Assisi, 4 ottobre 2019 – Oggi è San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia e anche degli animali: e possiamo dire che ci è particolarmente caro non solo per la sua vita, e il suo amore per tutto il Creato ma anche perché Francesco fu un cavaliere.
Sì, proprio un cavaliere quasi come noi: che lui combatté tra le fila ghibelline nella guerra di Assisi contro Perugia, fu catturato e venne liberato solo dietro riscatto del padre, un ricco commerciante.
Una volta guarito dalla malattia che lo aveva colpito in cattività Francesco voleva addirittura partire per una Crociata: ma si tornò ad ammalare, entrò in una vera e propria crisi spirituale e decise di dedicarsi infine ai più poveri trai poveri, ai derelitti di cui nessuno si curava e che viveno ai margini della società, ben lontani da quello che fino a quel momento era stato il suo mondo.
Uno degli episodi cardine di questa conversione è quello che vede il cavaliere Francesco che sembra smontare di sella, e offrire il suo mantello a un povero cavaliere caduto in miseria.
Ma anche se il Poverello si allontanò come modus vivendi da quelli che sino ad allora aveva considerato suoi pari, loro non lo abbandonarono: e quando stava per morire andarono a Nocera Umbra, dove si trovava in quel momento, e se lo presero in arcione ai loro destrieri a turno per riportarlo ad Assisi.
Questa cavalcata è ricordata ancora oggi dai Cavalieri di Satriano, che ogni anno ripercorrono lo stesso itinerario: per ricordare il cavaliere che divenne Santo.
Quindi, coraggio: ognuno di noi ha la possibilità di diventare un po’ più buon: magari riconcilandosi con le proprie sconfitte, proprio come fece San Francesco.