Bologna, 9 luglio 2018 – Oggi è morto Hans Guenter Winkler. Al di là del dolore enorme che sempre comporta la scomparsa di una persona soprattutto per la cerchia dei familiari e degli amici più intimi, per il mondo dello sport equestre la morte di Hans Guenter Winkler rappresenta un evento epocale: rappresenta la fine definitiva e totale di un’era. Con la morte del fuoriclasse tedesco sparisce del tutto il ‘prima’: il prima di noi, quel prima fatto di campioni – cavalli e cavalieri – che hanno animato il salto ostacoli internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale fino a buona parte degli anni Settanta. Cioè un periodo cruciale per la storia del nostro sport. Quel prima fatto di simboli e figure leggendarie, nomi che al solo pronunciarli evocano suggestioni inebrianti: Pierre Jonqueres d’Oriola, Fritz Thiedemann, Francisco Goyoaga, Harry Llewellyn, Pat Smythe, Jean d’Orgeix, naturalmente Piero e Raimondo d’Inzeo… E lui, Hans Guenter Winkler, l’ultimo ad accomiatarsi da questo mondo, il simbolo del salto ostacoli tedesco, l’uomo per il quale lo sterminato pubblico dello Csio di Aquisgrana si è sempre alzato in piedi per esplodere in un applauso interminabile ogni volta, ogni volta che lui ha messo piede dentro quel mitico campo ostacoli, da concorrente prima e poi da festeggiato speciale fino all’anno scorso. Ogni anno: tutti gli anni.
Hans Guenter Winkler – nato il 24 luglio del 1926 – ha vissuto una vita lunghissima costellata di grandi gioie e di grandi dolori, ma lo sport gli ha dato solo sorrisi. Anzi, sorrisi è un po’ riduttivo tenendo conto che lui è stato il primo cavaliere di sempre capace di vincere la medaglia d’oro individuale alle Olimpiadi, nel Campionato del Mondo e nel Campionato d’Europa, emulato in ciò – molto più tardi – dal solo Jeroen Dubbeldam (per lui gli ori olimpico del 2000, mondiale del 2014 e continentale del 2015). La carriera di Hans Guenter Winkler si è svolta prevalentemente durante il periodo in cui non esistevano ancora le classifiche a squadre del Campionato del Mondo e di quello d’Europa: altrimenti il suo ricco bottino di medaglie sarebbe stato ancor più ricco. In quegli anni – dalla fine dei Quaranta fino alla fine dei Sessanta – le Olimpiadi rappresentavano certamente il traguardo sportivo più ambito, e nella competizione a cinque cerchi Winkler è stato semplicemente straordinario; dal 1956 al 1976 ha partecipato a tutte le edizioni vincendo sempre una medaglia con la squadra: quattro volte l’oro, una volta il bronzo, una volta l’argento. E poi naturalmente il trionfo del 1956: con l’oro anche individuale conquistato in sella alla leggendaria Halla, la cavalla che istintivamente si associa alla sua immagine di cavaliere. Ma il suo palmares vanta anche due titoli di campione del mondo (1954 e 1955) e uno di campione d’Europa (1957: poi argento nel 1962, bronzo nel 1958 e 1961 e 1969).
Ma come sempre nel caso dei grandi e immortali fuoriclasse (certo: oggi immortale più che mai… ) Winkler rappresenta una… dimensione che va oltre il risultato agonistico: rappresenta il simbolo. Winkler è un simbolo. L’amicizia e i duelli con i grandi campioni suoi contemporanei sono materia da romanzo. I suoi scritti (libri e giornali) sono materia di studio e riflessione. La sua vita è materia della nostra vita: perché senza di lui, come pure senza i fratelli d’Inzeo (che più tra tutti hanno rappresentato il suo riferimento e il suo avversario), non ci saremmo noi. Non in questo sport. Non così.