«Ciao!», dice lui aprendo la portiera e sedendosi in macchina.
«Hai finito?», dice lei con tono sarcastico.
«Beh sì, ho finito, se sono qui… ».
«No, fai con comodo, voglio dire… ».
«Come con comodo?».
«Hai detto che finivi alle sette!».
«Infatti, alle sette».
«Ma adesso sono le sette e venti!».
«Beh ma non è che smonti e vieni via… Alle sette finisce l’ora di lavoro, poi si va in scuderia e tutto».
«Sì sì, intanto io son qui che aspetto… fai pure, mi raccomando».
«Ma scusa, a che ora sei arrivata?».
«Alle sette meno dieci».
«Appunto, non è che sei qui da due ore… ».
«Sì, a far niente… ».
«Ma scusa, non potevi venire dentro?».
«Dove?».
«Di sopra, stavi al bar, ti prendevi una cosa… ».
«Ma sei matto? Dentro lì? Con quella puzza?».
«Ma quale puzza… ma scherzi?».
«Quella puzza di bestie… che schifo!».
«Oh senti: prima di tutto non sono bestie e poi non puzzano e poi di sopra al bar di certo non senti odori particolari!».
«Ah, adesso i cavalli non sono bestie, no, e cosa sono, spiegami… ».
«Senti, mi sembri un tantino alterata e… ».
«Certo che sono alterata: mi dici di venire a prenderti e poi mi lasci qui seduta in macchina in questo parcheggio con ‘sto odore schifoso… ».
«Senti, smettila! Prima di tutto non ti ho detto di venire a prendermi: ti ho solo chiesto se potevi farlo e tu mi hai detto di sì, quindi adesso piantala, e poi nessuno ti ha costretto a startene chiusa in macchina, e anzi adesso ti muovi per piacere o dobbiamo star qui a discutere ancora a lungo?».
«Figurati, non vedo l’ora di andarmene… anche perché sarà bene che ti togli quella roba puzzolente di dosso».
«Oddio ancora con ‘sta solfa… ».
«Beh senti hai un odore tremendo… Ma cosa hai fatto, ti sei rotolato su una di quelle bestie lì?».
«No guarda, meglio che taci… ma secondo te stando in scuderia un minimo di quegli odori ti staranno addosso no?».
«Come sarebbe a dire stando in scuderia?».
«Sì, stando in scuderia. Non so se lo sai ma i cavalli stanno in scuderia… ».
«Cioè sei andato in stalla con una di quelle bestie?».
«Senti, spiegami: hai voglia di litigare? No, dimmelo… ».
«Per carità… per carità… ».
«E allora vuoi smetterla di parlare in questo modo e di dire queste idiozie? Certo che sono andato in scuderia, non in stalla, in scuderia… finito di montare si porta il cavallo in scuderia e si sistemano un po’ di cose… ».
«Cioè ti fanno fare anche il vaccaro?».
«Guarda, non ti rispondo nemmeno… mi sembri suonata».
«Suonata? Suonata dici? Ma ti rendi conto? Ti aspetto qui per mezz’ora chiusa in macchina e sarei suonata… ».
«Basta Laura, smettiamola per favore. Che adesso ho anche ‘sto male di schiena… ».
«Come male, perché?».
«Eh… perché ho preso una botta su un piliere prima… ».
«Come una botta su un piliere: cioè, cos’è un piliere?».
«È una di quelle cose che fanno da sostegno per le barriere».
«E perché hai preso una botta scusa?».
«Perché sono caduto andando a fare un salto e ho sbattuto con la schiena lì».
«Sei… ca-du-to?».
«Sì, una stupidaggine, il cavallo andando a saltare si è fermato, io ho perso l’equilibrio, sono caduto e ho preso questa botta e adesso mi fa un po’ male, niente di che… ».
«Cioè vuoi dire che sei andato… per terra?».
«E certo, cosa fai, cadi rimanendo in sella?».
«Oh cielo! Sei caduto, sei andato in terra… ».
«Sì, una cosa da niente».
«E non ti sei… vergognato scusa?».
«Come vergognato… Perché?».
«Tu per terra! Voglio dire: tu, per terra».
«Ma guarda che capita di cadere da cavallo, è normale, eh… ».
«E cosa ti hanno detto?».
«Ma cosa vuoi che mi abbiano detto? Quando il maestro ha capito che non mi ero fatto niente me ne ha dette di tutti i colori, io sono rimontato e sono tornato a saltare, fine della storia».
«In che senso di tutti i colori?».
«Ma niente, mi ha detto cosa avevo sbagliato e perché… ».
