Home | People & Horses | Nebrodi, 94 arresti: quando la delinquenza legata ai cavalli è la punta di un iceberg
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Messina, 15 gennaio 2020 – Abbiamo riferito spesso, sulle nostre pagine virtuali e non, degli episodi criminali nel mondo dei cavalli legati più o meno scopertamente alle mafie, in terra siciliana e altrove: manifestazioni che è anche facile (e rassicurante) prendere come superficiali, non complicate da più profonde aggravanti che non fossero quelle del “semplice” brutto fatto di cronaca – corse clandestine, cavalli lasciati pascolare su terreni altrui, incendi di strutture pubbliche o furti e sparizioni di cavalli di privati.
Ma nei giorni scorsi, come riferisce una agenzia Ansa che citiamo integralmente di seguito, i carabinieri del Ros e la Guardia di Finanza hanno arrestato 94 persone nel corso del più imponente blitz mai messo a segno contro i clan mafiosi messinesi dei Nebrodi, un territorio dal quale spesso sono giunte notizie di cronaca tristi e riguardanti anche il mondo dei cavalli.
Oltre 600 i militari coinvolti nell’operazione che è stata coordinata dalla Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia.
L’inchiesta ha portato anche al sequestro di 150 imprese.
Decapitati i clan mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo.
Gli indagati sono in tutto 194.
Delle 94 misure emesse 48 sono provvedimenti di custodia cautelare in carcere, le altre di arresti domiciliari. In cella sono finiti i vertici delle famiglie mafiose dei Batanesi e dei Bontempo Scavo, gregari, estortori e “colonnelli” dei due clan storici dei Nebrodi.
Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa aggravata, intestazione fittizia di beni, estorsione, traffico di droga.
L’indagine coinvolge anche imprenditori e professionisti insospettabili come un notaio accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Il gip di Messina che ha emesso l’ordinanza, Sergio Mastroeni, ha analizzato oltre 30mila pagine di atti giudiziari.
L’indagine è stata condotta dai carabinieri del Ros, del comando provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare e dai Finanzieri del Comando provinciale di Messina.
I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà nell’aula magna della corte d’appello di Messina, a cui parteciperà il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho.
A fiutare l’affare milionario sono stati i clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, che, anche grazie all’aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei per l’agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro.
I due clan, invece di farsi la guerra, si sono alleati, spartendosi virtualmente gli appezzamenti di terreno, in larghissime aree della Sicilia ed anche al di fuori dalla regione, necessari per le richieste di sovvenzioni.
“Ciò, – scrive il gip che ha disposto gli arresti su richiesta della Dda di Messina- con gravissimo inquinamento dell’economia legale, e con la privazione di ingenti risorse pubbliche per gli operatori onesti”.
La truffa si basava sulla individuazione di terreni liberi (quelli, cioè, per i quali non erano state presentate domande di contributi).
A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano i dipendenti dei CCA che avevano accesso alle banche dati.
La disponibilità dei terreni da indicare era ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanomi dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi.
Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che poi venivano accreditate al richiedente prestanome dei boss spesso su conti esteri.
“La percezione fraudolenta delle somme – scrive il gip – era possibile grazie all’apporto compiacente di colletti bianchi, collaboratori dell’A.G.E.A., un notaio, responsabili dei centri C.A.A., che avevano il know-how necessario per procurare l’infiltrazione della criminalità mafiosa nei gangli vitali di tali meccanismi di erogazione di spesa pubblica e che conoscevano i limiti del sistema dei controlli”.
“La mafia è una specie di classe sociale, contrastabile ma non eliminabile come categoria, nonostante decine e decine di operazioni e processi. Un riscatto completo, la liberazione del territorio, difficilmente sarà ottenuta solo con l’intervento giudiziario. Le misure non arrestano un mondo rassegnato alla deriva mafiosa, una sventura per mafiosi e famiglie”.
Lo scrive il gip di Messina Salvatore Mastroeni che, accogliendo la richiesta della Procura della Città dello Stretto guidata da Maurizio de Lucia, ha disposto l’arresto di 94 tra boss, gregari ed estortori dei clan tortoriciani dei Batanesi e dei Bontempo Scavo.
L’inchiesta, che ha svelato la nuova frontiera del business mafioso – le truffe all’Ue – ha ricostruito gli organigrammi delle cosche e rivelato una fitta rete di complicità di professionisti insospettabili.
“Il riscatto di intere popolazioni – aggiunge il giudice nella ordinanza di custodia cautelare di oltre 1700 pagine – richiederà di più. Quando la mafia si incunea, altera il mercato, depreda risorse, il contrasto penale si impone. Ma il dato penale diventa insufficiente quando non si trovano strutture che portano ricchezza alla gente e al territorio e anzi arriva la sensazione tragica di ulteriore impoverimento”.
Il Gip parla di una “criminalità che ingurgita profitti milionari. Profitti che spariscono e niente lasciano alla gente”.