A volte è difficile uscire dalle etichette che ci appiccicano addosso gli altri, eppure è così importante non farsi condizionare da quei giudizi frettolosi, dati con fretta e basandosi sulle apparenze.
Noi conosciamo qualcuno che è davvero capace di farlo, come Maria Laura Farris: che dà spazio nella sua vita a quello che sente nella testa e nel cuore.
E che con il marito Fabrizio Zaccheddu abita a Quartu Sant’Elena, in provincia di Cagliari dove gestiscono un circolo ippico.
Maria Laura lì dà sfogo a tutte le sue passioni. Per i cavalli, per l’equitazione, per gli animali tutti che diventano spesso i protagonisti dei suoi disegni che hanno illustrato negli anni libri, favole, racconti per bambini e adesso anche le pagine di Cavallo Magazine.
Da dove si comincia a parlare di una persona con tante cose dentro?
Ma dall’inizio, ovviamente.
«Sono nata a Cagliari nel 1977, ho sempre vissuto qui e da sempre ho un amore smisurato per gli animali. Credo sia la cosa che più mi contraddistingue, insieme a quello per il disegno».
Ricorda il primo disegno per cui le hanno detto ‘come sei brava Maria Laura’?
«Certo, erano cavalli: che non frequentavo, non conoscevo, non so neanche come li ho disegnati perché potevo avere 4 anni e disegnavo cavalli che saltavano, o dentro una piccola bellissima casetta illuminata con la lampadina. Ma gli animali li disegnavo già veramente tutti – lumache, uccelli e così via».
E i cavalli veri quando li ha avvicinati la prima volta?
«Ne ho visto uno forse a otto anni, nove anni. Ricordo la prima volta che ho dato uno zuccherino a un cavallo: era al Campo Rossi di Cagliari, proprio dove siamo stati anche l’altro giorno in concorso. Ricordo che mi era venuta la pelle d’oca, c’era un’emozione gigante: poi li ho ritrovati che avevo 25 anni».

Come?
«Casualmente, abitavo in una zona dove c’erano alcuni cavalli: un amico mi ha presentato il proprietario e da lì ho iniziato a montare. Prima credevo che avrei fatto solo una passeggiata, poi invece è diventata una malattia. Non saprei definire meglio questa cosa, questa passione che ho radicata dentro di me. I cavalli hanno questa magia: penso che ci siano persone che hanno passione per loro e altre che invece hanno proprio la malattia. Come per me, che il cavallo è oltre la vita sportiva: è proprio la vita. Senza cavalli morirei credo, e secondo me è quello che fa la differenza.
La passione molto spesso è legata a un fine, magari anche a un fine sportivo nobilissimo. La malattia è quella che ti fa percorrere strade che non immaginavi nemmeno, superare paure giganti e che non ti fa mai fermare, qualunque sia la difficoltà».
Cos’è che le ha fatto amare ancora di più i cavalli quando ha cominciato a conoscerli davvero?
«Che sono misteriosi, estremamente misteriosi e che quando ti danno un un pezzettino del loro cuore lo fanno con parsimonia secondo me. Come quando c’è quel fidanzato che ti ama ma un po’ si fa prezioso, e quando c’è quell’attimo in cui si dedicano a te con attenzione è magia pura. Poi passa una bustina di plastica, si spaventano ed è già finita la magia. O magari passi con la carriola del mangime e allora altro che romanticismo. Però quell’attimo è preziosissimo perché sono parchi nel dispensarlo. Ci sono tantissimi cavalli super-affettuosi, ovviamente: ma mediamente sono abbastanza riservati».
I cavalli insegnano?
«Tanto: io prima di conoscere i cavalli ero una persona completamente diversa. Mi hanno fatto imparare il coraggio, non soltanto quello che serve a vincere una paura ma anche quello che ti fa affrontare una difficoltà con tutto l’impegno. E quello che serve anche se ti impegni ma quella difficoltà non riesci a superarla però te ne devi fare una ragione, metterti l’animo in pace e rasserenarti. Mi hanno regalato la pazienza che io non avevo».
E come l’hanno cambiata questi maestri?
«Grazie a loro oggi mi rendo conto che adesso ho comunque i miei disequilibri, ma riesco a rimanere molto centrata. Poi mi hanno insegnato che c’è sempre il piano B. E che bisogna sognare, con i piedi per terra ma bisogna sognare in grande, che passo passo e con calma ci si arriva. Ad esempio io ho un’ambizione tranquilla, non sogno le Olimpiadi ma di arrivare con Dodo, il mio cavallo alle 130 nel salto ostacoli. Piano piano sono arrivata alle 125, adesso mi rimetto in sesto (Maria Laura quando la intervistiamo si è appena rotta i legamenti di un ginocchio, n.d.r.) e poi ci torniamo a lavorare su. Perché i cavalli insegnano anche questo: il piacere di porsi e trovare un obiettivo da raggiungere. Ad esempio adesso non posso montare, e sto pensando che gioco posso far fare da terra i miei cavalli perché comunque a me la cosa che pace di più è interagire con loro».
Prossimo sogno da realizzare?
«Realizzare un libro per bambini con una casa editrice che amo molto, e cura una collana dove lavorano illustratori fantastici. Proporrei quello sulla lumaca: perché io sono Amica delle Lumache dal 1982, ci tengo a dirlo. E poi ne dico uno che sembra banale, fa un po’ Miss Italia e la-Pace-nel-Mondo: ma vorrei che ci fosse un mondo più rispettoso, dove la sofferenza animale venga realmente sentita, perché se la senti poi fai in modo di limitarla».

