Roma, 13 dicembre 2018 – E’ di pochi giorni fa la notizia dell’abbattimento di uno stabilimento balneare abusivo sul lido di Ostia, solo il primo ad essere tolto fisicamente di mezzo in modo da ripristinare il libero accesso al litorale, 12 km. di costa che ormai i romani chiamano Lungomuro, anziché Lungomare.
Ci torna in mente la magnifica Tenuta presidenziale di Castelporziano e la visita che noi di Cavallo Magazine vi avevamo fatto nel luglio scorso, il servizio era apparso sul numero di settembre della nostra rivista: e il fatto che questa riserva naturale abbia di fatto salvato l’ultimo pezzo di costa romana dalla distruzione perpetrata a mezzo cemento. Lo condividiamo con voi anche qui, vista l’attualità dell’argomento.
I Butteri del Presidente
Sono tra gli ultimi di una razza quasi estinta, perché il loro lavoro di tutti i giorni è veramente quello di effettuare tutte le operazioni di controllo, conduzione e governo del bestiame bovino utilizzando il cavallo come compagno di lavoro quotidiano: sono i butteri della tenuta Presidenziale di Castelporziano, a 25 chilometri da Roma, e sapere che qui è ancora possibile custodire questa tradizione ci fa bene al cuore.
Per noi di Cavallo Magazine è stato un onore essere invitati a visitarla: più di 6.000 ettari di estensione, una ricchezza costituita da testimonianze storiche e archeologiche, 1.000 specie botaniche e 3.000 animali impossibili da preservare in altre condizioni e che qui possono continuare a convivere nei delicati ecosistemi che si susseguono fin sulla costa protetti, grazie allo status di residenza reale prima e presidenziale poi, dalle colate di cemento che hanno annegato il territorio circostante.
Basta guardare una immagine da satellite della nostra Penisola per rendersi conto di quanto sia eccezionale questa oasi: non esiste un’altra fetta di territorio italiano che dall’entroterra si allunghi sino a lambire il mare, indenne da costruzioni e asfalto, altrettanto ricca di quel verde scuro e profondo fatto di querceta continentale che abbraccia la mediterranea, leccete e pineta.
E pascoli: quelli dove i butteri della tenuta curano vacche e cavalli Maremmani.
Le cicale friniscono impazzite sotto il sole quando percorriamo il lungo viale immerso tra i pini che porta al borgo dove ci accoglie la dottoressa Giulia Bonella, Capo del Servizio della Tenuta. Un incarico importante che per la prima volta è stato affidato ad una donna che è soprattutto – secondo il nostro partigianissimo punto di vista – una donna di cavalli: amazzone sin da ragazza, guida equestre e allevatrice che oltre alle competenze accademiche può contare anche su quel particolare tatto che il rapporto con gli animali aiuta così tanto a sviluppare, e vien buono anche nei rapporti umani.
Deve essere il lato che la accomuna, più di tutti i legami burocratico/amministrativi, ai butteri della tenuta e unisce le due facce della stessa medaglia: quella che si deve rapportare alla vita amministrativa e l’altra, che vive quotidianamente a contatto con vacche e cavalli.
Ed è dal buon lavoro di entrambe che viene reso possibile il miracolo di Castelporziano: luogo dove, grazie all’esistenza di una vasta area naturale che ripete lo schema dei grandi latifondi agricoli delle Maremme di prima della Riforma Agraria, è ancora possibile un allevamento brado condotto secondo modalità tipiche di una epoca storica che non c’è più.
Qui i butteri e i loro cavalli sono indispensabili in funzione dell’allevamento vaccino: le vacche Maremmane dalle eleganti corna a lira devono essere controllate e spostate tra i vari pascoli, muoversi a cavallo permette di farlo in modo naturalmente compatibile con il territorio e con gli armenti. Fondamentali per la realtà di oggi sono state le sagge scelte effettuate negli anni ’70, la volontà di indirizzare l’allevamento della tenuta su due razze da allevare brade e in purezza: quelle di Maremma vennero ritenute da subito le più adatte all’ambiente e in più meglio di altre avrebbero permesso di ricreare l’immagine tipica della campagna romana, così come era stata per almeno due secoli.
