Vienna, 2 gennaio 2020 – Confessatelo: anche voi ad ogni 1° di gennaio fate un tuffo nella imperial-regia tradizione del concerto di Capodanno dal Wiener Staatsoper, tra valzer e polke, ma con il pensiero parallelo ben fisso (ovviamente) sui candidi cavalli Lipizzani della Scuola Spagnola di equitazione della capitale austriaca.
Quindi è il momento giusto per ricordare Alois Podhajsky che fu maestro e custode fedelissimo dei principi di Alta Scuola e dei cavalli Lipizzani.
Nacque in Bosnia- Erzegovina, a Mostar, nel 1898: ufficiale dell’esercito austriaco, vinse una medaglia di bronzo nel dressage alle Olimpiadi di Berlino del 1936 e nel 1939 divenne il direttore della Scuola Spagnola di Equitazione di Vienna.
Lo rimase sino al 1965, anno del suo ritiro: sotto la sua guida l’antica accademia di equitazione non solo sopravvisse (e non era per niente scontato, in un mondo che era stato stravolto dalla guerra prima e dalla miseria post-bellica poi) ma ritrovò nuovo lustro, divenendo forse anche più vicina di quanto non fosse agli appassionati dell’equitazione.
A noi piace particolarmente per un atto di coraggiosa umiltà che significò la salvezza dei Lipizzani viennesi durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1945 stalloni e personale della scuola erano sfollati a St. Martin, nell’Austria del Nord, ormai sotto il controllo Alleato ma rischiavano parecchio, inermi com’erano alla mercé dei ribaltamenti di fronte e della penuria di cibo: Podhajsky organizzò quindi una raffinata ripresa di Alta Scuola per il generale George Patton, che comandava le truppe USA in Austria, e il suo stato maggiore.
Il generale e Podhajsky erano amici sin dalle Olimpiadi del ’36 e alla fine dello spettacolo il colonnello austriaco si tolse il cappello, salutò Patton e gli chiese pubblicamente di prendere sotto la sua protezione stalloni e cavalieri.
Vecchio amico di Podhajsky, nato ufficiale di cavalleria e decisamente portato alle prese di posizione di forte impatto mediatico (con l’uniforme portava invariabilmente una Colt a 6 colpi dal calcio d’avorio infilata in un cinturone da cow-boy) era la persona giusta, nel posto giusto e al momento giusto.
Podhajsky, che di spettacoli emozionanti se ne intende, sa come prenderlo: lo invita con tutto il suo stato maggiore a San Martino per assistere ad una speciale ripresa dei suoi stalloni.
Terminata l’esibizione il raffinatissimo colonnello, chapeau bas e testa alta, chiede al generale americano impalato sull’attenti di proteggere quegli splendidi animali.
Patton non delude le aspettative e di concerto con i servizi segreti che si informarono anche sulla posizione degli altri gruppi di fattrici, stalloni e puledri custoditi ad Hostau dai tedeschi organizza un’azione lampo per trasferire i Lipizzani nella zona controllata dagli Alleati.
Il tutto complicato dall’esercito russo cui non si potevano pestare i piedi e che aveva di fatto la competenza delle zone interessate dall’operazione, ma facilitato dalla cura con cui i tedeschi avevano trattato i cavalli sequestrati: accolsero gli americani con una guardia d’onore e consegnarono i cavalli senza colpo ferire, felici del fatto che venissero a salvarli dai russi.
Epilogo secondario dell’avventura: 80 di questi Lipizzani salvati da Patton vennero trattenuti in Italia durante il loro trasferimento per via ferrata verso Lipizza, diventata Jugoslava, mentre transitavano per il Brennero.
E’ passato più di mezzo secolo da allora: a Lipica ci sono 300 cavalli allevati in purezza e una scuola di dressage di livello mondiale, Piber conta 250 Lipizzani e Vienna, tempio della razza, 72 stalloni (e 23 cavalieri in grado di volare con loro sulle arie dell’Alta Scuola); in Italia abbiamo circa 200 soggetti nel Centro Sperimentale di Tor Mancina, a Roma, di cui alcuni addestrati per il dressage e gli attacchi e in forza ai reparti montati dei nostri Carabinieri.
La favola continua: lunga vita a Sua Altezza Imperiale, il Lipizzano.
La Walt Disney su questa ultima parte della storia nel 1963 ha anche fatto un film, L’ultimo treno da Vienna (Miracle of the White Stallions)
Podhajsky morì nel 1973, non smise mai fino all’ultimo di insegnare e montare a cavallo e ha lasciato una serie di libri fondamentali per chi ama l’equitazione, non solo classica.
Nota bene: la plurimedagliata e grintosissima amazzone statunitense Beezie Madden è nipote del generale Patton.