Oristano, 11 febbraio 2024 – Questa notte sarà una notte speciale a Oristano, in Sardegna.
Perché dopo una giornata speciale come quella di oggi -12 le stelle infilate da cavalieri e amazzoni nella Sartiglia organizzata dal Gremio dei contadini, nonostante la pioggia – non può bastare una notte qualunque.
E tra il buio e la prima luce dell’alba di domani un Componidori senza nome galopperà per le strade deserte di Oristano a benedirla, e dal mare di Torre Grande farà lo stesso per la Sardegna e il mondo intero.
E’ su Componidori del Gremio del Cavaliere Infinito, che non ha limiti né di spazio né di tempo: ci parla di lui Filippo Martinez, regista e scrittore.
Ma quella del Cavaliere Infinito è una leggenda, una favola o?…
“È una leggenda che potrebbe avere sicuramente uno spunto storico nella Peste Nera che travolse tutta Europa, e passò ad Oristano nel 1656. La Sartiglia è una giostra equestre antica, e Oristano è proprio la patria del cavallo, qui è normale vedere cavalli che passano tranquillamente anche nel contesto urbano per quasi tutto l’anno. Qui c’è davvero il culto del cavallo, la Sartiglia invade l’anno di chi vive a Oristano. Si svolge nell’ultima domenica di Carnevale ed è piena di cerimoniali anche affascinanti che sono occasioni di cene, di riunioni. E’ proprio una grandissima festa diluita nel tempo, e il cavallo ne è il protagonista assoluto, assieme al su Componidori”.
Cosa significa esattamente ‘Componidori’?
“E’ una parola di origine spagnola. Significa ‘colui che compone, che mette insieme, che armonizza’ questo evento che si divide in due tempi: una prima parte, la più classica, è la corsa alla stella. Un cavaliere galoppa a tutta velocità sulla via che passa davanti alla Cattedrale di Santa Maria – la più grande di tutta la Sardegna – e cerca di centrare con la spada una stella metallica appesa proprio davanti alla Cattedrale. Più stelle si prendono, migliori sono gli auspici per l’anno e il raccolto che verranno”.
L’altra fase della Sartiglia qual’è?
“Le acrobazie a cavallo delle pariglie formate da due o tre cavalieri che, sempre al galoppo sfrenato, cercano di eseguire le figure più complicate”.
I cavalieri sono mascherati e hanno costumi bellissimi, ma il più affascinante di tutti è quello del Componidori.
“Il Componidori è una figura ambigua, nel senso più affascinante del termine: perché è contemporaneamente uomo e donna.
Ed essendo contemporaneamente entrambi si pone su una dimensione diversa rispetto a noi comuni mortali. Non per nulla non tocca mai terra da quando viene vestito in una speciale cerimonia: passa dal tavolo della vestizione direttamente in sella, portano il cavallo vicino a lui che monta e non potrà mai scendere fino alla svestizione. Non deve toccare terra, è capitato qualche volta che il Componidori cadesse e questa è una tragedia: non ci può essere peggiore auspicio”.
Il sui cavallo sarà scelto con grande cura allora.
“Certamente: una cura particolare, e ci sono tanti allenamenti da fare prima del giorno della Sartiglia. Anche perché deve essere abituato alla folla, alla confusione e ai trombettieri e tamburini che sono la colonna sonora della Sartiglia. I trombettieri lanciano lo squillo e i tamburini rullano sommessamente all’inizio di ogni corsa e poi, quando si vede il cavaliere alla curva che immette nel lungo rettilineo della cattedrale il rullare dei tamburi aumenta d’intensità, fino all’esplosione quando c’è il contatto con la stella. Esplosione che può essere di delusione o di giubilo, in questo caso a volume maggiore”.
Su Componidori, uomo e donna insieme: forse per questo il suo costume è così complesso?
“Un cilindro e un velo da sposa insieme, una camelia all’occhiello della giacca. Tutti gli elementi che compongono il suo abito sono tradizionali e particolari, ma quello che lo caratterizza veramente è la maschera, che nel gremio di San Giovanni è di una bellezza classica, rinascimentale. Tutti i cavalieri della Sartiglia sono mascherati ma la figura del su Componidori si impone da sé proprio per il carisma. E questa maschera meravigliosa le cui orbite sembrano vuote, in quanto non sono aderenti agli occhi. Androgina, con gli occhi perduti e senza tempo, è bellissima”.
Quando è stata la prima volta che ha assistito alla Sartiglia, e visto su Componidori?
“Ero a cavallo sulle spalle di mio padre, avevo penso 3, 4 anni al massimo: mio papà era alto e io ero molto fiero di poter vedere tutto quello che succedeva come fosse al piano di sotto. Provi a immaginare trombe, tamburi, gente festante, maschere anche fuori dal circuito della corsa alla stella.
