Bologna, 10 dicembre 2024 – Il Generale di Brigata Enrico Scandone è da pochi giorni Comandante della Legione Carabinieri Emilia-Romagna e il Memorial Dalla Chiesa offre l’occasione di un confronto su temi che vanno bene al di là dell’evento sportivo.
Ma ovviamente i cavalli ci sono sempre qui da noi…dulcis in fundo!
Generale, lei ha appena assunto il comando della Legione Emilia Romagna dopo gli anni in cui è stato Comandante Provinciale dei Carabinieri a Napoli: cosa ha portato con sè a Bologna dell’esperienza partenopea?
“Napoli è stata una esperienza importante che mi ha arricchito personalmente e professionalmente. Napoli è una città straordinaria, bellissima, ricca di bellezza e storia, ricca di colore e calore ma, allo stesso tempo, una realtà complessa, sfidante, come diceva Pino Daniele città di “mille colori e mille paure”. Ho avuto l’opportunità di lavorare con carabinieri straordinari, dei professionisti il cui impegno quotidiano è stato continuo, sia per fronteggiare le emergenze del territorio, sia l’ordinario, inteso come quotidianità, attraverso i servizi di prevenzione e vicinanza al cittadino.
Ad un mese oramai dal mio insediamento come Comandante di Legione, girando tra i reparti, ho avuto modo di apprezzare in Emilia Romagna il modo con cui i carabinieri lavorano con serietà e professionalità, pienamente consapevoli dell’importanza del proprio ruolo. I territori ed i problemi sono forse diversi ma so che l’impegno e la professionalità sono gli stessi perché fanno parte del DNA dei militari dell’Arma”.
L’Emilia-Romagna apparentemente potrebbe sembrare un posto più tranquillo della Campania: eppure le cronache ci dicono che la criminalità organizzata qui ha trovato modo di allungare le mani sul tessuto economico locale e la delinquenza anche minorile è un problema drammatico. È solo una nostra impressione?
“L’Arma dei Carabinieri è da sempre impegnata nelle strategie di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata su tutto il territorio nazionale. L’Emilia Romagna, dove il sistema economico è vivace, costituisce certamente una forte attrazione per il riciclaggio dei capitali illeciti e gli investimenti nell’economia legale. Le indagini condotte negli ultimi anni, tra cui la famosa “Aemilia”, lo hanno dimostrato e le recenti relazioni della Direzione Investigativa Antimafia confermano in questa regione il consolidarsi della strategia di infiltrazione nell’economia legale e nei gangli della Pubblica Amministrazione da parte delle organizzazioni mafiose. Si registra inoltre la presenza nel territorio regionale di consorterie criminali anche di origine straniera dedite principalmente al narcotraffico, allo spaccio di sostanze stupefacenti e allo sfruttamento della prostituzione.
Allo stesso tempo la violenza minorile nell’area metropolitana e nei grossi centri urbani, che è quella più evidente agli occhi del cittadino soprattutto, registra segnali preoccupanti, su cui, oltre ad attuare con i reparti dell’Arma azioni di contrasto e prevenzione -si pensi ad esempio alla cultura della legalità che trattiamo nelle scuole con incontri rivolti agli studenti, al fianco di genitori e insegnanti- bisogna anche interrogarsi, andando ad intercettare i motivi del disagio e della mancata integrazione quando sono coinvolti minori stranieri. Comunque è una sfida che non si affronta da soli, non lo fanno le sole Forze di Polizia, ma bisogna fare squadra con tutti gli attori istituzionali del territorio, con le famiglie, con la scuola, con le realtà sociali”.
Quali strumenti ha a disposizione l’Arma per aiutare la comunità a risolvere questi problemi?
“L’Arma agisce sul piano preventivo e repressivo. Questa Legione ha alle dipendenze circa 5500 carabinieri, oltre 400 Stazioni Territoriali e Nuclei Forestali, oltre a reparti investigativi altamente specializzati, che attraverso la loro capillarità e sinergia possono contrastare e prevenire le varie forme di criminalità. La conoscenza del territorio e il legame con le comunità rimangono il presupposto imprescindibile per conseguire ogni obiettivo.
