Bologna, 30 aprile 2019 – Pubblichiamo l’ampio articolo del quotidiano La Nazione del 27 aprile contenenti le repliche di Gianluca Laliscia, campione e manager di eventi internazionali della disciplina degli sport equestri Endurance coinvolto nella indagine per omicidio colposo della procura di Perugia a seguito della morte di Domenico Pelagatti in data 20 ottobre 2016. Inchiesta che registra i nomi di 4 persone per concorso in omicidio colposo, oltre a Laliscia, anche Nadia Palusi, Giulio Ascani e Simone Muccino.
Gianluca Laliscia, difeso dall’avvocato David Brunelli ha dichiarato: “Nonostante non abbia ancora ricevuto gli atti, mi dichiaro completamente estraneo ai fatti e sono certo che lo dimostrerò appena possibile. Ho dato ampia collaborazione alle indagini iniziali e confido nell’operato della Magistratura”.
La Nazione del 27 aprile 2019 edizione Umbria:
A seguito di quando riportato oggi a mezzo stampa – ndr articolo La Nazione del 26 aprile – clicca qui – Gianluca Laliscia, difeso dal Professor, avvocato David Brunelli, dichiara: “Nonostante non abbia ancora ricevuto gli atti, mi dichiaro completamente estraneo ai fatti e sono certo che lo dimostrerò appena possibile. Ho dato ampia collaborazione alle indagini iniziali e confido nell’operato della magistratura”».
Gianluca Laliscia, campione mondiale di Endurance è finito nell’indagine per omicidio colposo della procura di Perugia quale amministratore unico della “Sistema Eventi”, insieme a Nadia Palusi, amministratore unico della “Eventi Italiani” e a Simone Muccino della “Gat & C. srl”, oltre ad Giulio Ascani quale progettista e direttore dei lavori.
Il nodo da sciogliere è legato al terreno – denominato Prato del Pallareto – che secondo l’accusa venne dato in affitto dai benedettini alla Gat e da questa alla Sistema Eventi e alla Eventi Italiani. Avrebbero in particolare omesso di rimuovere un impianto fossa imhof costituito da un pozzetto prefabbricato (50 centimetri per 50) in cui cadde Domenico Pelagatti, affogando.
In particolare – secondo la ricostruzione della procura – il pozzetto era stato realizzato dalla Sistema Eventi e Eventi Italiani in occasione dell’evento di Endurance tra il 2007 e il 2009 che poi avrebbero restituito il terreno senza aver adempiuto all’obbligo di rimuovere il pozzetto mentre la Gat avrebbe accettato la restituzione omettendo di accertare la rimozione del pozzetto. “Il mio assistito è completamente estraneo ai fatti in quanto da circa dieci anni prima del tragico incidente non rivestiva più alcuna carica nella società asseritamente ritenuta corresponsabile – ha spiegato l’avvocato Berretti per la Gat – ndr Simone Muccino –. Chiederemo di essere sentiti dal pm al fine di chiarire nelle competenti sedi, ogni aspetto”.
Con scrupolo è stata esaminata e valorizzata l’ipotesi della morte accidentale, relativamente alla quale emergevano evidenti responsabilità dei soggetti proprietari del fondo e comunque di tutti coloro che ne avevano avuto il possesso ovvero la semplice disponibilità materiale. E’ infatti pacifico che il fatto non si sarebbe verificato laddove il tombino che (inaspettatamente) dava accesso ad una cisterna interrata fosse stato adeguatamente e prudentemente protetto e/o serrato, quindi messo in sicurezza dai soggetti preposti, anziché essere lasciato aperto, costituendo in tal modo fonte di grave insidia e comunque un trabocchetto, non prevedibile e/o percepibile», l’avvocato Giuseppe Berellini, legale della famiglia di Domenico Pelagatti, l’imprenditore di Bastia morto nell’ottobre del 2016 cadendo in una fossa imhof, interviene dopo la chiusura delle indagini contro quattro persone per concorso in omicidio colposo. Un incidente drammatico che il 20 ottobre del 2016 provocò la morte, per annegamento, di Pelagatti, imprenditore di Bastia del cartongesso, sposato e padre di un ragazzo.
Domenico stava passeggiando con il cane quando, probabilmente gli caddero le chiavi nel pozzetto e, sporgendosi per riprenderle, cadde all’interno. L’avvocato Berellini spiega inoltre che era già “stato evidenziato agli inquirenti che il soggetto proprietario dell’area erano i frati benedettini dell’Abbazia di San Pietro, con sede in Assisi, che sebbene a conoscenza degli avvenimenti, anche per la presenza di alcuni religiosi sul posto dopo il ritrovamento del cadavere del signor Pelagatti, non avevano nemmeno riscontrato le missive inviate dal difensore degli stretti congiunti della vittima al fine di individuare chi avesse avuto nel tempo il possesso e/o la detenzione di detti luoghi. Le indagini svolte hanno fortunatamente portato all’identificazione di tali soggetti, che a questo punto potranno fornire al Pubblico Ministero la loro versione degli avvenimenti, dunque difendersi dagli addebiti mossi nei loro confronti, nel pieno rispetto della dialettica processuale. In questo contesto anche i familiari della vittima potranno determinarsi nel modo più opportuno al fine di sostenere l’esercizio dell’azione penale e comunque ottenere la giusta tutela delle loro ragioni“.
La Nazione del 27 aprile 2019 edizione Umbria – clicca qui per il pdf dell’articolo –