Roma, 16 giugno 2017 – Nella Capitale sembra proseguire l’iter verso la sostituzione delle botticelle con le bio carrozzelle elettriche.
Massimo Stazzi è uno dei vetturini romani che attualmente hanno la licenza di condurre il proprio attacco per le strade della città, oggi per lo più un quattro ruote modello Victoria piuttosto che i piccoli legni ottocenteschi dai quali deriva il curioso termine romanesco
«Le più grandi capitali europee hanno il servizio di carrozze per passeggeri e anche in Italia città come Siena, Palermo, Firenze, Napoli, Capri hanno le ‘botticelle’: perché questo accanimento contro i vetturini romani?» dice Stazzi mentre nelle vecchie scuderie dell’Ex Mattatoio al quartiere Testaccio veste il suo cavallo per la giornata di lavoro, «e cosa andiamo a fare nei parchi? Siamo quarantatré e l’unico parco turistico è Villa Borghese».
La sua rappresenta la terza generazione di fiaccherai in famiglia, quanti cavalli avranno attaccato alle stanghe in tanti anni? difficile che trovino attraente il mezzo strologato* a sostituirli: una (cosiddetta) bio carrozzella elettrica, ritenuta più sostenibile e dolce di un mezzo ippotrainato.
Ora, al di là di ogni altra considerazione, pare piuttosto assurdo ritenere un mezzo elettrico più biologico e naturale di un cavallo che va a biada e fieno: le batterie che lo alimentano non produrranno sul posto smog (e tantomeno fiante), ma per essere ricaricate devono comunque sfruttare procedimenti inquinanti.
Per dire: secondo uno studio dell’Istituto di energia dell’università del Michigan, una singola ricarica per l’automobile elettrica consuma tanto quanto un frigorifero in un mese e mezzo di funzionamento.
Tra gli estremismi poco documentati di certe emozionate esternazioni che accusano i vetturini di torturare i cavalli con ferri atroci in bocca e 800 kg. di peso sulla groppa (trainarli è ben diverso dal trasportarli) ed episodi di cui sono state effettivamente vittime i cavalli nell’esercizio del loro lavoro (incidenti causati dal traffico o dal caldo, per esempio) noi crediamo esista un giusto mezzo: l’utilizzo consapevole del compagno di lavoro cavallo, con tutta la dovuta attenzione al suo benessere.
Esami radiografici e certificati clinici alla mano, i vetturini romani vogliono far sapere che i veterinari dell’Università di Teramo dichiarano che «i cavalli si trovano in ottimali condizioni di salute e hanno perfettamente tollerato il lavoro al quale sono stati sottoposti».
«Tante persone pensano che il cavallo porti in groppa tutto il peso della carrozza – dice Augusto Celli, vetturino- ma in realtà il suo unico peso è il finimento di circa otto chili, niente per un cavallo. Abbiamo una lunga tradizione e amiamo molto questo lavoro, non arrechiamo nessun danno ai cavalli né alla città e amiamo il nostro animale: per quale motivo dovremmo cambiare lavoro?».
Al momento, pare che l’idea di convertire la licenza della botticella in una per taxi non attiri nessuno: abbiamo qualche perplessità anche sul fatto che molti turisti possano sentirsi allettati da una gita su di una bio carrozzella elettrica tra le vie della Capitale, ma potremmo sbagliarci.
Il mezzo ha un aspetto obiettivamente accattivante, ma sembra nient’altro che la versione moderna di una delle primissime automobili, che a loro volta richiamavano terribilmente quello di una carrozza desolatamente priva di cavalli: che fascino avrebbe una gitarella per Roma su una macchina scoperta qualsiasi, senza quel po’ di eccezionale regalato dal farsi scarrozzare da un cavallo in carne e ossa?
In ultima battuta un pensiero sull’eventuale futuro destino dei quaranta cavalli romani licenziati: non siamo del tutto sicuri esistano ammortizzatori sociali per loro.
Speriamo bene.
Fonte: Ansa