Porto Mantovano, 23 febbraio 2020 – Capita di sfogliare vecchi album di fotografie e rovistare in scatole piene di scatti sciolti, per mille mila motivi: l’altro giorno io l’ho fatto per cercare una foto di mio figlio, era il suo 25° compleanno e volevo fargli gli auguri ricordandogli qualche momento passato insieme quando era più piccolo.
Ho scelto una foto di una bella giornata d’estate, dove lui (mio figlio) aveva sugli 8/9 anni e montava (in calzoncini corti e senza cap, mannaggia a sua madre…) un fantastico Anglo-Arabo Sardo, Argo de Villanova.
Intendiamoci, il mio figliolo aveva qualche lezioni al pony club all’attivo, quindi più che montarlo ci era accomodato sopra: e poteva permettersi di farlo con quel cavallo, che aveva una ottima carriera agonistica alle spalle e un titolo italiano nel palmarés oltre ad un gran sangue, perché Argo era uno dei cavalli di Luigi Masotto.
Quindi, tranquillo, educato e affidabile: e ancora ho ben scritta nella memoria la sensazione di pace e serenità di quella giornata, passata con Luigi, sua moglie e sua figlia Piera a chiacchierare e ridere di niente in campagna, mentre Luigi montava i suoi cavalli e po facevamo una passeggiatina in sella insieme, per starcene in compagnia.
Perché a Gigi piacevano i cavalli, piacevano le persone che amavano i cavalli e amava fare quello che poteva per trasmettere qualcosa di utile.
Luigi Masotto era diventato con gli anni, tra le altre cose, presidente del Gruppo Italiano Dressage oltre che istruttore e giudice: ma è stato, sopra ogni cosa, un amico generoso per tante persone.
Era uno di quei mantovani che se le cose le trovano pronte bene, sennò le fanno da soli che sono capaci di fare tutto.
E lui era davvero capace: di avere una famiglia di quelle solide come una volta, di costruirsi una casa per tenerci dentro questa famiglia e farla felice, di imparare a montare a cavallo già adulto e fare in pochi anni quello che ad altri non riesce in una mezza vita, di migliorarsi e di crescere, di imparare cose nuove e trasmetterle agli altri.
Perché uno dei talenti più belli di Luigi era quello di riuscire a migliorare gli altri senza quasi che se ne accorgessero, come se capitasse per caso.
I suoi consigli non li faceva mai arrivare dall’alto, era sempre come se ti passasse qualcosa che aveva lì per caso senza dargli troppo peso, come se non ne avessi davvero bisogno.
Era una bella persona Gigi ed è andato via troppo, troppo presto, in una giornata d’estate di undici anni fa: un incidente banale, una caduta dal camion della sua azienda mentre scaricava delle cose.
Vogliamo fare finta, per un momento, che sia ancora da qualche parte a montare un cavallo: e riprendiamo una vecchia intervista del 2004 dove Gigi raccontava di sé e della sua passione e la lasciamo al presente, perché certe cose rimangono sempre vive.
Ci sono vari modi per diventare cavalieri: si può nascere in una famiglia dove l’equitazione è di casa e senza accorgersene respirare – assieme alla polvere del maneggio – anche il buon senso equestre. Oppure si comincia ad inseguire una passione personale e si percorrono tutti gradini dell’educazione di un cavaliere spinti dalla propria volontà a superare ostacoli spesso ben più ostici di oxer o doppie gabbie. Ma capita anche che i cavalli entrino per caso nella vita di qualcuno, e non ne escano più: come è successo a Luigi Masotto, campione italiano di cross country nel 2003.
Quando e come ha scoperto i cavalli?
Nel 1988, assolutamente per caso: io e mia moglie volevamo una sella per arredare un angolo del salotto, e non trovandola nei negozi di antiquariato ci siamo rivolti ad un commerciante di cavalli. Un ottimo commerciante, tanto che oltre alla sella ci ha venduto anche il cavallo: formula tutto compreso, con tanto di garanzia “soddisfatti o rimborsati”. Lo stesso giorno feci la mia prima uscita in campagna con tanto di galoppo, e il successivo andai da solo lungo lo stesso percorso: ero assolutamente ignaro di tutto, ma avevo una fiducia letteralmente cieca nel cavallo. Dopo tre settimane, assieme alle “istruzioni per l’uso”, ho portato il cavallo a casa: senza van o trailer, ma con una passeggiata di 40 km. per stradine di campagna. Evidentemente sono stato molto fortunato nella mia beata incoscienza, ma mi sono poi subito reso conto che avevo bisogno di imparare a conoscere veramente quello che avrei voluto fare.
Quali sono stati i suoi istruttori, dove ha trovato gli stimoli per crescere?
Il primo aiuto è stato un libro: un vecchio manuale del Volpini trovato nella biblioteca di casa. Poi ne ho cercati altri (Paalman è il mio preferito) e integravo queste scorpacciate di libri con quello che riuscivo a rubare con gli occhi osservando gli altri montare. Da autodidatta sono arrivato sino al 1° grado. Ma avevo difficoltà di orientamento, vedevo disattese nella pratica dalla maggior parte dei cavalieri tutti i teorici criteri della buona equitazione, e non trovavo nessuno che sapesse veramente dare risposte alle mie domande. Poi nel 1997 ho fatto uno stage con Mike Todd, e finalmente lui mi ha fatto capire quello che, fino ad allora, avevo soltanto vagamente “sentito”.
Dai cross ai rettangoli del dressage: spesso la troviamo lì, sia nelle vesti di giudice che di concorrente.
Ho fatto il corso per diventare giudice di dressage e completo per cultura personale, per scuola. Il lavoro in piano ha un’importanza enorme: affina la preparazione e l’affiatamento del binomio, ed è indispensabile sui salti, anche in campagna per affrontare quelli più difficili e selettivi in sicurezza. Certe difficoltà non possono essere affrontate se non si ha un cavallo perfettamente rispondente agli aiuti: e questo si può ottenere solamente lavorando bene in piano.
Cosa ama in particolare dell’equitazione?
La possibilità di stare all’aria aperta, dentro la natura. Poi trovo stimolante cercare la collaborazione di ogni cavallo che è mio compagno: dei miei inizi ho mantenuto la fiducia totale in lui, sento che sa bene come muoversi se io gli lascio ritrovare il suo equilibrio.
E mi piace ridare una vita ai cavalli traumatizzati o sfiduciati e dati per persi dai loro precedenti cavalieri: la solita cura fatta di prato, relax e tanto tempo a disposizione per dimenticare le sofferenze e poi finalmente riscrivere nella loro mente con un buon lavoro sereno e corretto, fatto di fiducia e sicurezza. Così ho recuperato tanti cavalli e questa per me è la più grande soddisfazione: e di queste la più brillante è stato sicuramente Argo de Villanova. Era un cavallo distrutto fisicamente e moralmente quando è arrivato da noi, 3 anni fa. Adesso è sereno, affidabile, volenteroso, ti fa sentire la sua voglia di andare. Ha un sesto senso, una sicurezza che ti fanno osare perché senti che sui salti ragiona. E nello stesso tempo rimane equilibrato, anche dopo il galoppo più sfrenato è sempre agli ordini e lo potrebbe montare un bambino.
Il sogno per domani?
Vedere mia figlia e uno dei nostri cavalli arrivare insieme ad un risultato importante. Piera è un’ottima young rider, la nostra Skinny Filly sta crescendo bene e la voglia di lavorare non ci manca.
Torniamo ad oggi: ancora un abbraccio a Piera e alla sua mamma, con tanto affetto.