Basilea, 5 aprile 2022 – Come si comincia una chiacchierata con chi ha appena perso un amico?
Parlando di cose di tutti i giorni, del lavoro, della normalità: e la normalità per Bartolo Messina sono gli spettacoli di Cavalluna, il più grande show equestre d’Europa, made in Germany.
“La gente ha voglia di riprendere la normalità, poi per l’equitazione la Germania è un altro mondo: ci aspettano con fervore da mesi, abbiamo fatto sold a out a Monaco, a Basilea, anche per Vienna sono già esauriti tutti i biglietti”.
Ma a Cavalluna manca una stella, adesso: perché da pochi giorni Bartolo ha dovuto lasciar andare il suo Charlie, il Mini Shetland riconosciuto come il più piccolo stallone del mondo dal Guinness dei Primati.
Non ci sarà più Charly a prendersi la scena.
“No, dopo tanti mesi di tentativi abbiamo dovuto arrenderci insieme a lui: lo avevamo ricoverato in clinica a Lipsia nell’ottobre scorso dopo una bruttissima colica, è stato operato più volte perché non si arrendeva mai, lui voleva vivere e ce la metteva tutta e io non me la sentivo di spegnere il suo coraggio. Poi verso la fine di marzo la primavera e il cambio del ritmo circadiano ha rimesso in moto il suo metabolismo, ormai troppo indebolito e il suo cuore non ce l’ha fatta a reggere”.
Come si fa a decidere cosa è giusto fare in questi casi?
“Abbiamo sempre seguito le indicazioni dei medici veterinari, non c’è mai stato accanimento terapeutico e non ho mai pensato a quanto mi costasse: dopo Lipsia l’abbiamo ricoverato in una clinica di Roma, per averlo più vicino a casa nei mesi in cui non lavoravamo, non poteva essere un fattore economico a mettere fine alla sua vita. Non ho mai lasciato che fosse questo a decidere di lui: alla fine ho accumulato spese veterinarie per circa 26.000 Euro, quando l’ho realizzato mi sentivo come se un Tir mi avesse preso in pieno”.
E cosa avete fatto?
“Abbiamo dato retta a un amico che ha fatto partire per Charlie una raccolta fondi: in 8 giorni abbiamo raggiunto l’obiettivo di raccogliere 10.000 Euro”.
Un grande aiuto.
“Sì, ma non solo in senso economico: è stato ancora più importante capire, sentire che Charlie era evidentemente il cavallo di tutti, che in tanti gli hanno voluto bene ed evidentemente hanno seguito i nostri spettacoli, ricevuto qualcosa di bello e di buono dal nostro lavoro. Altrimenti non ci sarebbe stata una risposta così, che mi ha davvero commosso e aiutato a superare la tristezza”.
Quando si sono incontrati Bartolo Messina e Charlie?
“Lui aveva due anni e mezzo: era sceso da un trasporto dall’Olanda con altri Mini Shetland, venivano tutti da un allevamento di là. Non sapevo ancora che sarebbe stato il più piccolo stallone del mondo, ma quando l’ho visto mi era piaciuto subito: intanto perché i pony riescono sempre a far sentire vivo il bambino che è sempre nascosto in ognuno di noi, che ognuno di noi dovrebbe avere e custodire. Poi perché questo sauretto con un crinierone bellissimo aveva un carattere molto deciso, dominante e s’è visto da subito. In branco lui andava a cercarsi la questione coi cavalli più grandi, si faceva sempre notare”.
Uno che ha regalato sempre grandi emozioni, Charlie.
“Sì, come quando ha vinto alla Show dei Record di Mediaset il titolo di stallone più piccolo del mondo: mi avevano chiamato per chiedermi se avevo un cavallo davvero piccolo, e se potevo portarlo allo show. Me lo fecero visitare da un veterinario ufficiale, mandai solo le misure poi mi dissero vieni a Roma, porta il cavallino ma non promettiamo niente, dobbiamo misurarne altri due. Non mi aspettavo niente, e poi invece è risultato il più piccolo stallone del mondo: all’epoca le linee guida del Guinness erano per il cavallo intero più piccolo al mondo e Charlie era assolutamente perfetto, sano, non affetto da nanismo: semplicemente un Mini Shetland molto piccolo. Adesso ne ho 12 di Mini Shetland che vanno dai 62 ai 68 cm, una figlia di Charlie è 60 cm: tutti sani, senza nanismo. Con Charlie c’è stata anche la paura, quando me lo hanno rapito nel 2013: avrebbe fatto 16 anni tra poco, siamo stati insieme quasi 14 anni e io senza di lui non sarei quello che sono adesso, mi ha insegnato tante cose. Rimarrà sempre con me: e c’è in progetto qualcosa che lo ricorderà a tutti i suoi amici, forse già l’anno prossimo”.
Perché era così speciale Charlie, come è riuscito a entrare nel cuore di tante persone?
“Era assolutamente un attore, un vero cavallo da spettacolo: sapeva entrare in scena, se la prendeva da solo. Sapeva fare il passo spagnolo, tutte le arie alte, camminava in piedi ma non era solo questo: aveva tanta testa, era molto intelligente e comunque rispettoso. Proteggeva il branco, l’ho portato dappertutto: quando l’hanno rubato hanno fatto articoli il New York Post, Le Figaro, la notizia l’ha battuta l’Ansa internazionale e da lì si è diffusa davvero in tutto il mondo: mia madre è nata a New York, una mia zia abita ancora là e mi ha chiamato al telefono per dirmi che c’era il mio cavallo sul giornale. Charlie è stato un uragano di emozioni, ma anche qualcosa che succede una volta nella vita: e pensare che non l’avevo nemmeno cercato tutto quello che è stato capace di darmi. Lui è stato un dono per me, grazie a lui ho iniziato a fare tante cose: con lui sono andato a Parigi insieme a Lorenzo, tutti gli artisti più famosi si facevano la foto con Charlie”.
Come hanno reagito i tuoi due bimbi a quello che gli è successo?
“Lui era uno di famiglia, quindi a casa mia c’è stato un lutto: anche io ci ho messo tempo a metabolizzarlo, ed è mancato a tanti che ci conoscevano anche soltanto per gli spettacoli: il post dove ho annunciato la sua perdita sui social tra i miei è stato quello che ha avuto più visualizzazioni di sempre. Poi era un orgoglio per la gente della mia isola, Ischia. Ai miei bimbi ho sempre voluto dire la verità per educarli alla vita: meglio dire sempre la verità, senza edulcorare troppo. Quello che li ha aiutati di più è stato realizzare che Charlie ha avuto una vita bella, da principe: ricordare questo, sapere che abbiamo fatto tutto il possibile per salvarlo li ha aiutati, anzi ci ha aiutati a ritrovare la serenità”.
Piccolo ma grande Charlie.
“Sì, perché anche nei momenti più tristi sentire tante persone che ci sono state vicine, ci hanno aiutati con una piccola donazione, o anche solo un messaggio di affetto ci ha fatto stare meglio, è stato molto bello. Perché se sei cattivo, se ti comporti male nessuno ti dà niente: fa bene sapere che sei capace di essere vicino al cuore delle persone”.
Grazie ai cavalli, grazie a quel mondo tutto speciale che è lo spettacolo equestre: e grazie a quel meraviglioso, piccolo grande stallone che è stato Charlie.