In merito alla prevenzione, oltre agli ordinari servizi di controllo del territorio che i reparti esprimono quotidianamente, credo molto nell’attività formativa dei giovani, attraverso gli incontri nelle scuole accanto a genitori e insegnanti, rientranti nel progetto della “cultura della legalità” avviato da diversi anni oramai dall’Arma. La campagna di prevenzione svolta dai carabinieri passa anche attraverso l’opera di sensibilizzazione fatta nei centri di aggregazione, nelle parrocchie, ovunque e rivolta ad adulti ed anziani per non incorrere nelle truffe, altra piaga di estrema attualità. Per fornire un dato numerico, quest’anno sono stati oltre 1600 gli incontri che i nostri carabinieri hanno avuto in questa regione nelle scuole, nei vari centri di aggregazione e chiese, per rendere gli oltre 96.000 studenti e adulti coinvolti più consapevoli verso la necessità di una tutela comune della legalità.
Da Comandante di Legione sarà mia responsabilità supportare i Reparti ed i militari dell’Emilia Romagna per metterli nelle migliori condizioni operative e logistiche per operare, con serenità, sempre al meglio e per sostenerli in ogni momento, soprattutto nelle difficoltà”.
Lei ha prestato servizio anche a Palermo ed è figlio di un ufficiale dei Carabinieri: cosa ricorda di aver pensato nel 1982 dopo la strage di via Carini, e quali memorie si sono sovrapposte a queste immagini dopo aver vissuto Palermo da ufficiale dell’Arma?
“Sono particolarmente legato a Palermo che ho conosciuto ed apprezzato durante i miei periodi di comando, dal 1999 al 2003, presso la Compagnia di San Lorenzo e dal 2012 al 2014, al Gruppo di Palermo: è una città tanto bella quanto affascinante ed impegnativa ma sicuramente fondamentale per la mia crescita professionale ed umana. Ogni volta che entravo in Prefettura o commemoravamo il Gen. Dalla Chiesa era incombente la dimensione del suo impegno e del suo sacrificio. Negli anni ’70 mio padre, anche lui Ufficiale dell’Arma, ha lavorato in Piemonte quando, alla guida del Gen. Dalla Chiesa, i carabinieri erano impegnati a combattere il terrorismo, conoscevamo la persona, la famiglia, l’impegno ed il rigore morale: nel 1982 avevo solo 13 anni ma il ricordo di quel giorno è ancora nitido nella mia mente, ricordo benissimo dove fossi insieme a mio padre quando ebbe la notizia dell’eccidio. Compresi dagli occhi di mio padre, dalla sua emozione e dal suo dolore, dal suo sgomento la gravità di quello che era successo prima ancora che dal clamore che ha suscitato un atto così così vile, che ha ferito al cuore l’intera Italia, la famiglia dell’Arma e tutti i servitori dello Stato che avevano condiviso gli stessi ideali e gli stessi valori del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Proprio l’esempio e la quotidianità del lavoro condiviso con i suoi collaboratori dimostrato del Gen. Dalla Chiesa avevano forgiato uomini come mio padre, che hanno avuto la fortuna e l’onore di lavorare con lui: questa circostanza, il loro esempio, hanno sicuramente rafforzato le mie convinzioni e la mia motivazione perché mi hanno profondamente segnato e dimostrato come percorrere la via del dovere. Dopo pochi anni infatti mi sono arruolato”.
Il rapporto con l’equitazione?
“Ho iniziato ad andare a cavallo che avevo circa 14 anni, a Torino, presso il Centro Ippico della Scuola d’Applicazione dell’Esercito. Giornate lunghe di addestramento che hanno contribuito, oltre che a farmi scoprire la bellezza di questo sport e la profondità del rapporto che si instaura con il cavallo, a formare il mio carattere e ad accrescere l’amore per gli animali.
Poi ho continuato sia in Accademia che alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri a praticare l’equitazione, come i miei colleghi. Successivamente la pratica è stata meno frequente, per gli impegni lavorativi, ma non mi ha impedito di coinvolgere in questa passione mia moglie e mio figlio che, per vari motivi, ne hanno tratto grandi benefici, instaurando con il cavallo un bellissimo rapporto”.