Bologna, venerdì 31 gennaio 2025 – Nelson Pessoa non ha dubbi: «Tra tutti i cavalieri che nella mia carriera ho avuto come avversari, che ho visto in campo ostacoli, che ho seguito e allenato… il migliore resta sempre lui: Raimondo d’Inzeo».
Naturalmente il popolare fuoriclasse brasiliano non si riferisce ai risultati: si riferisce all’equitazione. Al montare a cavallo. All’essere cavaliere in sella. Allo stile. Alla capacità di capire, interpretare, valorizzare un cavallo.
Perché se la questione la volessimo circoscrivere ai soli risultati… beh, cosa si dovrebbe dire parlando di un cavaliere che ha raccolto più di cento presenze in Coppa delle Nazioni durante un arco di tempo in cui gli Csio erano massimo sei all’anno, che ha vinto una medaglia d’oro e una d’argento individuali alle Olimpiadi, che ha partecipato a otto edizioni dei Giochi Olimpici (sei medaglie in totale tra squadra e individuale), che è stato due volte Campione del Mondo?
E poi aggiungiamo: un cavaliere capace di vincere le due medaglie d’oro individuali più ambite (Campionato del Mondo e Olimpiadi) in sella a due cavalli presi sotto la sua sella al termine dei loro 4 anni subito dopo il Premio Nazionale di Allevamento (Merano e Posillipo)? E aver fatto lo stesso con un altro puledro (Fiorello II) per condurlo a conquistare la medaglia di bronzo a squadre olimpica?
Raimondo d’Inzeo – del quale il prossimo 8 febbraio ricorre il centesimo anniversario della nascita – è stato un cavaliere eccezionale. Né più né meno. Ma non è possibile parlare di lui senza farlo anche del suo fratello maggiore Piero e del loro papà, Carlo Costanzo d’Inzeo: semplicemente perché entrambi hanno contribuito a creare dentro Raimondo quella miscela esplosiva che unendo talento a un’innata carica agonistica ha prodotto una… deflagrazione davvero sensazionale.
Carlo Costanzo d’Inzeo è stato per i suoi due figli padre e istruttore. Sarebbe troppo lungo analizzare la dinamica del rapporto intercorso tra lui e loro, ma c’è una frase che Costanzo ripeteva indifferentemente all’uno o all’altro dei due ragazzi che potrebbe essere presa come eloquente esemplificazione di un intero sistema educativo: «Oggi tuo fratello ha fatto una cosa bene, domani tu la devi fare meglio».
Da qui si è innescato un meccanismo che per Piero e Raimondo è durato tutta la vita: soprattutto durante gli anni Cinquanta e Sessanta – il ventennio del loro massimo fulgore internazionale – Piero è stato il più temibile avversario per Raimondo, e Raimondo lo è stato per Piero. Con alcune differenze sostanziali, partendo comunque da una base comune fatta degli stessi principi tecnici e formativi: per Piero i cavalli erano allievi, per Raimondo compagni; Piero è stato un vincitore seriale, Raimondo si è esaltato nelle grandi gare; Piero rimaneva freddo, sempre, Raimondo era un vulcano in ebollizione; Piero era metodo, Raimondo creatività; i percorsi di Piero lasciavano gli spettatori ammutoliti dall’ammirazione, quelli di Raimondo infiammavano il pubblico. Ma insieme, Piero e Raimondo d’Inzeo hanno dato vita a un fenomeno che non ha eguali nella storia del salto ostacoli italiano.
C’è stata un’occasione speciale, una volta sola ma in momenti diversi, in cui entrambi hanno pronunciato all’indirizzo del fratello la stessa identica frase: «Mi hai battuto: questa volta sei arrivato prima tu». Raimondo l’ha pronunciata in occasione della festa per il compleanno dei 90 anni di Piero. Piero l’ha pronunciata facendo il saluto militare il 18 novembre 2013: di fronte al feretro che conteneva il corpo di Raimondo.