Bologna, venerdì 4 agosto 2023 – Quella che segue è un’intervista a Patrizia Carrano che risale allo scorso gennaio: è stata poi pubblicata nel numero cartaceo di Cavallo Magazine di febbraio. La grande scrittice veneta e romana di adozione qui parla del suo rapporto con i cavalli e con i libri (meravigliosi) che lei ha dedicato ai cavalli. Oggi lei stessa ha pubblicato un toccante post su Facebook per annunciare la scomparsa dell’ultimo dei suoi compagni di scuderia, William: «Avevi le tre “B” dei cavalli di rango: eri bello, eri buono, eri bravo. Nella prima e unica gara che hai fatto, in dressage, sei arrivato terzo su cinquanta, nonostante la novità e la gran folla. Ma l’agonismo non è adatto al mio carattere e alla modestia della mia preparazione e dunque la sfida è stata quella di lavorare amandoci e comprendendoci in piena armonia, montando nella bella scuderia romana dei Due Ponti e in quella di Antonio Gentili a Manziana. Una rara patologia del sistema nervoso centrale ti ha stroncato in meno di dieci giorni, nonostante l’assoluta competenza dei veterinari Angela Mascioni e Fernando Canonici. Addio, mio carissimo William, principe della mia allegria, destriero fiero e gentile, creatura dai bei movimenti, scelta per me da Adriano Capuzzo. Hai raggiunto gli altri due sauri della mia vita, Fiore dello Jonio e Vouga. Vi farete buona compagnia nel mio cuore e nel mio indelebile ricordo. Con la tua fine improvvisa e dolorosa si chiude una lunga stagione: dopo molti decenni, è difficile non avere più un tuo cavallo che ti aspetta in scuderia. Molto difficile». Dunque proprio oggi ci sembra il momento più indicato per proporre anche nella versione digitale di Cavallo Magazine le parole e i pensieri di Patrizia Carrano.
———————————————————–
L’ha scritto molto bene Giovanni Battista Tomassini nella sua prefazione a Campo di Prova, chiaro, diretto, senza alcuna perifrasi: «Patrizia Carrano è ciò che mancava alla letteratura italiana». Esatto: Patrizia Carrano è senza dubbio la prima scrittrice che ha raccontato i cavalli e le cose di cavalli con la competenza dell’amazzone (vera) e l’abilità dell’artista (vera). Dimostrando con una naturalezza e con un’efficacia assolute che per arrivare al cuore e alla mente sia degli addetti ai lavori sia dei lettori per così dire generici non è assolutamente necessario parlare di cavalli imbizzarriti, di stalloni purosangue, di crini neri come l’ala di un corvo, di occhi iniettati di sangue, di froge che soffiano fuoco… eccetera eccetera, cioè usando quelle banalizzazioni solitamente tipiche di narratori e scrittori anche bravi ma che di ‘cosa’ e di ‘chi’ sia un cavallo non hanno la minima idea.
No. La Patrizia Carrano della quale stiamo qui parlando è il risultato perfetto di una fusione perfetta: quella della scrittrice e giornalista affermata di altissimo livello con la persona che ama i cavalli e che con loro vive la propria vita senza più poterne fare a meno, parlando (e scrivendo) di loro come fanno tutte le persone che realmente vivono con loro. Il risultato perfetto di questa fusione perfetta ha prodotto due raccolte di racconti e un romanzo: Notturno con Galoppo, Campo di Prova e L’Ostacolo dei Sogni. Tre opere di narrativa uniche e straordinarie: uniche perché nel momento in cui sono comparse non esisteva nulla del genere; straordinarie perché il contenuto di ciascuna delle tre è di una bellezza per l’appunto fuori dall’ordinario.
«Ho sempre avuto una grande passione per gli animali fin dall’infanzia, e per i cavalli in particolare: forse anche perché sono nata a Venezia, e sul fronte di San Marco ci sono questi meravigliosi quattro destrieri che per me erano creature magiche, proprio come lo sono i cavalli nella mitologia greca che mi ha sempre molto affascinato».
Però la sua vita di amazzone è cominciata piuttosto tardi, non nell’età della fanciullezza…
«Sì, esatto. Il primo contatto l’ho avuto quando avevo circa vent’anni e per questioni di lavoro sono finita in un bellissimo Club Mediterranée a Ostuni dove ho trovato alcuni istruttori che mi sono sembrati bravissimi e quindi ho subito chiesto loro di poter montare. Ma l’occasione decisiva si è presentata più tardi, quando avevo quasi quarant’anni: il giornale in cui lavoravo allora, Amica, voleva che qualcuno dei giornalisti andasse a Deauville nel periodo di Ferragosto… e nessuno ci voleva andare. Così sono andata io… e in un piccolo maneggino vicino alla spiaggia ho preso qualche lezione, molto sportivamente, in jeans e mocassini… Era un periodo malinconico della mia esistenza ma mi sono subito resa conto che stando in sella qualunque malinconia evaporava… Così quando sono tornata a Roma mi sono iscritta alla scuola di equitazione di Villa Glori: tenacemente, insieme ai ragazzini… ».
