Bologna, 31 luglio 2022 – In Italia chi ama i cavalli ha da sempre una certa tendenza all’anglofilia: perché la Gran Bretagna è il paese delle cacce a cavallo, delle tradizioni equestri, dei gilet verdi trapuntati che in qualunque scuderia uniscono trasversalmente ogni ceto sociale.
Il paese che ha inventato le corse al galoppo come le conosciamo e i loro protagonisti indiscussi, i Thoroughbred: che noi infatti chiamiamo Purosangue Inglesi.
Ebbene nel 1964 Harry Primrose, VI conte di Rosebery nell’ultimo discorso che tenne alla Thoroughbred Breeders Association di Newmarket disse testualmente di Federico Tesio: «Nessuno, in questo secolo, ha influenzato più di lui e Lord Derby l’allevamento del purosangue».
Pensate: il tempio degli allevatori storici dei cavalli Purosangue, Lord Rosebery che era definito ‘l’ultimo grande, vecchio gentiluomo del turf’ e aveva presentato 69 cavalli cavalli al Derby di Epsom vincendone tre, l’ultima volta che parlò davanti ai suoi colleghi riuniti ricordò la grandezza dell’italiano Federico Tesio.
Un riconoscimento ineguagliabile per chiunque si occupi di Purosangue Inglesi: ancora di più per quel piemontese che senza le ricchezze di un Aga Khan o di un Boussac, di un Taylor o un Lord Derby riuscì non solo a far vivere la sua scuderia di quello che valevano i suoi cavalli, ma anche a creare stalloni che ancora oggi segnano la storia del turf.
Chi era Federico Tesio
Nato a Torino il 17 maggio 1869 e rimasto orfano bambino, crebbe nel Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri dove i padri barnabiti riuscirono a coltivare in lui sia l’inclinazione all’approccio scientifico della realtà, che la passione per l’arte.
In particolare padre Francesco Denza, astronomo, fiscio e metereologo, ricoprì un ruolo importante e fu sempre figura di riferimento per il giovane Tesio. Laureato in scienze sociali a Firenze dove seguì diversi corsi all’Accademia di Belle Arti, come quasi d’obbligo per i giovani bennati di fine ‘800 Tesio dopo aver ricevuto l’eredità che gli spettava dedicò gli anni tra il 1889 e il 1892 a un vero e proprio giro del mondo di istruzione.
Cina, Giappone, India, Stati Uniti, Canada, Argentina e Patagonia: sempre tra popoli che avevano nel cavallo un forte punto di contatto con lui stesso, e la sua passione.
Nel 1891 prese i colori di scuderi apresso il Jockey Club Italiano: la prima versione fu giubba blu, croce di Sant’Andrea e berretto rosso, in seguito la giubba divenne bianca. Montava i suoi cavalli: “Ho sempre amato i cavalli e le corse” scrisse nel 1952, “cominciai a correre sugli ostacoli…montavo io stesso, rivolgendomi solo raramente ai professionisti. E così mi sono allenato alla lotta, al rischio e al pericolo. Ho soprattuto imparato a voler sorpassare gli sotacoli, anche quelli incontrati nella vita, senza mai scartarli per non essere squalificato davanti a me stesso».
Cavalli, matrimoni e doni di nozze
Il 27 gennaio 1898 Federico Tesio sposò Lydia Flori di Serramezzana, anche lei appassionata di Purosangue e corse: uno dei regali di nozze fu il famoso Libro Rosso di Dormello. Il dono, come ricorda la scritta impressa in oro sulla copertima, veniva dal principe Lubomirskj: era una pubblicazione del suo stud di Kruszynsky, in Polonia e sicuramente voleva essere un augurio gentile ai giovani sposi e alla loro comune passione. Mai regalo di nozze fu più utile e onorato: su quelle pagine per tutta la vita Lydia Tesio registrò nomi, dati, caratteristiche, delle fattrici dell’allevamento di Dormello. Su ogni scheda erano descritte la loro carriera in corsa con relative statistiche, le loro ascendenze e i dati degli stalloni che le coprirono, oltre alle notizie sui prodotti generati per finire coi motivi del decesso di ogni cavalla.
Lo stesso anno delle nozze i due sposini acquistarono la tenuta di Dormello: una grande proprietà sulla sponda meridionale del Lago Maggiore, in provincia di Novara, con pascoli magnifici che si stendono sino a lambire le acque del Verbano, clima temperato e giusta umidità.
I primi anni furono di apprendistato, anche per quello che poi verrà chiamato Il Mago: ma già nel 1911 vonse il suo primo Derby Italiano con Guido Reni, nato a Dormello nel 1908 da Melanion e Jenny Hampton.
L’altro anno fondamentale in questa storia è il 1932, quello in cui il marchese Mario Incisa della Rocchetta e la moglie Clarice, nata della Gherardesca, diventarono soci dei Tesio.
“Non ricordo di aver sottoscritto un contratto, o ricevuto da Tesio nessun pezzo di carta firmato”scrive il marchese Incisa con la sua imperturbabile signorilità nel libro ‘I Tesio come li ho conosciuti’, “non so più neanche la data dell’accordo. So soltanto che un certo giorno della primavera del 1932 i cavalli che fino ad allora avevano corso sotto il nome ‘Federico Tesio’ apparvero sui programmi come ‘Tesio-Incisa’, e meno di tre settimane dopo fu mia moglie a ricondurre al pesage Jacopa del Sellaio, quando vinse il Derby Reale”.
Mario Incisa della Rocchetta era figlio di Eleonora Chigi, e nel 1930 Clarice aveva acquistato dalla suocera la tenuta dell’Olgiata: l’altro polo di quel mondo costruito per produrre cavalli.
Organizzazione, pianificazione e logistica: una parte del successo
Come funzionava l’allevamento più famoso d’Italia, diviso tra Piemonte e Lazio? Ce lo spiega il dottor Giuseppe Grandi, medico veterinario ippiatra e figlio di due dipendenti storici della Dormello-Olgiata, nato cresciuto e vissuto in quel mondo.
“Erano un tutt’uno grazie all’interscambio stagionale: a Dormello stavano le fattrici coi puledri, all’Olgiata sino a Ribot c’era solo la scuderia dei puledri e qualcosa della cosiddetta fattoria per i carri da tiro e da lavoro. All’Olgiata, sulla Cassia i puledri andavano a svernare: partivano a ottobre da Dormello e stavano fino ad aprile, maggio quando tornavano sul lago e beneficiavano dei pascoli che lì erano ancora verdi, ricchi”.
Il centro dell’Olgiata fu completamente rimesso a nuovo dal marchese durante l’epoca in cui Ribot, Botticelli, Braque e altri funzionarono lì come stalloni: poi la proprietà fu venduta e il passaggio stagionale fu organizzato nella scuderia Tenuta San Guido di Bolgheri, dove venne realizzato un magnifico centro di allenamento con la pista proprio in vista dei celebri cipressi. E dove gli Incisa producono il formidabile Sassicaia, uno dei vini più celebri del mondo.
Dottor Grandi, quali erano le strategie del sistema allevatoriale di Tesio?
“Innanzi tutto una grande cura dei pascoli: con questo sistema c’era sempre pascolo verde per i puledri e i cavalli. A Roma di freddo rigido ci sono 20/30 giorni l’anno, a metà febbraio i pascoli rinverdiscono: erano pascoli ondulati, atleticamente un bell’esercizio per i puledri: a Dormello solo il pascolo della Surga era così. E quando a primavera inoltrata all’Olgiata i prati cominciavano ad ingiallire i puledri veinvano riportati al nord, a Dormello, dove la stagione era più indietro e i prati rigogliosi: da un punto di vista vegetativo la differenza temporale era perfetta, i cavalli trovavano la primavera due volte”.
Cosa vuol dire avere grande cura dei pascoli?
“Venivano puliti quotidianamente dalle fiante, se ne occupavano le donne tutte le mattine e chi era libero da altri impegni il pomeriggio. Erano messi regolarmente a riposo in rotazione. Su un pascolo i cavalli ci stavano 10/12 giorni, poi venivano spostati su un altro prato mentre il precedente veniva pulito, falciato e preparato per la turnazione: dopo essere stati sfruttati come pascolo per 4/5 anni venivano utilizzati come campi agricoli. Mettendoli a granoturco e grano si arricchiva la terra, in modo che si fissassero gli elementi nutrivivi necessari: calcio, fosforo, quello che serve per far crescere i puledri. Poi riseminati a prato stabile e concimati. Si capiva che il prato era diventato povero perché i cavalli non ci andavano volentieri, e l’erba cresceva perché i cavalli non la mangiavano. E’ capitato diverse volte che cavalli rivelatisi poi dei crack, dei fuori classe, da puledri fossero stati i primi cavalli a pascolare in un determinato appezzamento: erano cresciuti nutrendosi al meglio”.
Anche l’aspetto umano è importante nella gestione di un allevamento.
“É stato fondamentale: specialmente considerando che il periodo storico dello sviluppo maggiore è stato quello tra le due guerre. Avere fiducia nelle persone che ti sono vicine era fondamentale, e Tesio qui a Dormelletto aveva più di 100 dipendenti: in campagna non c’era ancora la motorizzazione, solo per fare i fieni ci voleva tanta gente, stagionali magari. Per Tesio la parte fondamentale, quella su cui concentrava ogni cura era quella legata al cavallo: le scuderie erano impeccabili, poi se le abitazioni dei dipendenti erano un po’ fatiscenti pazienza, era un atteggiamento diffuso. Mentre Mario Incisa ha sempre guardato anche al decoro delle abitazioni dei dipendenti: ha rinnovato tantissimo quando ha preso in mano la gestione della proprietà. C’era anche un legame tra i dipendenti, spesso parenti tra loro: tutte grandi famiglie a cui il marchese dava fiducia. Perché sapeva che erano fondamentali, loro stessi tenevano ad essere all’altezza, formati per il lavoro che andavano a fare. Per esempio a Milano negli allenamenti se Tesio ti sentiva alzare la voce con un cavallo rischiavi il licenziamento. L’omogeneità del comportamento, delle istruzioni date, nel recepimento del lavoro e delle regole del sistema faceva sì che ci fosse pochissima conflittualità tra i lavoratori, forse anche perché era una generazione che la gerarchia la rispettava. Chi lavorava alla Dormello-Olgiata sapeva di essere in prima linea, in un ambito di ammirazione e popolarità: e ci tenevano molto, anche perché a Dormelletto chi lavorava qui veniva guardato con molto rispetto. Si sentivano parte di qualcosa di importante”.
Oltre a questa organizzazione c’erano altri elementi fondamentali nel successo che ebbe la Razza Dormello Olgiata: Tesio al contrario di altri celebri proprietari e allevatori era costantemente in scuderia o in ippodromo.
Era proprietario, allevatore e anche allenatore dei suoi cavalli.
Aveva le idee chiarissime sul tipo di cavallo che voleva produrre: un soggetto classico, robusto e durevole.
Il suo fine non era guadagnare vincendo le corse (che ai tempi non vantavano premi eccezionali), ma produrre cavalli vincenti che quindi si sarebberero venduti bene per mantenere il resto dell’allevamento.
Dava una importanza notevole alla conoscenza dei cavalli che avrebbe scelto come stalloni: andava regolarmente in Francia e Inghilterra per vedereli, studiarli, memorizzarne le caratteristiche, temperamento e condizione e aumentare così la sua ‘banca dati’.
Anche vedere i loro prodotti era una parte importante di questa continua ricerca di informazioni.
Per questo preferiva stalloni già collaudati, magari anziani e costosi ma di cui aveva statistiche probanti. Federico Tesio era, in un suo modo molto originale, uno sperimentatore tra empirico e scientifico: ma aveva una sensibilità da artista, e a questa si affidava per cogliere sfumature e sensazioni che derivavano da ogni cavallo e che inseriva nei suoi schemi di ragionamento.
Una qualità impossibile da trasmettere o insegnare, e anche per questo forse era così facile definirlo Il Mago: aveva sempre cercato, per tutta la vita, di capire come funzionavano le cose.
Lo aveva notato con la sua acutezza anche Indro Montanelli, che ha scritto pagine deliziose su di lui.
Lo aveva capito molto bene il Marchese Incisa, che solo dopo la sua morte prese in mano le redini della Razza Dormello-Olgiata Spa, continuando a rimanere ad alti livelli per anni con i cavalli allevati sulle rive del Lago Maggiore: d’altra parte, le capacità del marchese erano state implicitamente riconosciute da Tesio che, ormai passata la sessantina, lo creò suo erede facendolo entrare in società con lui.
Curiosa questa chiave di lettura: se uno dei punti forti di Tesio era la conoscenza dei cavalli e delle loro genealogie, ha evidentemtne dimostrato la stessa capacità di individuare il soggetto vincente tra i tanti ragazzi di famiglie appartenenti all’ambiente che frequentavano abitualmente lui e la moglie.
E’ sempre parlando con il dottor Grandi che ci è venuta in mente questa piccola riflessione, e a lui chiediamo cosa fosse poi cambiato nei periodi successivi.
“E’ cambiato il mondo: dagli anni ‘60 sono arrivati i petrodollari, la concorrenza non era più con inglesi ed europei ma si estendeva al continente americano che immetteva tanti dollari nell’ippica. Così tutto veniva a costare di più, andare a prendere una prima monta costava carissimo. Poi nelle scelte allevatoriali subentra anche la fatalità: grandi fattrici messe in razza rivelatesi non all’altezza, si sono persi due cavalli imporntati come Braque e Malhoa in pochi mesi a causa di problemi di salute. Eppure nonostante tutto Mario Incisa rese disponibile agli italiani come stallone Ribot per ben tre stagioni di monta, uno all’Olgiata e due a Dormello, cosa di cui Tesio (vedi la storia di Nearco, n.d.r.) non si sarebbe preoccupato: il marchese invece aveva una visione dell’allevamento nazionale aperta e collaborativa. Poi bisogna considerare che non c’era più Tesio come allenatore, che decideva i cavalli da sacrificare e quelli da far emergere, quindi è mancata una doppia figura dopo la sua scomparsa. Ma soddisfazioni se ne sono tolte ugualmente negli anni ‘60 alla Dormello-Olgiata, eccellenti i tre Derby italiani vinti di fila nel 1966 con Appiani, poi Ruysdael e Hogarth.
I primi due erano prodotti di due linee storiche, Hogarth da una nuova fattrice comprata dal marchese. Poi alti e bassi, compresa la beffa di una cavalla venduta alla vigilia delle Oaks (la corsa più importante per le femmine), che poi ha vinto davanti a una cavalla della scuderia: era sicuramente una eredità pesante da portare. Per esempio, ci sono state molte critiche negli anni per alcune linee femminili che sono state vendute: ma non è che in mano di altri abbiano dato chissà che cosa. Tesio ha allevato sia eccellenze assolute che una miriade di cavalli normali, o anche inconsistenti che non hanno lasciato nessun segno: vuol dire che si devono fare molti incroci sbagliati per avere una probabilità anche statistica di avere un ottimo puledro. L’abilità è individuarlo, quell’ottimo puledro, dopo averlo fatto nascere e allenarlo nel modo migliore”.
Ma cosa è oggi dell’allevamento che fu di Tesio?
Il marchese Incisa è oggi Nicolò, uno dei figli di Mario e donna Clarice della Gherardesca.
Mentre la direttrice della scuderia dal 2016, e racing manager dal 2019 è Franca Vittadini. Figlia d’arte, amazzone anche sulle piste inglesi, già allevatrice e proprietaria del Beech House Stud (sì, proprio quello di Nearco!), Vittadini è gentile e chiara nello spiegarci l’attualità della Razza Dormello-Olgiata.
“É stato fatto un ridimensionamento della parco fattrici, ne abbiamo ridotto il numero tenendo il sangue di Dormello e 14 cavalle che hanno avuto anche qualche risultato in corsa. Abbiamo aumentato molto la qualità degli stalloni, la maggior parte adesso li scegliamo all’estero: non le dico i migliori ma una fascia alta, e i risultati iniziano ad arrivare. Da queste restyling abbiamo ottenuto il primo buon risultato nel 2019, con Lamaire che ha vinto le Oaks d’Italia: da 42 anni non vincevamo una corsa così importante. Continuiamo a cercare di tenere qualità, e non più quantità. L’obiettivo è investire in nuove linee comprando giovani cavalle yearling alle aste estere per rimodernare il parco fattrici, cerchiamo di rinnovare il sangue perché alcune sono un po’ anziane e portare una o due nuove cavalle tutti gli anni rimanendo intorno a questi numeri. I nostri puledri nascono in Inghilterra, Irlanda, Francia a seconda di dove sono le fattrici in attesa dello stallone: dopo slattati vengono portati in Italia, poi a Bolgheri solo quando sono pronti per l’allenamento, adesso ce ne sono 32 in lavoro. A febbraio debutteranno alcuni puledri di tre anni, un altro che ha perso di corto muso al Criterium di Pisa correrà questa primavera. Poi c’è Tempesti, vincitore di 2 corse a due anni e prospetto classico: vedremo come andrà”.
E intanto i cavalli della Razza Dormello-Olgiata continuano a galoppare: una lunga, bellissima, quasi magica corsa.