Bologna, mercoledì 9 dicembre 2020 – Dressage e giudici: un rapporto in continua evoluzione, ma da sempre un rapporto non facile, come nel caso di qualunque sport in cui gli atleti e le loro prestazioni vengono sottoposti a valutazioni soggettive e discrezionali. Nonostante la soggettività e la discrezionalità siano ovviamente incanalate il più possibile tra gli argini delle regole e dei regolamenti, dei punti di riferimento, dei codici e dei documenti. Al giorno d’oggi gli effetti controproducenti di tutto ciò – discrezionalità e soggettività – si sono molto attutiti, ma c’è stata un’epoca in cui tali aspetti hanno generato una vera e propria crisi conclamata, tanto da indurre il Cio (il Comitato Olimpico Internazionale) a prendere in considerazione perfino l’ipotesi di escludere il dressage dalla ‘famiglia’ olimpica.
La crisi si è verificata in occasione delle Olimpiadi del 1956 che per il programma dello sport equestre si disputarono a Stoccolma. Ebbene, in quell’occasione il giudice tedesco e il giudice svedese diedero ai tre concorrenti della propria nazionalità (le squadre erano composte da tre binomi) i primi tre posti della classifica valida per le medaglie sia individuali sia di squadra. In sostanza: secondo i punteggi del giudice tedesco i tre concorrenti tedeschi occupavano i primi tre posti della classifica, secondo i punteggi del giudice svedese i tre concorrenti svedesi occupavano i primi tre posti della classifica… !
E’ stata la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso abbastanza pieno di malcontento derivante da analoghe situazioni già verificatesi in passato – sebbene non in tale spettacolare evidenza – in occasione di importanti confronti internazionali. La Fei e il Cio non persero tempo: la classifica venne confermata con l’oro della Svezia e l’argento della Germania poiché non sarebbe stato possibile né annullare la gara né ripeterla né modificare le valutazioni della giuria, però i due giudici (entrambi militari con il grado di generale) vennero sospesi e soprattutto furono prese decisioni molto severe che avrebbero determinato pesanti ricadute sulle Olimpiadi successive, quelle di Roma 1960.
La prima clamorosa decisione fu che a Roma non si sarebbe disputata la gara a squadre: due partecipanti per nazione a solo titolo individuale e giuria composta da elementi di nazionalità diversa da quelle dei concorrenti. Al termine della ripresa in Grand Prix di ciascun binomio i giudici avrebbero avuto a disposizione venti minuti di tempo per confrontarsi e confermare infine le proprie valutazioni (il pubblico non avrebbe avuto nulla da fare se non attendere con pazienza… e in Piazza di Siena ci furono ben seimila spettatori!). La prova finale riservata ai migliori cinque (la ripetizione del Grand Prix) e decisiva per l’assegnazione delle medaglie sarebbe stata filmata, la videoregistrazione delle prestazioni dei cinque concorrenti finalisti sarebbe stata vista e rivista e discussa e ridiscussa dai giudici nei due giorni seguenti, il risultato sarebbe stato annunciato il terzo giorno successivo all’effettuazione della gara… tre giorni dopo! In effetti il secondo Grand Prix avrebbe confermato lo stesso risultato del primo: quindi il russo Sergej Filatov su Absent medaglia d’oro, lo svizzero Gustav Fischer su Wald medaglia d’argento e il tedesco Josef Neckermann su Asbach medaglia di bronzo.
Per fortuna le cose dopo le Olimpiadi di Roma 1960 sono decisamente migliorate: non solo a Tokyo 1964 è stata ripristinata la classifica a squadre, ma soprattutto il dressage ha avuto la possibilità di rimanere dentro il programma olimpico per arrivare sano e salvo fino ai giorni nostri… !