Mantova, 5 settembre 2022 – Se è scorretto attribuire agli animali pensieri e sentimenti umani (visto che, ne siamo certi, ne possiedono sicuramente di più sinceri e puliti) è ancora meno giusto attribuire loro parole che effettivamente non possono pronunciare: di questo ne siamo consapevoli.
Ma se esistono gli interpreti delle lingue più esotiche, se ci sono persone che imparano a comunicare attraverso segni e simboli allora perché non pensare che qualche umano sia in grado di capire cosa pensa vorrebbe dire un cavallo?
Così ci è stata presentata questa lettera, e così la condividiamo con voi.
“Salve, ho sentito che parlavate di benessere animale: vi interessa sapere che cosa ne penso?
Vi racconto un po’ la mia storia.
Mi chiamo Jumping Star, vengo dalla Germania dove sono nata tanti anni fa ma non chiedetemi quanti: una signora non dichiara mai l’età. Dopo qualche primavera di spensieratezza al prato ho iniziato ad allenarmi con diversi cavalieri per formarmi, e grazie a loro ho cominciato a viaggiare per diverse città europee. Viaggiavo su un grande camion e dal mio piccolo finestrino ho potuto vedere moltissime città nelle quali ho conosciuto diverse persone. Le trasferte erano anche molto lunghe ed impegnative e in campo gara il cavaliere mi trasmetteva tutta la tensione della competizione con gli altri cavalli. La mia carriera dal 2012 è continuata in Italia, e ho avuto la fortuna di lavorare sotto la sella di un grande cavaliere; con lui abbiamo fatto qualche bel percorso e vinto diverse categorie anche importanti. Finita la carriera agonistica mi hanno spostata in un altro maneggio: quella volta il camioncino era molto più piccolo rispetto a quelli cui ero abituata a viaggiare. Ma è lì in quel maneggio dove sono anche ora che posso insegnare ai giovani atleti quello che ho imparato nella mia lunga esperienza sui campi di gara, sia all’estero che in Italia.
Ho fatto molta fatica ad abituarmi perché la mole di lavoro era diversa da quella a cui ero abituata.
I cavalieri inesperti mi davano sensazioni strane, ma con il tempo ho capito che dovevo insegnare io a loro.
Alcuni, neanche tanto giovani e leggeri, mi chiamavano ‘Bambolina’: ma come, Bambolina a me, che ho partecipato a dei Gran Premi?!?…
Altri ancora non riuscivano ad andare oltre l’ostacolo insieme a me, ma scendevano dal salto senza dirmi niente.
Li ritrovavo seduti per terra e non capivo.
Poi a un certo punto mi sono imbattuta in ragazzi molto più sensibili e speciali.
Sentivo parlare di Centri Socio educativi e Disabilità, non capivo bene. Non comprendevo neanche le differenze in realtà, perché con loro mi sentivo molto più in sintonia rispetto agli altri.
La cosa che mi piaceva di questa attività, nonostante il lavoro fosse molto lungo, è che dedicavano tanto tempo a coccolarmi e a darmi tante cose da mangiare come carote e mele, mi portavano a passeggio e quindi non mi pesava più di tanto.
L’attività agonistica non mi manca: faccio ancora dei concorsini con i principianti e mi diverto comunque.
Ogni tanto guardo i miei vicini di box che lavorano per i concorsi e sarei tentata di tornare a fare qualcosa di più impegnativo, perché potrei ancora trasmettere tanti insegnamenti a questi cavalli giovincelli e magari batterli in categorie non eccessivamente impegnative.
Alcuni di questi miei colleghi sono come ero io, altri invece sono molto diversi.
Sento dire che arrivano da posti che si chiamano ippodromi e corrono, corrono, corrono: ma dove devono andare poi?
Uno di loro mi ha raccontato che lì mangiava avena fino a scoppiare perché doveva andare, sempre andare e continuava a chiedermi quando gli davano l’avena qui, perché poi doveva galoppare.
Per essere ancora praticamente dei puledroni sono molto svegli e capiscono in fretta, ma sono anche testoni.
Io provo a spiegarglielo, ma ci metto sempre un po’ a convincerli che fieno e mangime sono più sufficienti per l’ottima alimentazione di un cavallo che fa il nostro lavoro: ma che ci volete fare, sono ragazzi.
Con i miei 25 anni mi sento un po’ come una mamma chioccia per loro, tant’è che contano su di me per insegnargli a essere più pazienti ed educati; ma soprattutto ad abituarsi a questa nuova vita molto più tranquilla e decisamente meno stressante.
Qui tutte le mattine quando mi sveglio mi portano al paddock dove mangio tanta erbetta e fieno in compagnia di qualche altro cavallo semi-pensionato.
Cantieri stradali da dirigere qua non ce ne sono, ma facciamo comunque tante corse e chiacchiere: qualcuno dei miei amici sa anche ragliare.
Più tardi nel pomeriggio qualche giovane signora malamente intenzionata a farmi lavorare mi deve inseguire nel paddock per prendermi.
Mi diverte molto questa cosa: aspetto che si avvicini e mi sposto, di poco però.
Poi mi sposto ancora e così via.
Alla fine mi faccio prendere, perché un po’ di attività fisica alla mia età sento che mi fa molto bene e mi mantiene giovane.
Così faccio un po’ di riscaldamento: passo, trotto, galoppo, volte e circoli.
Poi trotterello tranquilla per il campo con la mia signora (convintissima di farmi già lavorare) finché non arriva un cerbero con Toscanello e barbetta che inizia ad incitarla sul da farsi: e la cosa incredibile è che poi lei LO FA!
Il tizio col Toscanello deve essere una persona veramente convincente.
Finita tutta questa attività c’è una passeggiata rilassante, un bel bagnetto e poi di nuovo tante mele e carote.
A volte poi mi portano a fare delle passeggiate più lunghe con tanti altri cavalli e tutti insieme e ci divertiamo a galoppare: le chiamano Cacce alla Volpe, ma questa volpe chi l’ha mai vista?
I cani corrono, corrono. Che sia finta? Credo di si: ma io mi diverto comunque.
Ecco, io per una decina d’anni vorrei continuare a vivere così: ho saputo che qui dove sono adesso ci sono riusciti in tanti, ce la farò anche io.
Non è male, sapete?
Saluti molto affettuosi, sempre vostra
Jumping Star
P.s. La busta della lettera di Jumping portava il timbro dell’ufficio postale di Moglia, in provincia di Mantova: di più su di lei non sappiamo!