Bologna, 2 settembre 2019 – Leggerezza, tatto, sensibilità: queste sono le parole chiave universalmente legate a Nuno Oliveira, cavaliere portoghese nato a Lisbona nel 1925 e morto a Perth, in Australia, nel 1989.
Ma per descriverlo veramente occorre aggiungerne tre: passione, fascino, emozione.
Perché Oliveira era latino nel senso più fine del termine, un uomo che aveva fatto della sua capacità di sentire lo strumento principale della sua Arte e del suo mestiere.
E che era l’ultimo allievo di una lunga stirpe di maestri che veniva direttamente dalla scuola di Versailles: cominciò a montare sotto la guida di Joaquim Goncalves de Miranda, suo parente ma soprattutto uno degli ultimi écuyer della Casa Reale portoghese.
L’equitazione praticata ed insegnata da Miranda risaliva direttamente a quella accademica francese, portata in Portogallo ai tempi de La Guériniére: tra i suoi maestri anche James Fillis e il generale Vito Moreira, che aveva studiato tre anni a Saumur.
I talenti naturali di Nuno Oliveira fecero il resto: una sensibilità equestre superiore, grande tecnica e insieme la capacità di unire due scuole diverse come la francese classica e quella di Baucher per ottenere (o cercare di ottenere) l’equitazione che voleva, i cavalli come li voleva sentire e vedere – i suoi amati Lusitani incrociati con l’Anglo-Arabo, i più morfologicamente adatti al lavoro che intendeva fare e non per nulla i più utilizzati dai cavaleiros portoghesi.
E poi la sua personalità: affascinante, calda, mediterranea.
Un cavaliere capace di studiare i grandi classici senza lasciarsi irrigidire dalla tecnica, che non riuscì mai a tenere soggetti di grandissima qualità sotto la sua sella – doveva venderli, di questo viveva la sua famiglia – e che probabilmente non raggiunse mai il vero obiettivo di tutta una vita: lui inseguiva una sensazione, il momento perfetto in cui chiedere ad un cavallo un certo movimento e voleva ottenerlo davanti ad un pubblico che lo apprezzasse e capisse.
Solo allora era felice, nel piccolo spazio di tempo in cui sentiva di aver incanalato nel modo giusto l’energia, il movimento e l’orgoglio del cavallo che montava, e che diventava anche il suo.
Aveva un senso della dignità così forte che rifiutò di accettare l’incarico di giudice internazionale di dressage offertogli dalla Fei: lui, messo alla pari con persone che non avevano mai addestrato un cavallo in vita loro? No, grazie.
Durante l’ultimo periodo della sua vita scivolò verso una deriva non felice; quando morì in Australia, durante un tour di lezioni, era in così gravi difficoltà economiche che la famiglia ebbe problemi a far rientrare in patria la salma.
Ma per i cavalieri di oggi è rimasto quello che apparve ai francesi nel 1964, quando il redattore capo de L’Eperon lo presentò al mondo equestre d’Oltralpe – Cadre Noir di Saumur in testa: il cavaliere portoghese dal quale gli aspiranti écuyer potevano imparare a montare a cavallo.
Tutti gli scritti di Oliveira in Italia sonon editi dalla casa editrice Equitare