Bologna, 25 novembre 2022 – Di tanto in tanto dal web può arrivare una storia che ha dell’incredibile. Quasi una leggenda… Come quella che abbiamo scovato su un gruppo canadese che si chiama The Great American Cattle Drive ’95.
Prima di addentrarci nella narrazione, specifichiamo subito che si tratta di una storia che, nonostante l’immagine alquanto inquietante, ha avuto un lieto fine. E che il protagonista equino della vicenda – di cui purtroppo non è dato conoscere il nome – ha vissuto una buona e lunga vita. Nonostante il destino, in un certo momento della sua esistenza, lo abbia messo decisamente alla prova…
Siamo in Canada, nel distretto dell’Alberta, negli Anni 40. Nella Riserva indiana dei Piedi Neri, Frank Medicine Shield alleva i Bee Crowfoot Indian ponies, i discendenti dei cavalli impiegati dai nativi delle pianure. E la maggior parte dei cowboy della zona ne possiede uno. I cavalli vivono prevalentemente allo stato brado, e il loro unico contatto con l’uomo è legato alla marchiatura e alla castrazione.
Un giorno George Nelson decide di acquistare un cavallo da Shield: un quattro anni che, come prassi tra i cowboy, doma e inzia a lavorare da solo. Ma la Seconda guerra mondiale è alle porte… E quando riceve la chiamata alle armi, prima di essere spedito in Europa, pensa a riportare il proprio cavallo nella riserva, dove avrebbe più facilmente potuto sopravvivere ricongiungendosi al branco.
Negli stessi anni, nel 19421, vicino a Milo, si insedia un centro di addestramento per i piloti dell’aeronautica militare che, per evitare i centri abitati, spesso fanno ‘scuola’ nei cieli della riserva.
In una brutta giornata invernale, con temperature molto al di sotto dello zero (si narra oltre -30), un gruppo di pony aveva trovato riparo in una gola. Prorio dove gli aspiranti piloti stavano esercitandosi per i voli radenti. Volarono vicinissimi al gruppo dei cavalli e quindi ‘volteggiarono’ via, riprendendo quota. Tutti tranne uno. Il pilota sentì qualche cosa di strano sul timone. Non riuscì a rialzarsi come programmato e dovette inventarsi un atterraggio d’emergenza sul lago ghiacciato McGregor.
Immediatamente si mobilitaroro i soccorsi che, quando arrivarono vicino al velivolo, notarono delle evidenti tracce di sangue vicino ai motori. Il pilota capì immediatamente che, nella manovra, poteva aver urtato uno dei cavalli che aveva appena sorvolato e, cartine alla mano, individuarono dove si trovava il branco.
Neanche a dirlo, lo sfortunato cavallo che era stato urtato dal velivolo era proprio quello di George Nelson, il soldato in guerra in Europa. Al quale naturalmente non venne detto dell’incidente che ebbe modo di scoprire solo, quando rivide il suo cavallo, al suo rientro in patria nel 1946.
Quello che verosimilmente accadde fu che nella immane sfortuna di questo cavallo (essere colpiti da un aereo non è esattamente un fatto usuale…), il rigore delle temperature e la neve che riempì immediatamente la ferita bloccò l’emorragia. Il resto è da attribuire alla sua straordinaria tempra… che seppur a dispetto di un’estetica molto discutibile, gli consentì di sopravvivere.
Al suo ritorno dalla guerra, George riprese a montare il cavallo che, nelle mattinate più frizzanti, era ancora perfettamente in grado di dargli del filo da torcere.
La loro storia insieme durò ancora molto a lungo. Il pony dovette cedere solo all’ineluttabile e si spense, nel ranch di George, all’età di 24 anni.