Bologna, 9 agosto 2020 – Che il mondo delle competizioni stia cambiando è oramai cosa certa. E, secondo chi scrive, il Covid è solo una concausa accidentale, un po’ come l’eccidio di Sarajevo per la Grande Guerra.
Cambiata la formula dei Weg, cambiati i circuiti internazionali, cambiati i grossi ‘assoli’ di un pugno di gare di fama planetaria.
E poi la pandemia, che con il crollo economico cel ‘sistema-gare’ ha quasi posto un sigillo…
Quasi.
Perché come ogni volta che si arriva a una svolta (né lo sprofondo né un picco, bensì solo un cambiamento radicale), rimane la voglia di un potente colpo di coda che riapra la partita. Si parte alla ricerca di quell’idea (e ce n’è sempre una) che contribuirà a far riprendere il volo all’intero comparto.
In questi giorni molti appassionati hanno potuto narrare agli amici la bellezza delle gare a Cervia, in Germania a Verden si sono svolti seppur a segmenti, i campionati dei tre e quattro anni dove hanno sfilato soggetti meravigliosi… E che dire dello svolgimento coraggioso dei Campionati d’Europa Giovanili?
Cosa più di questo è lì per testimoniare il desiderio e il bisogno di andare avanti?
Dalla Gran Bretagna ci arrivano le parole di Dane Rawlins, colei che nel 1993 fondò la più importante gare internazionale di dressage del Regno, con sede a Hickstead seppur indipendente dal celeberrimo concorso di salto.
«Non sono pronta a ritirarmi. Studieremo qualcosa di diverso»…
Il commento arriva a seguito dell’ufficializzazione della fine dei rettangoli a Hickstead, determinata dapprima da endemiche difficoltà economiche – come dichiarato dalla stessa Rawlins – e solo in seconda battuta dalla pandemia.
Un’altra brutta notizia? Non necessariamente. Come sempre dipende da come si vuol guardare il bicchiere. Se come si è detto tutto sta inevitabilmente cambiando, allora che cambiamento sia.
Veloce, sensato, rispettoso dei cavalli, consapevole delle economie e dei mercati e condotto dalla stessa passione che ha portato l’equitazione fino a… ieri.