E’ grazie a questa lungimiranza che le vacche di Castelporziano hanno potuto contribuire in modo fondamentale al recupero della razza degli anni ’80, quando l’allevamento comune ne aveva intaccato le caratteristiche peculiari incrociandola con altre razze, più economicamente redditizie se allevate con criteri intensivi.
E qui si evidenzia l’importanza della relazione tra butteri, vacche e cavalli Maremmani: perché la rusticità e la robustezza tipiche delle vaccine Maremmane possono essere affilate e conservate soltanto con l’allevamento brado, che riseleziona all’infinito le loro qualità; e l’allevamento davvero brado è possibile grazie al lavoro dei butteri a cavallo, che così contribuiscono a conservare la preziosa biodiversità rappresentata da una razza bovina che si sta dimostrando capace di resistere, molto meglio di altre, ai cambiamenti climatici derivati dal Global Warming.
Già, il caldo, che in questo luglio bollente il sole ci picchia in testa ma non riesce a spegnere la bellezza di quello che vediamo: pascoli ricchi di erbe profumate, vacche del colore delle perle che ruminano tranquille con i vitellini che giocano intorno e il toro, un “marino” dal mantello grigio più scuro che risponde al nome di Diavolo dell’Alberese e sembra un monumento alla paternità.
E poi la mandria delle cavalle coi loro ultimi nati, lucidi come castagne appena uscite dal riccio che quest’anno l’erba è ancora verde e ricca. Gli aironi guarda-buoi che li seguono da presso si sollevano in una nuvola bianca mentre ci avviciniamo a piedi per posarsi un poco più in là, in attesa di tornare ai loro posti: gli unici che non disturbano nessuno sono loro, i tre butteri a cavallo. Vanno a recuperare le vacche nel pascolo più lontano, spostano i cavalli con calma dalla collina per farceli venire incontro e dare la possibilità a Paolo Lazzeroni, il nostro fotografo di cogliere le immagini più belle.
«Con gli animali non c’è il tempo» ci spiega Virgilio Orlandi, il capo settore dell’allevamento di Castelporziano. «Non si corre mai con loro, bovini e cavalli non devono affaticarsi inutilmente per uno spostamento affrettato o per la paura. E anche tu devi imparare a stare lì, fermo, pure quando ci sono quaranta vacche che ti vengono incontro tutte assieme al galoppo».
Stare lì, essere fermi, con la calma di chi sa quello che deve fare: la troviamo nelle parole di Virgilio e nelle azioni dei butteri della tenuta, Massimo Versari, Manuele Baffetti, Alberto Quaranta e Giovanni Fagiolo. Oggi hanno indossato la più bella delle loro uniformi, il monogramma presidenziale è ricamato in oro sul gilet chiuso da quattro bottoni. I giovani cavalli sono un po’ stupiti da questa tenuta della festa, quel cappello così bello non è lo stesso di tutti i giorni: Manuele allora se lo toglie, con tanta calma si muove dolcemente e continua ad avvicinarsi al cavallo. Si ferma, glielo lascia annusare, perde qualche minuto lì immobile che sarà tutto di guadagnato la prossima volta che il puledro vedrà qualcosa di nuovo.
I cavalli di Castelporziano sono Maremmani selezionati e le loro linee di sangue hanno una spiccata predisposizione al lavoro e all’impiego sportivo: bella taglia, ottimo modello, mantelli quasi tutti di quel bel baio scuro così apprezzato dagli intenditori, pochi e piccoli fiocchi di neve candidi a illuminare le loro fronti sotto i ciuffi di crine fino.