Il suo primo cavallo è stato Fiore dello Jonio.
«L’ho incontrato in un centro ippico nella campagna laziale, era stato assegnato dall’Ante. L’ho amato perdutamente, sono riuscita ad acquistarlo quando aveva 11 anni ed è restato con me fino ai suoi 33. Perché io sono figlia di un’idea sentimentale del rapporto con il cavallo: per un’appassionata amatoriale come me se non c’è il sentimento cosa rimane… ?».
Fiore poi non è stato l’unico…
«In Francia ho comperato un cavallone potente che si chiamava Vouga. Potente ma serissimo: quando gli mettevi la sella lui diceva adesso sto lavorando… non si permetteva mai una distrazione, una scorrettezza… niente! È successo più o meno all’inizio degli anni Duemila. Poco dopo l’arrivo di Vouga a Roma ho conosciuto Adriano Capuzzo: signora, mi ha detto, lei non combinerà mai niente perché ha cominciato a montare troppo tardi, ma il suo cavallo mi piace… Adriano mi ha dato lezioni per due anni, poi è diventato presidente del comitato regionale della Fise per il Lazio e ha quindi smesso per sua stessa volontà per dedicarsi completamente e totalmente al suo impegno di dirigente. Però mi ha aiutato a scegliere il mio terzo cavallo, William, che allora aveva 9 anni e adesso ne ha 23, buono come il pane ma non sapeva fare niente».
Un’esperienza importante essere allieva di Adriano Capuzzo?
«Certamente. Io molte sottigliezze non sono stata capace di metterle in atto, ma l’idea di quanto sia fine e complessa la buona equitazione l’ho fortunatamente potuta apprendere dal suo insegnamento e dalla sua pazienza nei miei confronti».
Lei però nel frattempo aveva già pubblicato L’Ostacolo dei Sogni, giusto?
«Sì, quando ho conosciuto Adriano Capuzzo il libro era già uscito: questo è stato uno dei motivi per cui lui ha accettato di dare lezione a una signora di una certa età che non aveva orizzonti agonistici davanti a sé».
Come le è venuta l’idea di scrivere quel meraviglioso romanzo?
«Quando possedevo solo Fiore dello Jonio lo portavo in Maremma d’estate in un piccolo centro dove ho conosciuto un uomo di scuderia che durante la guerra era stato il groom di Giovanni Riario Sforza… Si chiamava Antonio di nome e Salvatore di cognome: era nato mentre i suoi genitori stavano nell’allevamento della famiglia Morese (da cui negli anni successivi alla seconda guerra mondiale sono provenuti alcuni dei più importanti cavalli montati da Raimondo d’Inzeo, n.d.r.). Ogni tanto mi raccontava e io stavo lì ad ascoltare i suoi racconti, affascinata. Così ho cominciato a pensare a una storia in cui ci fosse un ruolo per un bambinetto che nell’allevamento Morese aveva a che fare con cavalli di grande qualità… Più o meno nello stesso periodo avevo letto un articolo sul generale Antonio Gutierrez: al quale poi ho chiesto un’intervista perché stava cominciando a lievitare in me l’idea di combinare le due storie… ».
E il generale le ha dato l’intervista?
«Sì, certo: ci incontrammo al circolo ippico che a quel tempo esisteva a Villa Borghese. Si andava componendo un progetto, un’atmosfera, quella degli anni Trenta, sentivo che quella cosa stava crescendo… Così scrissi un piccolo racconto pubblicato in un centinaio di copie solo come regalo per gli amici, si intitolava già L’Ostacolo dei Sogni. Mi resi però conto che questo piccolo racconto avrebbe potuto lievitare fino a divenire un vero e proprio romanzo: e in effetti poi lo è diventato».
Ad Antonio Gutierrez è piaciuto?
«Lui aveva già letto le bozze del romanzo, quando il libro è uscito. Mi ha poi inviato un telegramma che conservo qui con me: “Alla brillante e fantasiosa Patrizia e a Salvatore giungano calorosi e meritati applausi con auguri sinceri, grande affermazione! Osoppo è ancora una volta con me per salutare e ringraziare tutti per il loro ricordo – Tonino Gutierrez”».
Notturno con Galoppo e Campo di Prova sono i titoli successivi. Cone nascono queste due raccolte di racconti?
«Scrivere di cavalli sembrava che mi venisse bene. Per Notturno ho dovuto lottare un po’ in casa editrice perché io ero un’autrice che si era contraddistinta per temi tragici oppure centrati sulla condizione femminile, però ero anche un’autrice venduta, quindi con un certo potere… A quel tempo i racconti in Italia non si pubblicavano molto, ci volevano i romanzi, ma quelli di Notturno stavano bene assieme, li consideravo come una specie di romanzo corale. Poi la Mondadori mi voleva portare via dalla Rizzoli, quindi se io avessi chiesto la luna quadrata me l’avrebbero data… ».
