Bologna, venerdì 27 marzo 2020 – Marco Cortinovis è un uomo di cavalli. Proviene da una famiglia di uomini e donne di cavalli. È un direttore di campo internazionale: nel suo curriculum in tale veste c’è il Campionato d’Europa di salto ostacoli del 2005 a San Patrignano. Ma in questo momento ciò che più conta è che Marco Cortinovis è di Bergamo. Bergamo: una città e una provincia devastate dal virus Covid-19 dentro la regione più devastata d’Italia, la Lombardia.
Marco Cortinovis è anche presidente di Uce (Unione Centri Equestri), un’associazione nata una quindicina d’anni fa il cui scopo è molto semplice: aiutare a risolvere le problematiche che insorgono quotidianamente nell’ambito del nostro sport. Oggi però l’obiettivo di Uce – uno degli obiettivi, quanto meno – è suo malgrado modificato: non aiutare a risolvere i problemi dello sport nello sport, ma fare in modo invece che lo sport dia concretamente una mano alla società genericamente intesa. In questo momento, ora, adesso: quando il maledetto virus sta flagellando senza pietà la vita delle persone.
«Vivendo a Bergamo ci siamo resi conto subito della realtà generata dall’attacco di questo virus: lo abbiamo visto dentro le nostre famiglie, tra i nostri parenti, in mezzo ai nostri amici, in città e in provincia. La situazione è drammatica… ».
Quindi lei personalmente e l’associazione da lei presieduta avete deciso di intervenire…
«Sì, perché a un certo punto mi sono reso conto che molti sport e molte associazioni sportive si sono attivate per generare donazioni in favore dell’ospedale della nostra città, ben prima che si arrivasse allo stato di crisi massima. Doveva farlo anche lo sport equestre, dovevamo farlo anche noi».
Quando è nato il vostro intervento?
«Abbiamo cominciato a parlarne una decina di giorni fa. Ma non volevamo nella maniera più assoluta che potesse sembrare un’iniziativa a favore di Uce, non volevamo che il messaggio fosse sbagliato. E così non essendo noi particolarmente esperti di rete e di tecnologia abbiamo perso un paio di giorni per capire come muoverci».
Infine siete approdati sulla piattaforma Go Fund Me.
«Sì, una soluzione ottimale. Massima trasparenza, possibilità per chiunque di verificare istantaneamente l’andamento della raccolta fondi. Era quello che volevamo».
Quindi una raccolta di donazioni: come avviene tecnicamente?
«Molto semplice: la piattaforma raccoglie le donazioni e poi il denaro viene destinato a favore dell’ospedale di Bergamo “Giovanni XXIII”. Attivando il link dedicato all’interno di Go Fund Me è possibile seguire in tempo reale l’andamento delle donazioni, e quindi verificare anche l’ammontare complessivo del denaro raccolto fino a quel preciso momento».
Quando è partita la raccolta?
«Sette giorni fa, il 20 marzo. Nel frattempo la situazione del nostro ospedale come ben si sa è precipitata, divenendo davvero drammatica. Ecco perché abbiamo sperato e speriamo tuttora che il mondo dello sport equestre possa davvero scendere in campo per dare una mano concretamente».
La risposta è stata positiva?
«Sì, ma non bisogna fermarsi assolutamente, anzi. Del resto tutti noi che viviamo nel mondo di questo sport abbiamo sempre sostenuto di essere particolarmente sensibili proprio grazie alla relazione che viviamo con il nostro compagno cavallo; ebbene, adesso è il momento di dimostrare questa sensibilità, e di farlo nei confronti degli esseri umani, perché la gente muore… non è certo questo il momento di preoccuparsi dell’andare a montare a cavallo o di quando sarà nuovamente possibile farlo».
Ci sono stati anche cavalieri stranieri che hanno condiviso e sostenuto il suo messaggio…
«Sì, diversi tra loro. Anche Steve Guerdat e Martin Fuchs… Ma tanti tra gli azzurri ovviamente. Molto sensibili al problema Lorenzo de Luca e Alberto Zorzi a causa dell’essere lontano dall’Italia; mi raccontavano che mentre da noi era molto ben chiaro quello che stava accadendo, in Belgio e Olanda c’era una percezione molto diversa e attenuata della cosa: loro invece grazie ai contatti con amici e parenti avevano ben capito… Loro e tanti altri tra amazzoni e cavalieri si sono resi immediatamente disponibili all’utilizzo anche delle loro fotografie come richiamo di sensibilizzazione sul tema».
Una bellissima cosa…
«Sì, bellissima, ma non dobbiamo fermarci qui, assolutamente. Bisogna che il mondo del nostro sport dia dimostrazione di esserci, ora e adesso, perché è ora e adesso il momento del bisogno, il momento dell’emergenza. È necessario l’aiuto di tutti, nel limite delle possibilità di ognuno: ma abbiamo bisogno di aiuto. Adesso».
PER EFFETTUARE LA DONAZIONE
https://www.gofundme.com/f/unione-centri-equestri-vs-covid19?utm_source=whatsapp-visit&utm_medium=chat&utm_campaign=p_cp+share-sheet