Nascono qui, vengono addestrati qui, alcuni sono venduti sul mercato mentre altri restano a lavorare come monte dei butteri, le femmine migliori a continuare la razzetta come fattrici. Uno strumento di lavoro antico come la nostra storia, che permette di custodire una biodiversità che potrà fare la differenza nelle sfide allevatoriali che ci aspettano nel prossimo futuro: che fortuna abbiamo ad averli ancora questi cavalli, e i nostri butteri,
I cavalli Maremmani di Castelporziano
Un nucleo selezionato di 51 soggetti iscritti al Libro Genealogico dell’A.n.a.m., morfologicamente omogeneo, riconoscibile per statura e struttura solide e armoniche. Resistenti e docili, mostrano attitudini interessanti che si aggiungono a quelle classiche del cavallo da lavoro e che hanno permesso loro di ben distinguersi: tra loro sono rappresentate tutte e 4 le linee di capostipiti maschi del Maremmano, con una preponderanza di quella di Ussero (un Salernitano dell’allevamento Moscati, poco rappresentato altrove), e 9 delle 440 femminili esistenti: Arpa3, Carmela, Bionda, 14/1976, Bandiera, Sara, Pomposina, Saetta e Stella.
I maschi, tranne rarissime eccezioni, vengono chiamati con un nome che evochi la mitologia classica: tutti i puledri approvati sono marchiati con una stella a cinque punte sulla coscia sinistra.
La nostra Tenuta Presidenziale: un tesoro tutto da visitare
Prospero insediamento già ai tempi dei romani, questa terra è appartenuta in seguito ad ordini religiosi e famiglie nobiliari che ne fecero una riserva venatoria, quindi a Casa Savoia dal 1872 sino al 1945 per poi divenire una delle tre residenze ufficiali nella dotazione del Presidente della Repubblica Italiana, assieme al Quirinale a Roma e a Villa Rosebery a Napoli. Ed è stato il Presidente Sergio Mattarella a volerne fortemente l’apertura al pubblico nel 2016, trasformandola così da ritiro esclusivo a patrimonio condiviso e fruibile da tutti: il percorso storico-artistico è disponibile da metà settembre a metà novembre, il naturalistico e l’archeologico da metà settembre a metà novembre e da metà marzo a metà giugno mentre è sempre disponibile quello accessibile alle persone con disabilità motoria nell’area di Capocotta-Riserva di Lauro. Il costo del biglietto è di 10 Euro, per ogni informazione e prenotazione visitare il sito del Quirinale o chiamare il call center, tel. 06 39.96.75.57 dal lunedì alla domenica dalle 9:00 alle 19:00
Le vacche Maremmane
Sono fatte di acciao temprato, rustiche che si accontentano dei pascoli più poveri e capaci di sopportare lunghi periodo di carenza alimentare recuperando peso e capacità riproduttiva alla ripresa vegetativa. Tradizionalmente allevate su terreni difficili e marginali, con soccorsi alimentari quasi inesistenti nei periodi critici e sostanziale assenza di assistenza tecnica, resistenti a ectoparassiti, endoparassiti e sindromi respiratorie, capaci di riprodurre e partorire senza alcuna forma di intervento umano, fornire sufficiente latte alla prole e difenderla dai predatori. Grazie alla selezione portata avanti da Castelporziano ed altri allevamenti di eccellenza la razza ha conservato i caratteri ancestrali che le consentono di garantire la presenza di attività umana a basso impatto ambientale in aree che sarebbero altrimenti destinate al degrado, costituendo di fatto un vero e proprio presidio territoriale e di monitoraggio. Senza contare che, dal punto di vista paesaggistico, un ambiente pascolato è infinitamente più bello e armonico di uno abbandonato: i bovini della tenuta a fine 2017 erano 387.
Il padiglione delle carrozze
Castelporziano era molto amata dalla famiglia Savoia, specialmente dalla regina Elena e re Vittorio Emanuele III: di gusti semplici e quasi borghesi, passavano qui molto tempo permettendo ai figli di crescere vicini alla natura, occupandosi di orto e giardino e prendendo le loro prime lezioni di equitazione. Molto bella la collezione di legni del Padiglione delle Carrozze: ci sono tutti quelli necessari alla vita sociale di una famiglia dell’alta società di allora, dalla berlina elegante al carrozzino giocattolo per i bimbi di casa.