«Ma questo non è… di tutti i colori».
«Massì, un po’ più animato… sai come è lui».
«Mi dispiace, io non so come è lui per fortuna. Ma a parte questo, ti rendi conto? Il presidente della Dorkert International che cade per terra… e poi se ne fa anche dire di tutti i colori da quel pezzente… ».
«Smettila, cosa stai dicendo! Cosa dici… ma come fai a parlare così delle persone… ».
«Uh mamma mia, va beh, non sarà un pezzente, d’accordo, diciamo allora uno che passa la vita dicendo agli altri come devono fare per stare seduti sopra una bestia, così è meglio? Capirai… ».
«Tu è meglio che taci Laura, guarda. È meglio… ».
«Sì. E secondo te se quelli del consiglio di amministrazione ti vedono vestito come se fosse carnevale per terra in mezzo alla sabbia con uno che sì e no avrà fatto la terza media che ti urla contro cosa pensano, eh? Ci fai una bella figura?».
«Laura, cosa ti ha preso questa sera, mi spieghi per favore?».
«Mi ha preso che non sopporto di stare ad aspettare chiusa in macchina per mezz’ora in un posto puzzolente di stalla mentre mio marito si diverte a giocare al cowboy per giunta facendo la figura del deficiente cadendo per terra con un cretino che si permette di dirgli cosa ha sbagliato e perché ha sbagliato… che figura mi fai fare, ma ti rendi conto?».
«Stai scherzando vero. Dimmi che stai scherzando… no, perché altrimenti non so… ».
«Sì, scherzando, figuriamoci. Cosa ti sarà mai venuto in mente di venire in ‘sto posto poi… Non era meglio se ti iscrivevi in palestra?».
«Senti, non so nemmeno se valga la pena dirtelo, ma montare a cavallo non è come andare in palestra!».
«Ah su questo non ho dubbi, figuriamoci!».
«E poi al di là di tutto è una cosa che mi piace, capito? Mi piace. Lo facevo da ragazzino e adesso voglio rifarlo, ok? Voglio montare a cavallo, ok?».
«Appunto, da ragazzino: adesso hai quasi sessant’anni, ti sembra normale?».
«Prima di tutto di anni ne ho cinquantaquattro, non so se lo sai, forse te ne sei dimenticata, e poi certo che mi sembra normale, mi sembra normalissimo, direi: perché, cosa c’è di non normale scusa?».
(Cosa c’è di non normale, pensa lui mentre lo dice, e chissà perché pensa anche a quella volta di… quanti anni fa? forse trenta più o meno, quella volta a cena da quegli amici poi mai più rivisti e lei era bellissima e tutti la guardavano e tutti la desideravano ma inutilmente perché lei ormai era già sua e lui lo sapeva e non aveva dato molto peso quindi a quella cosa, a quella serie di frasi che a un certo punto erano venute fuori e che in effetti lui non aveva mai dimenticato in tutti questi anni, o per meglio dire non gli erano mai uscite dalla memoria, erano rimaste dentro di lui senza quasi che lui se ne rendesse conto, ma adesso gli tornavano in mente, proprio adesso, quelle frasi, sì quando lui a un certo momento parlando di una vacanza fatta con lo zaino e la tenda e un po’ in autostop e un po’ in corriera… sì, lui raccontava e faceva ridere tutti con le avventure vissute quella volta con quel gruppo di amici e quindi tutti ascoltavano e ridevano e partecipavano e però lei a un certo punto ridendo aveva detto: «Sì, mi immagino che schifo!», e certo lo aveva detto ridendo insieme a tutti gli altri che ridevano però lui aveva pensato che forse lei avrebbe potuto dire anche un’altra cosa in un altro modo, ma l’aveva pensato in una frazione di centesimo di secondo, l’aveva pensato senza volerlo pensare, era stato un micropensiero che era venuto da solo al quale in fin dei conti non aveva dato un gran peso anche perché lei stava ridendo ed era bella più che mai, una bellezza che lasciava affascinati e poi era simpatica e poi sapeva di piacere ovviamente e allora era morbida e seduttiva e attraente più che mai, e poi avevano tutto il loro futuro davanti, e quindi lui a quel micropensiero non aveva dato alcun peso nonostante l’avesse in qualche modo un po’ colpito come una cosa stonata, fuori armonia, una cosa che non sembrava c’entrare molto ma comunque lui aveva pensato che fosse davvero una cosa senza importanza, una cosa da niente, una cosa che esisteva come se non fosse mai esistita. E invece no, ovviamente. Invece no).