Bologna, martedì 18 agosto 2020 – Il brano che segue è un estratto del capitolo dedicato alle Olimpiadi del 1948 nel volume “D’Inzeo – Piero e Raimondo: due fratelli, una leggenda” (Grafiche Zanini, Bologna, 2017)
Il completo dunque si inaugura ad Aldershot con la prova di addestramento il 10 agosto. La squadra italiana agli ordini del colonnello Dino Ferruzzi si presenta con Fabio Mangilli, 37 anni, su Guerriero da Capestrano, il capitano Eugenio Montessoro, 36 anni, su Tic Tac, e Raimondo dʼInzeo, 23 anni, su Regate (questo il loro ordine di partenza: Montessoro e Raimondo in rettangolo il giorno 11): due cavalli di proprietà privata, Guerriero e Tic Tac; uno del Coni, Regate. Mangilli e d’Inzeo sono due dei soli quattro civili sul totale di quarantacinque concorrenti. Per il giovanissimo Raimondo lʼeccitazione è alle stelle: lʼunica volta che aveva lasciato lʼItalia era stata per andare a Ginevra… Adesso invece non solo ha affrontato il lunghissimo viaggio in treno, ma per giunta per approdare in una città che lo impressiona profondamente per quanto tutto appare diverso da Roma e da Milano.
I cavalieri azzurri vengono alloggiati presso gli impianti di una accademia militare, insieme a tutti gli altri concorrenti: ciascuno con una stanza personale. Momenti bellissimi di condivisione, anche se teoricamente tra avversari sportivi: ma prima di tutto uomini e ragazzi che condividono un immenso amore per i cavalli e per lo sport equestre. Per Raimondo un piccolo problema: abituato alla cucina di mamma Zoraide e ai suoi amatissimi piatti di pasta al sugo di pomodoro, il cibo lascia un poʼ a desiderare…
La giuria dellʼOlimpiade di completo è composta dal generale belga Landrain, dal presidente della Fise conte Ranieri di Campello, dal capitano svizzero Sarasin. Per la prova di addestramento siedono rispettivamente in A, in C e in E: se da un lato non si può che apprezzare la considerazione della quale gode Campello che sedendo in C (dunque a metà del lato corto opposto a quello di ingresso nel rettangolo) agisce da presidente di giuria, dallʼaltro non si può fare a meno di notare la ‘curiosaʼ dislocazione delle postazioni di giudizio, con il giudice in A esattamente dalla parte opposta di Campello e il giudice in E come unico e solo su di un lato lungo
Il primo degli italiani è dunque Mangilli: che con Guerriero da Capestrano porta a termine una prestazione eccellente tanto da guadagnare infine la terza posizione al termine della prova di addestramento a soli sette punti di distacco dal primo, il francese André Jousseaume su Gigolo, mentre al secondo posto si inserisce lo svizzero Anton Buehler su Amour Amour; Eugenio Montessoro su Tic Tac (sotto un diluvio continuo) termina al trentatreesimo posto a sessantasei punti dalla vetta, Raimondo su Regate al ventiseiesimo distaccato di cinquantuno dal vertice.
Complessivamente si tratta di un risultato che lascia aperte molte possibilità alla squadra azzurra, sempre che le cose vadano al meglio nella prova di fondo, in calendario il giorno 12 agosto dopo che il 9 tutti i concorrenti avevano potuto effettuare la ricognizione dei tracciati. Una prova che si sviluppa su un totale di trentatré chilometri e mezzo, dei quali tre e mezzo per lo steeple e otto per il cross su trentaquattro ostacoli; la velocità per le due marce viene portata a 220 metri al minuto (contro i 240 stabiliti in occasione dei Giochi di Berlino nel 1936). La difficoltà maggiore, e universalmente riconosciuta, è però data dal terreno pessimo: sabbioso e pieno di sassi, niente a che vedere con lʼimmagine classica e tradizionale dei prati verdi e morbidi della campagna inglese; e in più almeno il settanta per cento del tracciato è in dislivello, talvolta molto accentuato. Mangilli guadagna 33 punti in steeple (si calcolano sullʼanticipo con il quale si giunge allʼarrivo) ma poi viene penalizzato di 20 in cross agli ostacoli (una fermata); Montessoro ne guadagna 24 in steeple per poi essere ugualmente penalizzato di 20 agli ostacoli in cross. Infine Raimondo: il giovane cavaliere azzurro ligio agli ordini di scuderia impartiti dal colonnello Dino Ferruzzi non forza assolutamente Regate e in steeple i punti guadagnati sono 6; poi termina il cross senza alcuna penalizzazione agli ostacoli ma con ben 70 punti di penalità sul tempo: forse a causa non solo dellʼeccessiva circospezione, ma anche per la poca esperienza di situazioni del genere, dato che non è per nulla facile galoppare su lunghe distanze consapevoli della situazione del cronometro, se non lo si è fatto almeno qualche altra volta in precedenza. Comunque lʼItalia mantiene una posizione interessante nella classifica provvisoria: il vertice non è per nulla lontano, con ancora una prova a disposizione.
