Bologna, venerdì 3 dicembre 2021 – Siamo nel gennaio del 1935. All’ippodromo di Tor di Quinto di Roma si corre il Cross Internazionale intitolato al senatore conte Pompeo di Campello. Una corsa difficile: tracciato molto lungo, un gran numero di ostacoli non semplici tra siepi, staccionate e fossi… A un certo punto la gara sembra prendere l’indirizzo perfetto, perché in testa in sella a Guido d’Arezzo si mantiene il tenente Ranieri di Campello: il figlio di Pompeo di Campello.
Ranieri di Campello ha 26 anni, in quel momento non lo può ancora sapere ma il futuro gli riserverà un ruolo di protagonista massimo sia nello sport sia nella dirigenza sportiva: da atleta parteciperà alle Olimpiadi di Berlino 1936 in completo, nel 1937 farà parte della squadra italiana di salto ostacoli che vince la Coppa delle Nazioni di Roma e si classificherà al 2° posto nel Gran Premio di Aquisgrana, poi da dirigente sportivo – cioè reggente, commissario e presidente della Fise dal 1943 al 1959 – sarà semplicemente l’uomo che rifonda l’equitazione italiana facendola rinascere dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Ranieri di Campello e Guido d’Arezzo dunque mantengono un’andatura imperiosa, sembrano destinati a tagliare il traguardo da vincitori. Una previsione legittimata agli occhi del pubblico dall’andamento della gara… Solo che a un certo punto il cavallo che si era mantenuto nella scia di Guido d’Arezzo standogli regolarmente alle spalle cambia marcia e attacca: si chiama Fachiro, e pare avere improvvisamente più risorse a disposizione di Guido d’Arezzo. Il duello tra i due si infiamma, ma il traguardo lo taglia infine per primo proprio Fachiro… Una vittoria magnifica tenendo conto del calibro dell’avversario e del modo in cui viene ottenuta: magnifica e straordinaria, perché chi monta Fachiro è una donna, la signorina De Grandi.
L’importanza di un successo del genere ottenuto da un’amazzone spinge il presidente della Fise, Piero Dodi, ad approfondire alcune riflessioni sulle pagine della rivista Il Cavallo Italiano. Ecco le sue parole: “La vittoria di questa intrepida amazzone riapre la questione della donna nelle corse. La Sig.na De Grandi ha corso perché il cross non era retto dalla Società degli Steeple. La Società per il Cavallo Italiano (di fatto la Fise, n.d.r.) ha sempre ammesso che le donne possan partecipare alle corse Gentleman da lei riconosciute: l’Unione Ippica le ammette nelle corse al trotto montato: Jockey Club e Steeple Chases le escludono dai loro programmi. La ragione più seria degli oppositori è quella che il pubblico che gioca non si comporta sempre correttamente col cavaliere che commette l’imperdonabile errore di non averlo fatto vincere, e questo contegno, deplorevole sempre, sarebbe intollerabile quando ne fosse oggetto una donna. Su questo punto tutti devono essere d’accordo; ma a nostro avviso la questione può essere ripresa in esame (…). In Italia abbiamo oggi alcune valentissime amazzoni che possono gareggiare con gli uomini un qualunque prova – anche nelle corse – alle quali la loro presenza potrebbe forse ridare un carattere di finezza che più non hanno, ma il cui nostalgico ricordo è vivo negli animi, anche del popolo, che apprezza tuttora le prove nelle quali uomo e cavallo danno la misura del loro valore”.
Così come il tenente Ranieri di Campello in quel momento non poteva sapere quello che il futuro gli avrebbe riservato, allo stesso modo la signorina De Grandi non poteva immaginare che la sua vittoria su Fachiro avrebbe sollevato una questione così importante e significativa complici le parole del presidente della Fise in persona. Il giorno in cui la signorina De Grandi superò il tenente Campello.