deserto del Namib, che dà il suo nome a una delle nazioni più giovani di tutto il continente africano.
Proprio lì, in una località chiamata Garub, resiste una popolazione di cavalli selvatici molto nota a livello internazionale grazie ad una associazione che si occupa di loro: la Namibia Wild Horse foundation.
Grazie anche alla visibilità data a questi cavalli da alcuni famosi servizi fotografici che ne hanno colto la vita in uno scenario surreale, dove i relitti lasciati dal passaggio degli europei si mischiano alle sabbie del Namib e fanno loro da riparo, i cavalli che lì gravitano sono diventati una celebrità.
Si ritiene discendano dai soggetti fuggiti al bombardamento dell’esercito sudafricano che era lì di stanza nel 1915: i branchi che erano al pascolo nei dintorni si dispersero nel territorio circostante e rimasero poi liberi.
In particolare si pensa di riconoscere il modello e i segni particolari di quelli dell’allevamento di Emil Kreplin, vicino a Kubub.
Affascinanti, persino commoventi nella loro cocciutissima capacità di resistenza in un ambiente così diverso da quello che ha visto nascere i loro avi, e nella forza di opporsi a clima, fame, sete, predatori.
A riprova della incredibile capacità di adattamento di quel capolavoro della natura classificato da Linneo come Equus ferus caballus: capace di resistere a quasi tutto, ma che innegabilmente nel nostro mondo reale, non ideale, prospera quando è vicino all’uomo.
Qui il sito ufficiale dell’associazione, e qui altri cavalli d’Africa.