Bologna, mercoledì 23 giugno 2021 – Alla fine del decorso mese di giugno S.E. il Comandante Generale dell’Arma mi diede incarico di studiare se un reparto montato del mio gruppo avrebbe potuto tentare, entro breve volgere di tempo, l’attraversamento del Tevere a nuoto, in pieno assetto di guerra. Mi posi subito all’opera per tradurre in atto l’ordine superiore. Potevo contare su ufficiali, sottufficiali e carabinieri di sicura capacità, arditi e pieni di entusiasmo e di fede, e su ottimi quadrupedi; soprattutto potevo contare sul prezioso appoggio di tutti gli organi gerarchici.
Il primo rapido esame della situazione si chiuse in passivo. Fui turbato:
- – dal testo del Regolamento “Istruzione a cavallo e addestramento ippico per l’Arma di Cavalleria” che nelle pagine dedicate al nuoto non si esprime in modo incoraggiante;
- – dalla natura stessa del fiume Tevere, rapido, torbido, austero, talora vorticoso, spesso infido. Quante mai non sono state le sue vittime?
- – dalla diffidenza palese o malcelata di quanti cosiddetti competenti vennero a conoscenza del progetto;
- – dalla brevità del tempo messo a mia disposizione;
- – dal poco o nessun addestramento dei quadrupedi all’acqua…
Mi sarebbe stato facile declinare l’incarico, adducendo l’impossibilità o l’inopportunità dell’esecuzione a causa appunto delle difficoltà e dei pericoli che indubbiamente vi erano – e vi sono stati – connessi… Ma bisognava tentare, e se pure il tentativo non fosse riuscito, non sarebbe stato vano per gli utili insegnamenti che ne sarebbero scaturiti.
Su tre cose dovevo portare il mio particolare esame, costituendo esse i fattori positivi o negativi del successo: la scelta della zona d’attraversamento, la scelta e la messa a punto degli uomini, la scelta e preparazione dei cavalli (e quindi: modalità, mezzi, località più adatti per svolgere gradualmente il lavoro addestrativo).
SCELTA DELLA ZONA D’ATTRAVERSAMENTO
Scartata per ovvie ragioni l’ipotesi di attraversare il fiume entro l’abitato della Capitale, bisognava fare una minuziosa ricognizione a monte dell’Acqua Acetosa. La ricognizione effettuata in motoscafo in compagnia del collega Cremonesi, dei capitani Giorgi e Di Piazza fu lunga e laboriosa. Tutti fummo d’accordo nel prescegliere un punto all’altezza di Grotta Rossa: il fiume lì si presenta con il letto ampio e con le rive apparentemente adatte allo scopo.
E’ caratteristica del Tevere avere un corso non rettilineo ma ad ampie volute, e perciò per l’azione corrosiva della forte corrente la riva da un lato mal si adatta all’immersione, che deve essere graduale e non repentina, mentre dal lato opposto il deposito della sabbia determina un arenile che consente con sufficiente facilità l’approdo dei quadrupedi. Però la riva al punto di partenza e il primo tratto del fiume per alcuni metri, allo scandaglio eseguito, si presentavano talmente fangosi da rendere impossibile ogni tentativo.
Nella mia relazione rappresentai ai superiori che sarebbe stato possibile il tentativo sol se si facesse un consolidamento artificiale, e pertanto proposi un sopralluogo di tecnici civili e militari. L’ufficio Tevere del Genio Civile in seguito a tale sopralluogo ha concluso la possibilità tecnica dei lavori da me richiesti e si è dimostrato propenso a eseguirli con mezzi propri se il Ministero LL.PP. ne avesse dato l’autorizzazione. L’autorizzazione venne pronta e completa.
L’8° Genio Pontieri per suo conto, dopo minuziose e ripetute ricognizioni, ha confermato la scelta fatta come la più adatta, e ha fornito a mezzo dei suoi organi informazioni risultate utilissime. Ad esso si deve lo studio particolareggiato della natura del letto del fiume e della velocità della corrente, che servì a dirimere molte difficoltà e soprattutto alla scelta metro per metro dell’itinerario di sicurezza da seguire.