Arriva quindi il giorno decisivo, il 13 agosto: la prova di salto ostacoli definirà una volta per tutte la graduatoria sia individuale sia a squadre. Il percorso si compone di dodici ostacoli: non pare particolarmente difficile, come è giusto che sia. I cavalieri azzurri sono ottimisti: probabilmente si riuscirà a rimontare qualche posizione. Raimondo d’Inzeo ascolta Mangilli e Montessoro con attenzione e rispetto. Naturalmente pende dalle labbra di Dino Ferruzzi, il quale – conoscendo ormai bene il temperamento focoso del giovane cavaliere – gli raccomanda semplicemente di fare nulla più del dovuto, di limitarsi a controllare la situazione, di mantenere un giusto distacco dagli eventi in modo da rimanere presente a sé stesso.
Il primo degli azzurri ad affrontare lʼimpegno è ovviamente Fabio Mangilli, essendo il concorrente azzurro con il miglior punteggio: Guerriero da Capestrano commette due errori, e in più ci sono due punti sul tempo massimo. Peccato: ma su trentotto partenti alla fine solo otto saranno i percorsi netti… Poi è la volta di Raimondo d’Inzeo: lʼultima prova della sua prima Olimpiade… Regate fa tutto bene, ciò nonostante gli errori sono tre: forse stanchezza, forse mezzi non eccelsi, sicuramente cavalla più adatta a saltare in cross che non in salto ostacoli. Ma ancora una volta: non tutto è compromesso, le barriere cadono anche per gli altri, il podio ormai è difficile raggiungerlo, ma stare nei primi cinque non è affatto impossibile.
È la volta di Eugenio Montessoro. Percorso decisivo per lʼesito finale dellʼOlimpiade azzurra. Il capitano e Tic Tac cominciano il loro percorso: saltano il primo ostacolo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto… tutto bene, meravigliosamente bene, Tic Tac dimostra di non aver alcun problema e Montessoro lo monta con calma e precisione. Saltano il numero otto, mancano solo quattro ostacoli alla fine, ma… suona la campana della giuria… ! «Il capitano Eugenio Montessoro è eliminato per errore di percorso». Montessoro si ferma attonito… Come errore di percorso? Come è possibile? Certo, è impossibile: Montessoro non ha affatto sbagliato percorso…
La spiegazione dellʼaccaduto ha dellʼincredibile. Tra lʼostacolo numero sette e il numero otto, posti in una linea leggermente spezzata, praticamente una dirittura non troppo… dritta, cʼera un vaso di fiori. Che fungeva da passaggio obbligato. Ovvio: per andare dal sette allʼotto non si poteva che passare ‘obbligatoriamenteʼ di fianco a quel vaso di fiori… ! Sul grafico consegnato ai concorrenti era chiaramente indicato che il vaso doveva essere lasciato sulla sinistra, quindi – in sostanza – bisognava superarlo a destra. Ma poi, inspiegabilmente, allʼinizio della prova il grafico era stato modificato in senso opposto (chissà perché poi… ) per cui il vaso lo si sarebbe dovuto superare a sinistra quindi lasciandolo sulla destra del cavallo. Della modifica non si dà notizia alcuna, salvo affiggere un pezzo di carta con la segnalazione ad un paletto del cancello di ingresso del campo di gara. Ovviamente cʼè chi se ne è accorto e chi no: chi è stato informato dai propri compagni e chi no. Montessoro né lʼuno né lʼaltro: e come lui altri tre concorrenti, lʼargentino Sagasta, il danese Mikkelsen, il finlandese Haanpaa, tutti eliminati – e con loro le loro squadre – per errore di percorso. Tra i cavalieri azzurri cʼè proprio un malinteso assurdo, come racconta lo stesso Montessoro in una lettera inviata allʼamico Giuseppe Veneziani il 12 ottobre 1984, ricordando lʼaccaduto ancora molto vivo (e per forza… !) nella sua memoria: «Ad un certo momento mi vedo avvicinato da Fabio Mangilli sul suo Guerriero da Capestrano al trotto e senza fermarsi a dirmi: “Eugenio, lo sai bene il percorso?”. “Ma sì Fabio, certamente!”, rispondo. Era ovviamente tutto in buona fede pensando che io fossi al corrente del misfatto avvenuto. Ma a parte il macroscopico fallo della giuria, poteva ben dirmi il buon Fabio: “Sai, Eugenio, che anziché lasciare alla tua sinistra il vaso di fiori devi lasciarlo alla tua destra?”. Abbiamo subito reclamato, ma niente da fare».
Certo, tutte le squadre interessate fanno reclamo: e la cosa stupefacente è che tutti i concorrenti – nessuno escluso – testimoniano e sostengono la fondatezza del reclamo. Ma è inutile: la giuria di terreno conferma nonostante il parere ovviamente contrario di Ranieri di Campello (e qui non cʼentra il campanilismo, ma solo la ragione… ), la giuria di appello conferma. Lʼunico risultato che si riesce a ottenere è la solidarietà che la Fei esprime ufficialmente alle nazioni colpite da tale scelleratezza in occasione del congresso che si sarebbe tenuto dal 9 allʼ11 novembre a Parigi… Una beffa. Soprattutto perché – dati alla mano – Montessoro avrebbe potuto chiudere perfino con tre errori sugli ultimi quattro ostacoli che lʼItalia sarebbe stata al quarto posto: su quattordici squadre. Un risultato certo molto positivo, soprattutto calcolando le premesse e la storia di avvicinamento a questa Olimpiade. E che sarebbe stato del tutto meritato in ragione delle prestazioni offerte dagli azzurri sul campo. Invece…