Viterbo, 6 ottobre 2020 – Succede sempre così, quando lavorano in un rettangolo disegnato dagli staccioni in mezzo a questa terra etrusca.
La polvere nasconde i cavalli e chi li monta, gli zoccoli la alzano al galoppo cadenzato che sanno i cavalli abituati a lavorare con il bestiame.
Cavalli Maremmani questi che ho in mente, che con i loro butteri stanno conducendo una razzetta di puledri.
Un ragazzino porta sottomano la cavalla campanara, gli altri lo seguono come se gli facessero da scorta.
Gli altri sono sorelle, padri, amici di una vita.
Gente che lo ha visto crescere, cavalli che lo hanno portato sulla bardella come se lo tenessero in braccio, fin quando non è stato in gradi di dirgli cosa voleva fare.
Sono tutti lì, nascosti a mezzo dalla polvere: non li distingui, non puoi riconoscerli e intravvedi soltanto a volte le gambe dei cavalli, a volte un cappello.
Senti un richiamo, una voce che si stacca dalle altre, tutto sembra confuso: ma ognuno segue uno schema preciso, ogni cavallo e ogni persona sono al loro posto come in un ballo che conoscono bene.
Portano avanti, perché la amano, la tradizione della monta da lavoro.
Così allungano la vita di storie vecchie come la loro terra, e il ricordo di quelli che sono venuti prima di loro.
Che sono stati con loro.
Perché fino a che i nostri amici, i nostri fratelli, le nostre sorelle, i nostri figli continuano a fare quello che abbiamo amato fare con loro noi siamo lì, in mezzo alla polvere.
Perché chi abbiamo amato non ci somiglia solo per il colore degli occhi, o per il profilo del viso: ci somiglia per quello che amiamo fare, per la storia che abbiamo condiviso e per le cose che ci hanno insegnato.
E finché i cavalli Maremmani alzeranno la polvere con i loro zoccoli lì, vicino al lago di Bolsena, nascosti nella polvere torneranno anche tutti quelli che sono venuti prima, uomini e cavalli.
E principesse: come Michela.
Non la vedremo bene forse, in mezzo a tutta quella polvere: ma lei ci sarà, per sempre.
In memoria di Michela Pesci, 2000-2020