Bologna, 14 febbraio 2021 – Ci sono cose che non cambiano mai.
Come l‘amore per i nostri cavalli: quello vero, quello che sente chi li considera compagni di vita e non semplici strumenti di affermazione agonistica o sociale.
Volete la prova?
Questo mosaico romano che era stato ritrovato durante gli scavi archeologici di una villa a Cirta, oggi Costantina, nell’Algeria nordorientale.
Apparteneva a un notabile di nome Pompeianus, che come moltissimi agiati cittadini di Roma amava tenere una ricca scuderia che teneva alto il suo nome in società grazie alle corse.
Nel mosaico che risale a circa il 50 a.C. appaiono il disegno della proprietà, con tanto di palma a fare da sfondo esotico, e i ritratti dei suoi cavalli.
L’ordine e la cura che imperavano in scuderia è evidente anche dal disegno semplificato richiesto dalla tecnica del mosaico.
Ogni cavallo ha la sua bella coperta, tutti ordinatamente legati a due a due con la gassa regolamentare alla pila dove era loro somministrata la profenda e probabilmente anche l’acqua.
Altus, Pullentianus, Delicatus, Titus, Scholasticus..già i nomi ci stanno simpatici e Pompeianus ce lo immaginiamo come un signore tranquillo, che apprezza con grata consapevolezza le sue fortune.
Ma quando arriviamo a Polidox ci commuoviamo: perché nella didascalia che lo illustra c’è scritto “Vincas non vincas te amamus Polidoxe”.
Che tu vinca o che tu non vinca noi ti amiamo, Polidox.
I cavalli non cambiano mai, la gente che li ama nemmeno: buon San Valentino a tutti.
Il mosaico lo abbiamo trovato su “Il cavallo nell’antichità”, fondamentale opera di Paul Végneron