Siena, 17 dicembre 2020 – Certe storie se non sei di Siena non puoi nemmeno immaginarle.
Come quella di Brento, cavallo mezzosangue da Palio che è morto ieri nel suo paddock a 23 anni, che aveva vinto solo una volta a Siena: ma era quella che contava di più, quella dell’Assunta 2007 per il Leocorno.
Ci sono cavalli da cui ci si aspetta più che dagli altri perché son fatti di promesse: hanno stile, hanno forza, carattere, talento e mezzi per un “mestiere” particolare.
E a volte proprio questi cavalli mancano di una cosa soltanto – di un po’ di fortuna, quella particolare e intangibile combinazione di eventi casuali che sembrano fare la differenza tra il successo e l’insuccesso.
Anche Brento era uno di questi cavalli, sei anni di onesto lavoro e di grandi speranze in gioventù ma niente, sempre sfuggiva un po’ più avanti quel benedetto momento giusto, sempre succedeva qualcosa che gli impediva di svolgersi al meglio.
E gli uomini ci mettevano del loro, tanto che addirittura fan capitare l’assurdità di non volerlo in Piazza perché troppo forte e lui non riusciva ancora mai a dimostrarlo, quanto fosse grande e quanto potesse dare.
Poi una partenza troppo burrascosa, un incidente superficiale ma che sembra pregiudicare tutta l’annata, per fortuna l’assistenza è immediata, possono dare tutto quello che c’è a un cavallo che si fa male.
Ma lui è forte, lui recupera sé stesso, lui ci crede.
E in quell’agosto del 2007 ci credono anche i suoi proprietari, e ci crede anche un padre che gli è appena morto il figliolo: all’estrazione scritto sulla groppa Brento ha lo stesso numero che era capitato al suo ragazzo a una selezione che poi aveva vinto.
Questo padre telefona a uno di quelli che potevano decidere o no di comprendere il cavallo tribolato nella rosa di quelli che avrebbero corso il Palio: “Prendilo, ti dico prendilo, non lasciarlo fuori”.
Si vota, il cavallo viene preso.
E poi capita che quel cavallo debba correre proprio per quel padre*, e per tutta la gente che si porta addosso i colori di quel padre e di quel suo figlio che non c’è più.
Ed era proprio babbo Alberti a rappresentare tutto il popolo del Leco al momento della presa in consegna del loro barbero: lui, che ha la morte nel cuore per quel suo figlio che non c’è più, lui che per quel numero che glielo apparigliava al figliolo aveva chiesto di averlo in piazza.
E lui, Brento, corre come se fosse tutto nuovo, corre da grande come sapeva di essere e come tutti aspettavano che fosse.
Corre con sulla schiena Scompiglio, un fantino che si porta nello zucchetto la fotografia del ragazzo che non c’è più.
Un fantino tutto nuovo e senza esperienza e forse nessuno sapeva avesse tanto da dare – ma che trova la testa per dosare tutte le capacità del cavallo, per trovare il momento giusto e l’unica maniera di riuscire a vincere.
Lo richiama una frazione d’attimo per sospenderlo e si lascia sfilare il gruppo che si allarga in curva e lui taglia e li infilza tutti e via cesella una traiettoria tutta d’oro e adesso il cavallo può finalmente dare tutto quello che aveva lì da anni.
E tutto è perfetto, riesce a prenderlo il momento giusto per allungarsi al suo galoppo e vince, vince davanti a tutti.
Davanti alla sfortuna, davanti alla gioia e davanti alla tristezza, davanti il bianco e l’arancio che invadono la piazza di gioia, vince e basta e finalmente è lui, un grande cavallo che diventa finalmente sé stesso.
Perché lui è Brento, un barbero del Palio di Siena.
Perché Jacopo era con lui, a regalargli anche la sua fortuna.
E perché quella di Siena non è una corsa come tante altre, è un’altra cosa.
Brento da tanti anni viveva una placida pensione nelle scuderie di Elias Mannucci, curato amorosamente dal proprietario Massimo Martelli che non riesce a non commuoversi parlando di lui adesso: “Un pezzo del mio cuore. Era parte della famiglia”.
Nel giugno del 2008 una di quelle cose che si fanno solo a Siena, e da nessun’altra parte: portarono Brento al cimitero di Sant’Andrea, dove è sepolto Jacopo Alberti.
Il cavallo era rimasto quieto davanti alla tomba mentre la mamma di Jacopo gli sussurrava: “Avete fatto un bel lavoro insieme, tu Jacopo, Giovanni (il marito), Scompiglio, il capitano e tutta la Contrada”.
Noi adesso ci immaginiamo Jacopo che finalmente, da buon contradaiolo, può accarezzare il cavallo che ha corso per i suoi colori; e Brento che si gode le coccole, quelle che spettano a tutti i bravi cavalli come lui.
E trovale, da un’altra parte che non sia Siena, storie così.
*Al Palio di Siena ad ogni contrada che corre in piazza viene assegnato per sorteggio un cavallo compreso all’interno di una rosa di proposte valutate ogni volta da una apposita commissione; i cavalli sino al momento dell’assegnazione sono distinguibili da un numero, scritto con colore atossico bianco lavabile sulla loro coscia.