Campobasso, 17 agosto 2018 – Costantino Occhionero ha diciassette anni, un fisico da atleta e tanta passione per computer, Dvd e nuoto.
Monta anche a cavallo, ma nel nuoto è particolarmente forte,
Costantino è un ragazzo autistico, con tutti i problemi e le delicatezze che questo stato comporta: tra gli altri, il fatto che d’estate le famiglie di chi è affetto da questa sindrome devono riuscire a riempire di attenzione, cura e attività le giornate dei loro cari che in questa stagione sono sguarnite dal sostegno che almeno fino ai 18 anni può dare la scuola.
Chi è affetto da un disturbo dello spettro autistico ha bisogno di essere seguito in modo costante, protetto e stimolato al tempo stesso secondo infinite sfumature di attenzioni, tante quante sono le persone che ne soffrono – una diversa dall’altra, ma unite tutte da una generale ipersensibilità agli stimoli esterni.
Costantino è anche figlio di una famiglia che da sempre partecipa attivamente alle Carresi: una millenaria tradizione qui in Molise, dove i diversi carri con equipaggi suddivisi per famiglie si sfidano in una corsa, generalmente lunga sui 3 kilometri e mezzo nei comuni di Chieuti, Ururi, Portocannone e San Martino in Pensilis.
A correre sono i carri, costruiti sul modello di quelli tradizionali del luogo ma molto leggeri: vengono tirati da una coppia di buoi di razza Podolica del Sud, ognuno selezionato per il modello morfo-funzionalmente leggero e adatto all’andatura che dovrà tenere in corsa, la stessa che permetteva le fughe dei grandi bovini selvatici come bufali e bisonti: il galoppo.
L‘addestramento e l’allenamento dei buoi dei Carri seguono esattamente le dinamiche di quelli dei cavalli: sono animali che convivono tutto l’anno con gli uomini, la loro vita agonistica è molto lunga e il rapporto che si forma con chi li accudisce fortissimo, ricalcando quello che legava i nostri avi ai buoi da lavoro.
Assieme ai buoi corrono anche i cavalli: una frotta di cavalieri infatti sospinge con lunghe pertiche ogni carro, per alleggerire ulterioremente lo sforzo dei bovini.
Uno di questi Carri, per la precisione il Carro dei Giovani di Ururi, ieri 16 agosto 2018 ha regalato a Costantino una emozione speciale: quella di prendere posto tra loro per lanciarsi in una corsa tra i campi, la nuvola della polvere che si allunga dietro la strada bianca come lo strascico di una sposa.
A regalare la forza motrice Battista e Aladino, rispettivamente del 2009 e del 2012: due buoi da corsa, agili e snelli come Purosangue ma sempre miti e dolci come sono i buoi.
Per l’occasione davanti a loro c’era il cateniere, una figura tradizionale fino a qualche anno fa: un uomo a cavallo che li guida tenendoli sotto mano stando davanti a loro e dando l’andatura.
Ieri il cateniere era Vincenzo Campofredano, montato su Tornado: un Purosangue Inglese ritirato dalle corse in pista e di proprietà di Eloisa Flocco, che lo monta regolarmente durante l’anno nel suo lavoro di maneggio.
Un ex-cavallo da corsa davanti, due buoi da galoppo in mezzo e dietro sul carro Costantino, con a fianco il suo papà e Felice Occhionero, il carrista dei Giovani di Ururi: l’amore per i cavalli che sono capaci di correre in pista come di diventare compagni di sport quotidiano per chiunque, l’amore per una tradizione che è quasi scomparsa come quella del lavoro con i buoi, l’amore di un padre per suo figlio e quello di tanti volontari che con il loro lavoro e i loro sacrifici giorno dopo giorno tengono in vita tutto questo.
E Costantino ieri ha riso, ha riso tutto il tempo: doveva guidare i suoi buoi gli hanno detto, e lui era concentrato su questo lavoro da svolgere.
Non c’è stata paura, non c’è stato timore, non ci sono state reazioni brusche o spaventate: solo la gioia pura che danno l’eccitazione e l’adrenalina, vedere e sentire gli animali che conosce così bene lì davanti al galoppo gli ha riempito le orecchie di un vento felice e la faccia di sorrisi.
Da qui l’idea di Giovanni Occhionero, il papà di Costantino e degli altri volontari delle Carresi: mettere a disposizione i loro carri anche per altri ragazzi autistici, e farli così sorridere come Costantino.
Una Carro-therapy, resa possibile da tutto il lavoro fatto fin qui dalla gente delle Carresi: un popolo intero che nonostante le difficoltà porta avanti una tradizione che è quasi l’unica cosa a richiamare a casa, nei paesi dove non abitano quasi più i giovani, i figli e i nipoti di tante famiglie.
Il Molise è una terra senza lavoro, spopolata, la gente va altrove a vivere e lascia qui i vecchi e i ricordi.
Ma torna per le Carresi: e se il mondo che rende possibile le Carresi diventasse anche una occasione di lavoro e inclusione sociale?
Sì, ci sono state molte polemiche sullo svolgimento di queste corse: ma quelli delle Carresi sono i primi a cercare il benessere animale, si fanno seguire dall’Università di Perugia per avere indicazioni e regole.
E se li guardate in corsa rimarrete sicuramente stupiti, tutti portano tartaruga e cap: magari ci fosse la stessa attenzione per la sicurezza individuale anche nel cavalcante medio della domenica – e se la forma è la sostanza, come dicono in Cavalleria, la cosa avrà un suo significato.
C’è tutto un patrimonio di cultura umana qui in Molise, conosciuto poco e male ma fatto di persone che hanno una passione fortissima per i loro animali, per la loro terra e le loro tradizioni e che si mette a disposizione di chi ne ha bisogno: una ulteriore dimostrazione di amore, quell’altro tipo di amore che si riflette sul nostro prossimo e che non è così facile da trovare, di questi tempi.
Per chi fosse interessato: scrivere a Giovanni Occhionero, [email protected]