Maria Laura Farris con uno dei libri da lei illustrati, ‘Qui tutti abbiamo una coda‘
Cose che si sognano, si imparano e si insegnano: nel mondo dei cavalli, e anche nel Pianeta dei Cenzi.
Il Pianeta dei Cenzi
Maria Laura Farris vive a Cagliari, è vero: ma anche nel Pianeta dei Cenzi che prende il nome dal suo Primo Scopritore, uno dei suoi primi cavalli di nome Vincenzo.
Che era un tipo stralunato, molto stralunato. Tipo che scoppiava una bomba e tutti i cavalli si spaventavano da morire e lui invece era sempre lì piatto, col suo ciuffo gigante che svolacciava e che stava a posto solo con una forcina.
Da Vincenzo a Vincenzino, Cenzo e tutto il resto poi è un attimo.
Maria Laura disegna sempre, anche per confortarsi quando sta male. Come quando è morto Giovanni, una pecora che viveva con loro al maneggio e allora ha fatto un disegnino di se stessa che piangeva con tutti gli animali intorno.
«E’ il mio conforto anche immaginarmi così», ci ha spiegato Maria Laura Farris «perché non mi immagino come sono realmente, mi immagino più tenera. Tutti mi dicono che sono una persona un po’ dolce, invece io mi sento una persona molto dura. Mi sento forse dolce con gli animali ma con le persone sono anche molto severa perché ci sono delle cose secondo me molto importanti che vanno salvaguardate. Come la comprensione per gli altri, per i loro problemi, per le situazioni che vivono e noi dal di fuori non possiamo immaginare. E poi la gratitudine: è importante essere grati, mi sento di essere sempre molto grata a tutto. Alla vita, anche a piccolissime cose e a volte anche alle persone brutte ma che ti hanno insegnato qualcosa».

Fabrizio Zaccheddu e Maria Laura farris il giorno del loro matrimonio
Un marito speciale
«Fabrizio è il mio ‘Marito Preferito’. E’ il mio istruttore, è la mia spalla, è il mio primo tifoso, è colui che veramente mi sostiene in qualsiasi occasione. A volte anche troppo, nel senso che per lui sono sempre bellissima e bravissima. A parte per quello che riguarda i cavalli, lì è molto obiettivo e forse con me in qualche modo più severo che con le altre persone. Perché sa anche quanto ci tengo a imparare e migliorare. Non è una persona esageratamente severa, però è molto disciplinato».
Creatività
«Certamente in me la creatività è qualcosa di innato. Faccio, invento e realizzo cose partendo da qualsiasi materiale tu mi metta a disposizione. Ma è un po’ come quando uno è molto capace a cavallo: hai ricevuto una dote, ma poi devi allenarla».
Le foto di Maria Laura Farris sono di Pasquale e Antonio Corbinzolu, Giorgio Marras e aa.vv.

Maria Laura Farris e un piccolo amico, molto amato