Offenburg, 29 agosto 2022 – Sono tutti sulla strada del ritorno gli ospiti d’onore di Eurocheval – Europamesse des Pferdes, cavalli e cavalieri e allevatori delle nostre razze equine di Libro Genealogico.
Tutti o quasi, a dire la verità: perché diversi soggetti provenienti dall’Italia sono passati di mano proprio là, in Germania, tra una dimostrazione e uno spettacolo.
E non c’è complimento più bello, per un allevatore, di sentirsi richiedere i propri prodotti in un paese che sulla capacità di allevare grandi cavalli ha costruito un presente di successo in tutte le discipline equestri.
A fiera conclusa chiediamo a Matteo Vasini, direttore di Anareai, come è andata questa avventura tedesca.
“Molto bene, le associazioni erano 4 per otto razze: Anacaitpr, Anam, Anacrhai che si è appoggiata alla Federazione Allevatori Haflinger dell’Alto Adige, la Südtiroler Haflinger Pferdezuchtverband, per la sua presentazione. Poi c’eravamo noi di Anareai con altre 4 razze: Bardigiano, Tolfetano, Lipizzano, Catria e una rappresentanza del cavallo Murgese in aggiunta a quella di Anamf. Questo perché la partecipazione di Anareai a Eurocheval è coperta dal Piano di Sviluppo Rurale Nazionale di cui fa parte, per l’appunto, anche la razza cavallina delle Murge”.
Come vi aspettavate che fosse questa manifestazione e come l’avete trovata nella realtà?
“Non ci aspettavamo un pubblico così specializzato: certo, sapevamo che i tedeschi hanno una grande cultura equestre ma non pensavamo fosse così capillarmente diffusa. Abbiamo trovato gente di cavalli di tutte le età, e ne abbiamo trovata tanta. Da noi in Italia c’è il 5% del pubblico che è professionalmente competente: in Germania su cento persone ne trovi almeno 30. Gente con pochi fronzoli, per niente appariscente, semplice e diretta: ma profondamente competente, che si è interessata e ci ha chiesto tantissime informazioni particolareggiate e ha voluto conoscere i più minuti dettagli tecnici. Dai bambini che venivano ad accarezzare i pony e sapevano già avvicinarli correttamente ai 70enni che ci chiedevano tutto dei cavalli, dei finimenti, dei legni, ed era evidente che sapevano quello di cui stavano parlando. In un numero che ci ha stupito, era un continuo presentarsi di persone che volevano conoscere meglio i nostri cavalli”.
Quale è stata la sensazione che avete avuto dell’impatto dei nostri magnifici 8 sul pubblico tedesco?
“A mio parere un grande successo: quando finivamo le nostre presentazioni il pubblico uscendo dalle tribune si riversava nel padiglione a vedere i cavalli, a chiedere informazioni, a leggere le schede che avevamo preparato e fissato sulle porte dei box. Era interessata al tipo di lavoro che facevamo con i cavalli durante l’anno e non solo in occasione delle fiere: un interesse davvero profondo, tant’è che abbiamo venduto praticamente tutti i soggetti che avevamo portato ed erano disponibili”.
Ma quale é stata secondo voi la chiave di questo interesse?
“Secondo me il fatto che la maggior parte delle razze siano state presentate con bardature e monta tradizionali per la loro razza. Ad esempio i Tolfetani: erano tutti con la classica bardatura maremmana, quindi identificabili con il lavoro dei butteri. Anche Filippo Nassi che ha lavorato con 4 cavalli Maremmani eseguiva tra gli altri un numero con due cavalli in libertà e due montati con la scafarda. Poi gli scatenatissimi Haflinger della cavalcata di Oswald von Wolkenstein, con abiti e finimenti tipici. E’ il legame che abbiamo evidenziato tra ogni razza e le tradizioni del territorio dove vive e nasce ad aver affascinato. Questo ha destato veramente molto interesse e fatto la differenza, dando un valore aggiunto. Perché così capisci benissimo, in modo immediato, da dove vengono quei cavalli e per cosa sono stati selezionati”.
Anche i Bardigiani avevano bardelletta, grillera o bronzinera?
“Sì, Dominique Antonioni che ha montato Gaia ne aveva una. Tra l’altro la cavalcata di Oswald van Wolkenstein, il carosello a quattro dei Bardigiani e la loro posta ungherese sono stati invitati dagli organizzatori a partecipare al galà serale. Quello a cui il pubblico aveva accesso a pagamento e dove la stella era una artista del calibro di Alizee Froment”.
Il ricordo più bello di questa esperienza?
“Che siamo un gruppo molto bello, molto coeso. Tutte le sere una cinquantina di persone a tavola, tutti insieme: esperienze così fanno crescere tantissimo”.
Un desiderio per la prossima edizione di Eurocheval?
“Vorrei avere la possibilità di portare ancora più razze. Noi in Italia ne abbiamo più di 30: l’anno prossimo ci proveremo, porteremo più cavalli italiani. E non solo: in Germania hanno pochissimi asini, li stupiremo con i nostri”.