DESCRIZIONE DELLA ZONA D’ATTRAVERSAMENTO
Natura delle sponde – La sponda sinistra (…) è sopraelevata sul pelo dell’acqua di circa 4 metri, degrada verso il pelo dell’acqua mediante un mollente, vale a dire con un banco di deposito di natura sabbiosa e ciottoli di fiume, la cui larghezza è di circa 60 metri. Nel tratto opposto, sulla sponda destra, una botta avente una forte inclinazione di circa 60 gradi si sopraeleva dal pelo dell’acqua di circa 5 metri. Detto declino è protetto dall’erosione dell’acqua da boschina fluviale
Larghezza del fiume – Nel tratto succitato il fiume presenta una larghezza media di 120 metri a monte del mollente: la sezione si restringe immediatamente a valle di una draga ivi esistente e del mollente.
Andamento del fiume – Data la sinuosità del corso del fiume, che nel tratto Grotta Rossa Vecchia-Grotta Rossa Nuova presenta tre risvolti accentuati di circa 90 gradi, l’andamento del filone non è parallelo alle sponde. L’acqua uscendo dal punto A batte nel punto B e viene deviata al punto C (si allega planimetria, fig. 1).
Velocità della corrente – Misurata sulla base di m. 20 in due tratti successivi ha dato una media di circa un metro e cinquanta al secondo (…)
Natura del fondo – A partire dalla riva destra e seguendo l’asse: per 10-15 metri fangoso, e per il rimanente tratto sino all’arrivo ghiaioso e ciottoloso. Profondità: il primo terzo media m. 1.20, mediano m. 3 circa, ultimo m. 1.30.
Lavori indispensabili – Disboscamento della sponda destra; scavo di rampa avente almeno un’inclinazione di uno su uno e che si protenda sul letto del fiume per circa 10 metri; suo consolidamento (…).
SCELTA E MESSA A PUNTO DEGLI UOMINI
Prima di ricorrere ad altri reparti in sede e fuori sede, il che sembrava non consigliabile anche per la brevità del tempo, feci interpellare i militari degli squadroni dipendenti per stabilire quanti fra essi, abili nuotatori, si sentissero di affrontare l’alea della prova. L’esito fu quasi plebiscitario. Uomini pieni di entusiasmo, sprezzanti del pericolo: vi fu gara per essere prescelti. Ma non si poteva accettare alla leggera il desiderio sia pure encomiabile così calorosamente dimostrato e, pertanto, feci sottoporre a severo vaglio i nuotatori da persona competente, il fiumarolo Benedetti Rodolfo, prodigo nella sua opera, instancabile, pieno di entusiasmo anch’egli. Fra 100 esperimentati, solo 25 potevano dare buona garanzia. E di qui la necessità di integrare il numero con altri 10 nuotatori dell’Arma a cavallo, che furono fatti venire con fulminea prontezza da altre Legioni (…).
Costituito così un nucleo di 35 ottimi elementi ne fu affidata la preparazione e l’allenamento al predetto fiumarolo Benedetti sotto il controllo del Cap. Di Piazza (…). Costituito il reparto nuotatori, la sua attività ebbe inizio ai primissimi del mese di luglio: fu palestra dei giornalieri esercizi il Tevere dinanzi alla Mole Adriana. Ben presto tutti raggiunsero un grado lusinghiero di forma, elemento di fiducia per il successo (…).
SCELTA E PREPARAZIONE DEI QUADRUPEDI
Questo nel mio pensiero era, e in realtà fu, il settore più delicato e più difficile a cui dovevo rivolgere particolare attenzione. Il Tevere e l’Aniene, per le ragioni accennate, sono corsi d’acqua che non si prestano per la metodica preparazione al nuoto dei quadrupedi. Mancano del tutto, almeno nelle vicinanze della Capitale, punti di guado. E così difficile si presentava la necessaria selezione. Proposi allora e ottenni dai comandi superiori (…) che un reparto di formazione del mio gruppo si trasferisse in spiaggia marina per una ventina di giorni. Vivendo ogni istante a contatto con l’acqua, i cavalli avrebbero preso dimestichezza con essa, avrebbero acquisito quella specializzazione che è fattore importante di ogni successo e, in conseguenza, agevole sarebbe stata la selezione degli elementi più idonei, a cui dedicare le nostre più diligenti cure.
Fu prescelta la spiaggia di Fregene. S.E. il Governatore della Banca d’Italia, proprietaria del comprensorio, ci mise graziosamente a disposizione accantonamenti e la sua efficiente attrezzatura perché più agevole riuscisse il nostro compito. E così, superata ogni difficoltà, 80 cavalli con altrettanti uomini e con la scorta di idonei mezzi di assistenza si trasferirono il 5 luglio a Fregene in una sola tappa notturna (…).