E da lassù vedi questo cavaliere, e ta te e lui non c’è nessuno, tutti gli altri sono più in basso e lui è come se passasse solo per te. È un imprinting che mi è rimasto, e da adulto ti rendi conto che la parola giusta per descrivere quello che hai sentito è ‘sacro’, individualmente sacro, come sacra è l’infanzia.
La parola ‘sacro’ è antichissima, di origine indoeuropea e significa ‘separare’, il sacro si stacca da quello che è il mondo che noi viviamo normalmente nelle convenzioni, nelle regole, nei codici. Si staccano da questo mondo i folli, i bambini e qualche volta, ma raramente, solo i veri artisti. Siamo pieni di sedicenti artisti che non si staccano per niente ed anzi sono legati al mercato, come a qualsiasi altra cosa. E invece un vero artista deve secondo me essere.
nell’animo, o recuperare o meglio ancora non aver mai perso la sua dimensione di bambino”.
Gli occhi dei bambini vedono le cose meglio di quelli di noi adulti.
“Perché trascendono le circostanze, e come gli animali percepiscono quello che le parole non dicono.E quindi questa immagine che mi ha colpito da bambino, su Componidori, è diventata la bussola etico-estetica di tutta la mia vita, l’icona, il logo del senso di sacralità nella mia vita. Poi la corsa alla stella si conclude con una benedizione fatta con la pippa de maju, che significa bambina di maggio: è uno scettro di viole e mammole, su Componidori impartisce la benedizione sdraiato letteralmente sulla groppa del cavallo quasi a voler coinvolgere, oltre che la terra, il cielo tutto e il cosmo. Ed è una cosa poetica e bellissima. Questo senso di benedizione che mi derivava dall’icona della figura del Componidori, mi ha accompagnato sempre”.
E’ cambiata da quando era bambino la Sartiglia?
“La Sartiglia è rimasta sempre viva, anche se a parere mio c’è una contaminazione dovuta alle strutture imposte dal turismo, dalle regole di sicurezza. Anche dalle sfilate interminabili che la precedono: ma ha comunque conservato la sua luce, il suo senso profondo”.
Durante il Covid non si è corsa.
“Sì è verificato di nuovo lo stesso caso della Peste Nera: è stato impossibile organizzarla. Allora, verità o leggenda che sia il Componidori, in quello scenario di morte assoluta, di contaminazioni uscì da solo nel cuore della notte e benedisse il cielo e la terra, passando davanti alla Cattedrale.
Mantenendo viva laa quintessenza di questa manifestazione che è la benedizione, e questo accogliere ed emanare auguri per tutto, e per tutti.
In questo contesto tutto diventa sacro e nella accezione più vera. Perché non è legata a una religione ma le comprende tutte e comprende anche l’essere umano. La percezione del sacro è una delle caratteristiche degli umani: gli animali, come i cavalli certamente sono sacri, ma non si sono mai posti il problema di di esserlo”.
E il Gremio del Cavaliere Infinito?
“Lo avevamo fondato con altri amici e agiva per iniziative parallele: a un certo momento ci siamo detti ‘È il momento di incarnare il Cavaliere Infinito’, che è una definizione alternativo di Componidori. Il Cavaliere infinito, dunque col suo Gremio durante il lock-down ha deciso ugualmente di correre nella notte. Alla presenza di poche persone viene fatta una vestizione in una magnifica Chiesa sconsacrata: in perfetto silenzio. Non ci sono trombe e non ci sono tamburi. Dopodiché il Cavaliere, ieratico più che mai, esce nella notte e nelle strade vuote. Davanti alla cattedrale di Santa Maria, deserta, corre e benedice: dopodiché viene caricato su un van e portato al mare, a Torre Grande che si trova a pochissimi chilometri da Oristano. Lì su Componidori, dopo aver Benedetto il contesto della città e della Sardegna correrà al galoppo. sulla battigia di tutta la lunghissima costa alla prima luce dell’aurora, così come ci siamo immaginati che abbia fatto il Cavaliere del 1656. Da lì potrà benedire tutto e tutti, tutto l’universo in questa luce tagliata, flebile, e il cavallo solleva alti spruzzi , si sentono solo il rumore degli zoccoli e del mare: ed è un incanto”.
Succederà anche questa notte?
“Sì: era stato talmente bello che abbiamo deciso di continuare questa nuova tradizione, mantenendo la discrezione assoluta, senza editti né nomi”.
Il Cavaliere Infinito è il Componidori, sia uomo che donna, al di sopra di ognuno: e abbiamo bisogno più che mai di ogni benedizione, ogni augurio, ogni galoppata che dal buio porti il mondo alla luce rosata dell’aurora.
Il Cavaliere Infinito, di Filippo Martinez
Vivo come in sogno gli uomini e le donne che sono stato.
Ho quasi perso i nomi.
Dimenticato i figli.
Sono un cavaliere infinito.
Corro,
comando,
benedico.
Con forza tengo a freno
La mia eterna paura
di cadere.
Qui la canzone