Bologna, mercoledì 31 luglio 2019 – Era alto e forte, con un viso dai tratti netti e scolpiti, un uomo che al solo vederlo trasmetteva un senso di autorevolezza e indiscutibilità. Salvatore Danno ci ha lasciato questa mattina: una persona che ai cavalli e allo sport equestre ha dedicato tutta la sua lunga vita. Certamente il suo nome viene quasi istintivamente associato alla sua vittoria più prestigiosa, quella nel Gran Premio Roma a Piazza di Siena nel 1969 in sella a Kim Ando, ma ovviamente la sua è stata una storia sportiva ricca di molti altri momenti significativi. A partire dall’accaduto dell’1-5 settembre 1954 a Rotterdam, quando nell’ambito dello Csio (allora Chio) d’Olanda va in scena quello che allora si chiamava Campionato Internazionale Juniores e che di lì a breve sarebbe diventato il Campionato d’Europa juniores (competizione voluta e ‘inventata’ dall’allora nostro presidente della Fise Ranieri di Campello, che la propose caldeggiandola fortemente in seno alla Fei). A Rotterdam la squadra azzurra si presenta agli ordini del capo équipe Emanuele Beraudo di Pralormo, guidata e assistita e sostenuta tecnicamente da Efisio Murtas. E’ un trionfo! L’Italia vince la medaglia d’oro battendo Germania, Olanda, Belgio e Francia grazie a una serie di prestazioni formidabili: Salvatore Danno su Querino, Giampiero Bembo su Zattera e Graziano Mancinelli su Que Cuenta chiudono i due percorsi della gara continentale ciascuno con un magnifico doppio percorso netto, mentre Monica Rapalli su Gretel rimane vittima della riviera totalizzando 12.50 penalità nel primo percorso e 3 nel secondo. Ovviamente in quel momento Salvatore Danno e Graziano Mancinelli non possono sapere che il loro destino li unirà presto in una grande storia sportiva: quella della scuderia Rivolta, una importantissima scuderia di commercio in Lombardia che proprio in Danno e Mancinelli a partire dalla fine degli anni Cinquanta avrà i suoi più importanti cavalieri per un lungo periodo. Un cavallo tra i tanti unisce in particolare Salvatore e Graziano nella loro storia professionale con Osvaldo Rivolta: Turvey, il quale inizia la sua carriera sportiva sotto la sella di Danno nel 1959 per poi passare presto a Mancinelli e con lui ottenere successi magnifici (Turvey morirà tragicamente nel luglio del 1967 a causa della rottura dell’aorta in campo ostacoli ad Aquisgrana durante il percorso del Gran Premio).
Nel 1968 Salvatore Danno comincia a montare Kim Ando, irlandese nato nel 1960 figlio di Water Serpent (come tanti dei grandi cavalli irlandesi arrivati in Italia in quegli anni: è ben vero tuttavia che in virtù della grande approssimazione per non dire totale vaghezza che esisteva allora circa le genealogie dei cavalli in Irlanda vi sono molti ragionevoli dubbi sulle paternità certificate… ), cavallo che con lui mette in mostra da subito notevoli qualità. Fino ad arrivare allo Csio di Roma del 1969, in calendario dal 26 aprile al 4 maggio, un concorso avaro di soddisfazioni per gli azzurri: in Coppa delle Nazioni ci sono eccezionalmente solo quattro squadre e l’Italia è infine terza… Le vittorie individuali in tutto il concorso sono solo tre, un misero bottino tenendo conto del fatto che normalmente i cavalieri italiani spadroneggiavano in Piazza di Siena, salvo appunto qualche edizione particolare come questa del 1969. Ma una di queste tre vittorie è la più importante di tutto il concorso: Salvatore Danno e Kim Ando vincono il Gran Premio Roma! Un successo tanto sorprendente quanto meritato, visto che il cavaliere azzurro è l’unico capace di chiudere le due manches a zero penalità… E dire che – dietro di lui – ci sono campioni stupendi, ma tutti con almeno un errore o più: in ordine di classifica il britannico David Broome su Top Of The Morning, Piero d’Inzeo su Red Fox, il tedesco Hartwig Steenken su Simona, la britannica Caroline Bradley su Franco… solo per dire i primi cinque. La vittoria di Salvatore Danno nel Gran Premio Roma rimane come uno dei successi azzurri più importanti di questo 1969, una stagione altrimenti non molto brillante per il nostro salto ostacoli. E rimane anche come il punto più alto della carriera agonistica dello stesso Salvatore Danno, un uomo che dedicherà in seguito la sua intera vita ai cavalli – ovviamente – e all’insegnamento. Una vita importante che si è conclusa questa mattina: lasciando però per sempre il ricordo di una indimenticabile pagina di grande sport.