Quasi tutti i quadrupedi, dopo le prime previste riluttanze, dimostrarono soddisfacente attitudine al nuoto e buona efficienza fisica. Sulla scorta delle osservazioni fatte entro i primi cinque giorni di immersione e di prove, prescelsi 40 soggetti di giusta nevrilità, di media taglia, di particolare robustezza e di sicura efficienza negli organi polmonari e circolatori. (…) Diedi il comando di questo reparto al Ten. Cansella, ardito e sicuro nuotatore, che seppe tradurre intelligentemente in atto le mie direttive.
I soggetti selezionati furono senz’altro sottoposti ad allenamento, che è consistito: sosta alla spiaggia dalle ore 8 alle ore 11… Durante questa sosta immersione di circa 30 minuti, alternati da due, talora tre intervalli, nei quali i cavalli impararono a razzolare nella sabbia. Nella immersione i cavalli si avanzavano gradualmente nell’acqua sino a nuotare. Il nuoto variò da pochi metri nei primi giorni sino a raggiungere nell’ultima fase 40-50 metri. In un primo tempo il Ten. Cansella abituò gli uomini a sfilarsi dal dorso del cavallo, sempre scosso, e nuotare al suo fianco tenendosi con una mano allo staffile avvolto al collo. Poiché però ebbi a osservare che gli uomini essendo poco abili nel nuoto (…) si tenevano con rigidità e con forza al collare impedendo così il libero movimento dei quadrupedi, disposi che rimanessero a cavallo anche durante il nuoto lasciando assoluta libertà d’incollatura e di movimento, mantenendo l’assetto normale, un po’ più inclinati in avanti, ed evitando ogni rigidità. I quadrupedi man mano si abituarono al peso, sino ad acquistare assoluta disinvoltura Mi nacque, perciò, l’idea di effettuare l’attraversamento del Tevere con i militari in sella nonostante il nuoto nel fiume si appalesasse a priori maggiormente difficoltoso sia per il minore peso specifico dell’acqua dolce rispetto a quella del mare, sia per la corrente. (…)
I cavalli giornalmente furono sottoposti a osservazioni termometriche e degli organi polmonari. Speciale cura fu rivolta alla conservazione dei piedi e alla prevenzione delle ragadi. Fu fatto larghissimo uso di catrame vegetale, di pomata all’ossido di zinco e di lanolina.
L’IMPRESA
Dopo 20 giorni di permanenza, constatata la forma brillante acquisita da tutti i quadrupedi, disposi il rientro in sede per procedere in loco all’allenamento abbinato con i militari nuotatori. Il mattino del 5 agosto, ultimati i lavori di sistemazione della sponda destra del fiume, si procedette al primo tentativo di attraversamento del Tevere. Assistiti da barconi e barche leggere dell’8° Genio (…), fu fatto passare il primo cavallo a rimorchio: subito dopo furono fatti passare a gruppi i rimanenti quadrupedi con gli uomini montati a pelo. Il Tevere era vinto. Tutti i calcoli fatti risultarono giusti: la deriva portò l’approdo al punto stabilito. I quadrupedi entrarono in acqua calmi e sicuri.
Bastarono cinque giorni per completare la preparazione e il mattino del 12 agosto ebbe luogo la prova ufficiale. Quadrupedi completamente bardati ed equipaggiati, uomini in pieno assetto di guerra. I cavalli attraversarono il fiume parte a guado, parte a nuoto con i loro cavalieri tutti in sella, decisi, disinvolti, sicuri, tanto da dare l’impressione che la prova superata fosse una normale esercitazione.
Lo studio del bilancio conclusivo si presta a considerazioni di vasta portata tecnica e militare, le quali mal si adatterebbero a questa che vuol essere soltanto una circostanziata cronaca del fatto.
Su due punti, però, mi sia lecito richiamare l’attenzione di chi voglia occuparsi della cosa:
1°) poiché è stato ancora una volta comprovato che i cavalli possono, se ben istruiti e guidati, trasportare a nuoto notevole peso, il Regolamento al riguardo dovrebbe essere ritoccato in tal senso;
2°) ogni cimento, per quanto arduo possa sembrare, è sempre superabile se affrontato dopo razionale preparazione e se nei comandanti e gregari siano sempre vivi la fede e l’entusiasmo della vittoria.
E la fede e l’entusiasmo non hanno mai fatto difetto in quanti sono stati artefici diretti o indiretti di questa prova che mette ancora in luce le molte possibilità della cavalleria. (…)
Ten. Col. Dott. Ettore Chirico
(Il racconto qui pubblicato a firma del colonnello Chirico è apparso sulle pagine della rivista della Fise “Il Cavallo Italiano” nell’anno 1939… )