La prima edizione di Campo di Prova però è Rizzoli…
«Per la mia attività giornalistica io sono sempre rimasta legata alla Rizzoli, non ne sono mai uscita. Campo di Prova ha una forte valenza metaforica, dal momento che la vita è il nostro campo di prova: mi sembrava per questo un titolo molto bello e significativo… ».
Che rapporto c’è tra lei e ciascuno di questi tre libri?
«Il primo è un po’ la mia scoperta del mondo dell’equitazione, tant’è vero che il protagonista è un bambino, come se io nel ruolo di autrice avessi la sua stessa ingenuità. Il secondo è un progressivo approccio allo stesso tema, mentre il terzo è una specie di dimostrazione a me stessa di quanto teoricamente, sottolineo teoricamente, avessi imparato fino a quel momento».
Ci saranno ancora i cavalli nella sua prossima produzione?
«Sto pensando a due nuovi libri: e uno dei due parlerà di cavalli, ma per il momento non aggiungo altro!».
C’è poi stato un quarto libro a tema cavalli di cui lei è curatrice…
«Sì, la raccolta di scritti di Adriano Capuzzo. Quando lui è mancato ha lasciato un vuoto enorme. E poi scriveva bene. Così ho proposto alle sue due figlie, Flavia e Francesca, di sviluppare questo lavoro sugli scritti del loro papà e sono state assolutamente d’accordo; mi hanno dato il computer di Adriano e io con una pazienza certosina da amanuense medievale ho organizzato tutto il materiale secondo una struttura che mi era parsa organicamente interessante: le lettere agli amici, le memorie di un cavaliere, le memorie di un istruttore. Di questo libro c’è stata poi una seconda edizione perché è stato richiesto tantissimo: e adesso per volontà delle figlie di Adriano e mia è scaricabile gratuitamente dal sito del comitato regionale della Fise del Lazio».
Lavorando a questa raccolta di scritti ha potuto scoprire qualche aspetto particolare o addirittura sconosciuto della vita di Adriano Capuzzo uomo di cavalli?
«A proposito di questo lavoro devo ammettere soprattutto una cosa: e cioè che sono particolarmente orgogliosa del fatto che tutto questo patrimonio non sia andato perduto. Questo, soprattutto».
L’OSTACOLO DEI SOGNI
Roma, Piazza di Siena, 27 ottobre 1938: il capitano Antonio Gutierrez in sella al baio irlandese di 15 anni Frothblower – ma ribattezzato Osoppo a seguito dell’imposizione fascista di ‘italianizzare’ i nomi stranieri – stabilisce il record mondiale di elevazione saltando un ostacolo posto all’altezza di due metri e 44 centimetri. Tutto ciò accade durante la disputa dei Campionati Equestri Nazionali di quell’anno. Il libro di Patrizia Carrano intitolato L’Ostacolo dei Sogni unisce fantasia a realtà nel raccontare una storia che avvince ed emoziona della quale tuttavia non sveliamo qui nulla, se non quanto si legge nelle note introduttive: «Quello che nessuno ha mai raccontato – e che invece leggerete in queste pagine – è la storia di quel che accadde a Osoppo e a Salvatore, il suo groom adolescente, nei due anni precedenti. Una storia così incredibile da poter essere vera». La prima edizione del romanzo è uscita per Rizzoli nel 1992: nel 2021 la casa editrice More than a Horse (https://morethanahorse.com/) lo ha riproposto rendendolo disponibile nel proprio catalogo: un’operazione editoriale che non può che suscitare la gratitudine di tutti gli appassionati dello sport equestre.
CAMPO DI PROVA
Sei magnifici racconti compongono il terzo libro in cui Patrizia Carrano si dedica alla narrativa di cose di cavalli. O meglio, di cavalli e di uomini, come lei stessa spiega nelle note che chiudono la successione delle sei storie: «I cavalli protagonisti di questi sei racconti – che mi auguro vengano letti come una sorta di romanzo corale – intrecciano il loro destino a quello degli uomini e diventano la chiave di volta indispensabile a comprendere le motivazioni più profonde dei loro gesti e delle loro scelte. (…) I cavalli, e non sono solo io a sostenerlo, hanno una straordinaria capacità di far impallidire i lividi dell’anima, di medicare le ferite dello spirito, di consolarci degli affronti che l’esistenza ci infligge». Il libro è dedicato ad Adriano Capuzzo – sotto diverso nome protagonista di uno dei sei racconti – come spiegato dall’autrice nelle sue note: «Campo di Prova è dedicato al magister equitatus Adriano Capuzzo, un nome di primo piano nella nostra equitazione e un istruttore amatissimo dai propri allievi. Non solo e non tanto per sdebitarmi degli illuminanti consigli che mi ha dato ogni volta che nello scrivere venivo assalita da qualche dubbio tecnico. Ma perché il suo modo di intendere l’equitazione è pervaso di rispetto, di affezione, di grande correttezza nei confronti dei cavalli». La prima edizione di Campo di Prova è uscita per Rizzoli nel 2002: ora il libro è nuovamente disponibile grazie alla illuminata iniziativa della casa editrice More than a Horse (https://morethanahorse.com/) che lo ripropone nel proprio catalogo a partire dal 2022.