Pisa, 25 aprile 2019 – Un comunicato Ihp sui dati relativi alle macellazione dei cavalli in Italia: numeri discordanti, normative aggirate, casi di cronaca che presi da soli potrebbero sembrare per l’appunto causali e invece si ripetono in modo preoccupante, tanto da dare a chi li osserva con attenzione un quadro di sistemicità molto preoccupante per la salute dei consumatori.
Ma lasciamo la parola a Ihp:
“Come per gli anni precedenti, anche nel 2018 si conferma la dicotomia tra i dati Istat e quelli del Ministero della Salute sul numero di cavalli e altri equidi macellati in Italia.
Per l’Istat (che, ricordiamo, procede secondo la metodologia di raccolta dati a campione) gli equidi macellati sono stati 20.466 (in calo del 27,4% rispetto al 2017). Per il Ministero della Salute (che invece raccoglie mensilmente i dati dalle Regioni) nel 2018 sono stati macellati 41.056 equidi (in calo del 10,9% rispetto al 2017).
Persino dalla stessa fonte (il Ministero) possono provenire risultati discordanti: se guardiamo i dati complessivi forniti dall’Anagrafe Nazionale Zootecnica (gestita dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo) il numero è appunto 41.056. Ma, se sommiamo i dati Regione per Regione, il numero che viene fuori è 36.814, con uno scarto di oltre 4.000 capi macellati. Sembra, quindi, che gli stessi uffici incaricati dal Ministero siano in disaccordo tra di loro.
Scandagliando i dati per Regione saltano fuori altre perplessità, soprattutto se confrontiamo i dati con quelli dell’anno precedente: la Puglia, cioè la Regione che macella più cavalli in assoluto, avrebbe avuto un clamoroso calo di quasi il 40%. Campania, Basilicata e Sardegna (che rispetto alla Puglia hanno numeri molto più bassi) avrebbero avuto un crollo di oltre il 50%. Per non parlare di Liguria e Calabria, che avrebbero quasi azzerato le macellazioni rispetto al 2017. Sarebbero delle notizie sensazionali. E infatti usiamo il condizionale perché il forte timore, invece, è che questi dati siano in qualche modo falsati da comunicazioni tardive e a volte parziali.
Dubbio legittimo conoscendo le criticità del sistema, con un’anagrafe equina frastagliata e poco trasparente dove è difficile seguire le movimentazioni dei cavalli e con una tracciabilità delle carni inesistente (leggi il nostro articolo dello scorso anno). Un sistema che ha poco a che vedere con la tradizione di mangiare le carni di animali che ormai tutti considerano d’affezione e che in realtà è invece perfettamente funzionale a un’industria – quella dell’ippica e degli sport equestri – che ogni anno ha l’esigenza di scaricare gli animali non più performanti e di fatto inutili. Ne è conferma la sistematica presenza, nelle carni, di patogeni, parassiti e metalli pesanti quali Salmonella, Yersinia enterocolitica, Listeria monocytogenes, Trichinella, Cadmio, per non parlare del vietatissimo Fenilbutazone, un potente antinfiammatorio usato per il trattamento di alcune affezioni articolari.
Del resto, la cronaca ci dà purtroppo un racconto dei tanti sistemi per aggirare la normativa e per far finire al mattatoio cavalli di qualsiasi provenienza: è di questi giorni la notizia di numerosi arresti disposti dalla Procura di Ferrara per una serie di truffe operate da una banda, finalizzate a farsi cedere cavalli da allevatori e proprietari con la promessa di farli vivere in verdi pascoli, per farli invece finire al mattatoio o a fare corse clandestine.
Un modus operandi già svelato da IHP anni fa, grazie a investigazioni condotte insieme a LE IENE e a SKYTG24: