Oristano, 21 giugno 2024 – Sabato 29 e domenica 30 giugno prossimi, in località “Su Dominariu” a Laconi, si terrà la 27^ Mostra Mercato del Cavallo.
Da ricordare che nell’occasione la mattina del 30 giugno avrà luogo la 2^ Rassegna del Cavallo del Sarcidano organizzata da ANAREAI (Associazione Nazionale Allevatori delle razze Equine ed Asinine Italiane), l’Associazione Allevatori della Regione Sardegna, il Comune di Laconi, l’Associazione Ippica Laconese ed il sostegno della Regione Sardegna per il tramite dell’Agenzia Agris Sardegna.
Qui troverete informazioni più dettagliate sulla festa, intanto noi vi raccontiamo la storia di questi incredibili cavalli, che i nostri lettori più affezionati ricorderanno di aver letto sul numero di Cavallo Magazine di febbraio 2024.
Una storia lunga trecento anni che non vuole finire
Cavalli nobili, allevati su misura per cavalieri veri che da sempre vivono con loro: come quelli sardi, principalmente di elegante derivazione Anglo-Araba.
Ma anche quelli sfuggiti al controllo selettivo dell’uomo conservano una finezza che li fa guardare sempre con ammirazione.
Come i cavalli selvaggi che vivono sull’altopiano del Sarcidano, sopra Laconi, in provincia di Oristano: una popolazione limitatissima, protetta dai boschi di lecci tra i quali vivono ormai da trecento anni.
Sia le analisi genetiche che la memoria degli allevatori locali li fanno risalire a soggetti importati dalla Spagna dagli Aragonesi: non i sontuosi Andalusi ma piccoli cavalli di montagna, resistentissimi e frugali.
Hanno caratteristiche metaboliche stravaganti, a loro mancano la maggior parte dei marker comuni ad altri tipi equini.
La loro storia, cominciata tre secoli prima che avessero un nome specifico e più personale del semplice ‘achettas’ che in Sardegna contraddistingue i cavalli di piccola taglia, la può raccontare solo chi li conosce da sempre.
Come Fausto Fulghesu, ex-sindaco di Laconi che la narra come fosse un romanzo.
«La prima citazione spetta sicuramente alla Famiglia Corongiu» spiega Fulghesu, «allevatori di questi Cavalli da 300 anni come come ama ricordare Dino, l’ultimo allevatore dei Sarcidano della famiglia. A lui e ai suoi avi il nostro ringraziamento per la perseveranza avuta nel portare questi cavalli fino ai giorni nostri. Questi animali, da sempre, sono stati allevati nel vasto territorio che qui a Laconi chiamiamo su Sarcidanu. Erano allevati in branco e al libero pascolo, soprattutto per essere impiegati come forza lavoro; infatti da maggio a settembre venivano utilizzati principalmente nelle aree agricole del Campidano per le operazioni di trebbiatura del grano, dell’orzo, delle fave che si svolgevano anche con dieci cavalli. Nelle aie giravano attorno ad un palo centrale a cui erano attaccati dall’alba al tramonto, era necessario che ci fosse l’avvicendamento tra i cavalli: quello più distante dal palo, che necessariamente percorreva un perimetro molto maggiore di quello al centro, dopo un po’ di tempo veniva sostituito con il primo della catena che era più riposato e rifocillato, perché essendo vicino al palo aveva un andatura più lenta e riusciva anche a nutrirsi dell’alimento che stavano trebbiando, mentre gli altri cavalli affiancati avevano un andatura sempre più sostenuta man mano che si allontanavano dal centro.
Gli altri utilizzi di questi animali erano sia per la sella che come animali da soma e da carne.
Tra le persone che più hanno contribuito alle ricerche su questi Cavalli una menzione speciale spetta al compianto Profesor Mario Cancedda, della Facoltà di Veterinaria dell’Università di Sassari, e al ricercatore Paolo Valiati del Laboratorio di Immunogenetica Equina dell’Università di Milano.A loro dobbiamo il riconoscimento di avere per primi lavorato per approfondire la ricerca e gli studi su quel branco di Cavalli, allora senza nemmeno un nome specifico, che oggi conosciamo come Cavalli del Sarcidano. Gira da noi in paese, a Laconi un aneddoto sul fatto che alla fine degli anni ’80 furono avvistate delle persone che, tenendo in mano una mela o un po’ di fieno, cercavano di avvicinarsi e familiarizzare con il branco dei cavalli selvatici. Queste persone erano proprio Cancedda e Valiati, e questo episodio ci fa capire quanto fosse grande la loro determinazione nell’approccio a questi animali per poterli meglio conoscere e studiare. Nel 1995 questi studiosi assieme a Dino Corongiu contattarono l’amministrazione comunale di Laconi per illustrare studi e ricerche fatti, dai quali risultava che eravamo di fronte a una biodiversità animale che necessitava di studi approfonditi, e doveva in ogni modo essere tutelata e salvaguardata. Quell’anno durante la quinta edizione della Mostra Mercato del Cavallo di Laconi si tenne il Convegno dal titolo “Tutela e valorizzazione del Cavallo del Sarcidano”, nome che nel 2005 gli verrà attribuito ufficialmente». Ed è l’attuale sindaco di Laconi, Salvatore Argiolas, a parlarci del futuro di questi cavalli.«Il lavoro scientifico è indispensabile per creare la coscienza comune dell’importanza di questo cavallo. Avevamo perso la speranza, il Sarcidano era in completo stato d’abbandono col rischio di perdere le specifiche particolari di razza perché andava a incrociarsi anche con altri cavalli. Ma anche per il pericolo causato alla circolazione stradale: non avevano più nemmeno i loro spazi, erano incontrollati e in precario stato di salute. Così sono andato in audizione al Consiglio ragionale a far presente che la prima cosa da fare era la salvaguardia e la tutela di una razza importante non solo per il Comune di Laconi, ma per un’intera regione.Salvaguardia e la tutela, perché hanno bisogno di spazi. Poi di essere sostenuti anche dal punto di vista dell’alimentazione e delle cure mediche: non si riusciva nemmeno a capire chi doveva sobbarcarsi per queste spese perché è vero che il proprietario della maggior parte dei cavalli liberi è il Comune di Laconi, ma è difficile per una amministrazione locale far fronte a questo tipo di spese sul proprio bilancio. La regione ha subito colto l’aspetto prioritario che era quello della salvaguardia e della tutela, per poter continuare in seguito a parlare di cavallo del Sarcidano: perché se scompare non ne possiamo parlare più. Quindi la prima parte del finanziamento regionale sarà dedicata sicuramente a questo. Una volta che avremo messo al riparo la razza ho chiesto al mio gruppo di maggioranza di sostenermi e indirizzare le spese verso due diverse direzioni: la prima è l’approfondimento scientifico, riprendere quei rapporti con università ed enti preposti per portare a termine un lavoro che può determinare risultati importantissimi, ci sono le condizioni per dire che questa non solo è una delle razze più antiche, ma potrebbe addirittura essere la più antica tra quelle esistenti. Occorre delineare il futuro del nostro cavallo, certificare come dato definitivo le sue attitudini che al momento sono indicate come probabili.Una volta fatto questo credo che il problema della tutela non esisterà più, perché chiunque sano di mente dovrebbe farsi carico di salvaguardare un bene così prezioso e identitario non solo per Laconi, ma per tutta la Sardegna.
Vorremmo realizzare delle fattorie didattiche in modo che i nostri ragazzi per primi imparino a conoscere i cavalli attraverso di lui, e vorremmo anche portare alcuni esemplari in giro per il mondo, stiamo pensando a diverse opportunità. Poi c’è l’aspetto emozionale: per me attorno al Sarcidano c’è un forte senso identitario, un orgoglio che fa sentire anche a me che non sono un uomo di cavalli quello che potrebbe rappresentare non solo per Laconi, ma per tutta la Sardegna». Ma come è il cavallo del Sarcidano?Rusticissimo, resistentissimo, capace di sopravvivere attraverso i secoli e le difficoltà ambientali sempre uguale a se stesso: mantello baio o sauro, altezza sui 140 cm al garrese, fine nei tratti come ti immagini possa essere un nobile a cui è terminata la fortuna ma non la distinzione – teste leggere, belle incollature. Soprattutto piedi e arti impeccabili, da manuale. Sono cavalli sinceri, disponibili e prontissimi nell’apprendimento e doppiamente sardi, per ambiente e per selezione. Un ringraziamento particolare al fotografo Giambattista Ambu, che con pazienza e dedizione si è appostato per giorni, fino a quando non è riuscito a ‘catturare’ le immagini di questi cavalli capaci di vivere selvaggi, ma senza diventare aspri.
|