Milano, martedì 26 novembre 2019 – Il nome è Centro Ippico Brianteo, ma tutti l’abbiamo chiamato sempre e solo Birago. Semplicemente Birago. Cioè con il nome della località (oggi in provincia di Monza e Brianza, un tempo Milano) in cui sorge la struttura. Basta pronunciare questa parola – Birago – per avere subito in mente con estrema chiarezza le immagini di pezzi importantissimi della vita e della storia dello sport equestre italiano. Negli anni Settanta e parte degli Ottanta, quando i grandi concorsi nazionali non erano molto frequenti, Birago era sede di un Formula 3 (il livello massimo) che raccoglieva tutti i più forti cavalli e cavalieri azzurri perché era una delle ultime tappe di preparazione e di selezione in vista dello Csio di Roma. Era un passaggio obbligato, una specie di… strettoia dalla quale dovevano transitare tutti i pretendenti a un posto nel gruppone azzurro per Roma. Birago incuteva quasi soggezione per questo: e per via anche dei suoi impianti sontuosi e all’avanguardia in un momento storico in cui in Italia non si contavano molte strutture di tale livello e qualità. Birago, Castellazzo… erano nomi mitici, che si collegavano all’immagine di alcuni tra i più grandi uomini di cavalli del nostro Paese. Sì, perché se Castellazzo voleva dire senza alcun dubbio Graziano Mancinelli, Birago era la casa in diversi periodi di due famiglie particolarmente significative della nostra equitazione: i Bussu e i Nuti. Antonio Bussu, per anni caposcuderia al Brianteo con i suoi figli Francesco e Dante e Giovanni che lì sono cresciuti per diventare poi veri protagonisti sulla scena dello sport a vario titolo. E poi Romano Nuti, a lungo direttore tecnico del Brianteo, padre di Giorgio e nonno di Paolo: tutti uomini che vi hanno lasciato il segno.
Però l’uomo che più tra tutti ha avuto senso e significato per Birago (cioè… per il Brianteo) è ovviamente Enrico Bedini. Fondatore e proprietario del centro insieme al fratello Enobaldo. L’uomo che ha voluto che il Brianteo fosse fin dalla nascita ciò che poi è realmente stato e continua a essere. L’uomo che non ha avuto esitazione alcuna nel 1985 a offrire il suo centro ippico come sede della tappa di Coppa del Mondo di salto ostacoli, evento senza più casa dopo il terrificante crollo del Palazzo dello Sport di Milano a seguito di una immane nevicata… Bedini è un cognome che è inscindibilmente legato al Brianteo, ovviamente. Oggi è Manuela la presidente, la donna che dirige le sorti di questo meraviglioso impianto: proprio lei, la figlia di Enrico, la prima donna nella storia capace di vincere il titolo di campione d’Italia assoluto di salto ostacoli (nel 1994 a Bagnaia).
Manuela Bedini ha voluto festeggiare ieri sera un anniversario davvero speciale: i cinquant’anni del Centro Ippico Brianteo. Una bellissima serata che in modo quanto mai significativo si è svolta in maneggio… In senso letterale: cioè non nei locali della clubhouse o nel ristorante, no: proprio in maneggio, dentro il maneggio coperto. Con un allestimento bellissimo che ha utilizzato gli ostacoli per delimitare la porzione di spazio arredata con grande e semplice eleganza per questa specialissima occasione. “Quello che è stato Birago nei primi cinquant’anni della sua vita lo sappiamo tutti: quello che sarà è una sfida e una scommessa tutta da costruire”, ha detto Manuela Bedini lanciando un messaggio romantico e pragmatico al tempo stesso, interrotta da uno scrosciante applauso. Birago, cioè il Centro Ippico Brianteo, è ovviamente un’invenzione e una creatura della famiglia Bedini: ma per ciò che rappresenta e per il significato che ha avuto nella vita del nostro sport è di certo qualcosa che appartiene anche a tutti noi.
IL RITRATTO DI ENRICO BEDINI
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