Ferrara, 18 aprile 2019 – Se di una determinata razza di cavalli ti parla un loro appassionato si può anche ipotizzare una inclinazione affettiva così forte da escludere l’obiettività necessaria a dare informazioni oggettive, ne siamo consapevoli.
Per questo ci è venuta l’idea di chiedere ad una persona esperta, equilibrata e al di sopra delle parti cosa pensa (tanto per fare un esempio a caso*…) dei cavalli Bardigiani: la nostra scelta è caduta su Ignazio Buitta, geometra siciliano figlio e nipote di commercianti di cavalli, che per anni ha lavorato al fu Istituto di Incremento Ippico di Ferrara, voluto da Pulvirenti che lo aveva visto all’I.I.I di Catania, in qualità di guardia scuderia e palafreniere addetto agli stalloni.
«Gli ultimi Bardigiani acquistati per l’ex Centro Ippico di Ferrara li ho ritirati io stesso dagli allevatori del parmense. Con loro ho formato un tiro a 4 e portato una pariglia a Fieracavalli Verona» ricorda Buitta, che ancora adesso sente la nostalgia per quei luoghi, quei cavalli e quei tempi.
«Quando nel 1977 presi servizio a Ferrara» continua Ignazio, che per inciso è uno dei nostri lettori più attenti e affezionati, «ricordo che vi era un solo cavallo stallone Bardigiano, Lucifero. In seguito la Regione Emilia Romagna volle acquistare da Bardi altri soggetti da destinare all’I.I.I. per incrementare la diffusione della razza. Li andai a prelevare io, ricordo bene i nomi in quanto alcuni li addestrai personalmente: Vassil, Cato, Rinco che misi assieme a Lucifero per comporre un tiro a 4. Lo stallone Rinco al suo arrivo era semi-brado, aveva criniera e coda ultra intrecciate, fu veramente una faticaccia mettergliele in ordine e abituato come era alla monta in libertà si impennava di continuo, era sempre pronto a fuggire. Faticai non poco a renderlo più calmo a forza di zuccherini e carezze: ma per fortuna i Bardigiani sono molto intelligenti e legano benissimo con chi ha cura di loro, in più sono molto versatili ed apprendono velocemente . Una volta abituati alla vita in scuderia sono ottimi compagni per l’uomo, sia negli attacchi che a sella, per il turismo equestre come per la riabilitazione equestre e l’ippoterapia. Per me la soddisfazione più grande era quando gli stalloni, arrivati praticamente sdomi, diventavano docili: ho un tono di voce basso e questo tranquillizza l’animale, e quando lo alzo per i più diversi motivi loro comprendono il mio stato d’animo. Poi ero metodico nel lavoro, e questo aiuta molto i cavalli che hanno ottima memoria, e non dimenticano fatti e persone; i cavalli ti entrano nel cuore e spesso li rivedo nelle mie foto , se sai capirli non ti tradiranno riconoscono anche da lontano la tua voce . Ma tornando ai miei Bardigiani: Vassil era davvero molto bello, con una magnifica criniera doppia, ultra buono ed intelligente. Ma la cosa per me più divertente era che a me Rinco ubbidiva al comando della voce, mentre ad altri con difficoltà dava i piedi per pulizia o spostarsi dal box. Ma sapete perché? Mica che non avesse buona volontà: è che io li avevo abituati al dialetto siculo, e lui il “dai, molla, poggia” in ferrarese semplicemente non li capiva, perché non conosceva la lingua: quante risate mi facevo con i colleghi per questo piccolo gioco. Comunque sono ottimi cavalli, se ben curati a loro si può chiedere di tutto. E io ero geloso di loro in quanto i colleghi avevano altri cavalli per gli attacchi da portare alle varie manifestazioni ippiche. T.P.R., Avelignesi, Franches-Montagnes erano già stati assegnati agli anziani ancora in servizio quando arrivai da Palermo. Pertanto a me cui erano affidati i cavalli da sella della scuderia Sansonetto non restavano che i Bardigiani, se volevo attaccare. Il tiro a 4 di stalloni Bardigiani fu da me presentato per la prima volta in occasione della sesta Mostra Regionale delle Razze Equine a Ferrara, il 28 settembre 1986: il legno era un Dog Cart (facente parte della preziosa collezione di attacchi dell’I.I.I. di Ferrara, n.d.r.) al timone Ringo (da Alpino e Alpina) e Cato (da Leo e Pina), di volata Vassil (da Ribot e Selva) e Lucifero (da Ulisse e Stella). La pariglia della fotografia è quella che ho portato a Fieracavalli Verona del 1986: i cavalli erano Ringo e Cato. Poi il mio lavoro con i Bardigiani penso fosse quello normale, certo c’era la passione che avevamo per i nostri “colleghi cavalli” con cui si collaborava giornalmente. Scorrendo le fotografie mi ricordo anche degli stalloni Alfio e Ringo Pr 883, allevatore Gandolfini Giuseppe di Bardi. E ricordo anche le persone come il nostro Maestro di attacchi, Marino Ferretti e il direttore dell’ I.I.I. Salvatore Pulvirenti, colui che fece grande il Centro di Ferrara: meritano veramente rispetto, riconoscenza e ricordo».
Tra i ricordi di Ignazio Buitta tanti altri episodi, fotografie in bianco e nero di un tempo (e un Istituto…) che non c’è più e un mare di competenze e sapienza che ci piacerebbe raccogliere e di cui sarebbe fantastico approfittare: noi cominciamo da qua, ricordando la lussuosa criniera di Vassili e la poca propensione di Rinco al dialetto ferrarese.
*= Chi scrive per voi ha due cavalle Bardigiane, Frida e Nuvola (note anche in famiglia come “le Ragazze”) di cui è perdutamente innamorata: “sapevatelo”!