Milano, martedì 8 gennaio 2019 – Questa mattina all’alba dei suoi 32 anni d’età ci ha lasciato Lianos, il portentoso fuoriclasse di proprietà di Vittorio Orlandi con il quale il brasiliano Rodrigo Pessoa si è laureato campione del mondo a Roma nel 1998: il più sensazionale successo tra i tanti ottenuti lungo una carriera favolosa. Una carriera – e una vita – avviata non senza qualche difficoltà… Ecco dunque la storia di Lianos.
«Io le vendo questo puledro a una sola condizione: che non faccia mai attività agonistica, né in salto ostacoli né in qualsiasi altra specialità sportiva»: così dice Anke Philipp all’acquirente di Lausbub, un baio di tre anni figlio di Landlord (1983, Landgraf I x Rushing Water xx) e di Viktoria (1983, Landego x Wahnfried). Anke Philipp ha le sue buone ragioni per porre una clausola così netta e radicale: il suo Lausbub, nato lì, nel suo allevamento nel 1987, è un cavallo deboluccio e che ha vissuto qualche spiacevole disavventura durante la permanenza in paddock con altri giovani suoi compagni. Un cavallo che a differenza di altri puledri ha fatto un po’ di fatica a crescere e a maturare. Un cavallo che però per Anke rappresenta molto, dal punto di vista sentimentale e affettivo: lei lo ha aiutato a venire al mondo con le sue mani, lui è stato il primo figlio di Viktoria, la prima cavalla di Anke nell’avvio del suo allevamento a Viking Fjord, lassù al nord della Germania, sulle pianure ventose dell’Holstein. Nonostante questo legame affettivo, però, Lausbub deve essere venduto: un allevatore alleva per vendere, se non vende non riesce più ad allevare perché l’allevamento costa. E Anke non naviga nell’oro. Lausbub lascia Viking Fjord il 5 giugno 1989 per la somma di 4 mila marchi.
Zero gare. Zero attività agonistica. Una clausola stabilita a voce, però, niente di scritto. In ogni caso l’acquirente di Lausbub intende regalare il giovane cavallo alla figlia per fare in futuro passeggiate, quindi la prospettiva per Anke è perfetta. Lausbub parte, lascia Viking Fjord e Anke da quel momento non lo rivede più né riceve più alcuna sua notizia. In un certo senso preferisce che sia così: un capitolo definitivamente chiuso.
Facciamo un salto in avanti di qualche anno e arriviamo al 7 ottobre del 1998. Geylord Philipp, figlio di Anke, è seduto in poltrona nel salotto di casa e sta guardando la televisione: c’è la diretta della prima prova del Campionato del Mondo di salto ostacoli di Roma. Arriva la volta di Rodrigo Pessoa. Geylord si prepara a gustare il percorso di questo grande campione in sella a Lianos. Lianos: un bel baio, un bel cavallo, lo speaker dice che è un cavallo che ha già qualche importante successo alle spalle. Geylord guarda e sente qualcosa agitarglisi dentro: no, non è possibile, pensa Geylord, quel cavallo… ma quel cavallo è… «Mammaaaa… !», urla Geylord scattando in piedi come spinto da una molla, «corri, vieni, corri!». Anke si precipita in salotto allarmata per le urla del figlio. «Guarda mamma», dice Geylord indicando lo schermo. Anke guarda. Geylord dice: «Ma non vedi… quel cavallo è Lausbub!». Anke ascolta le parole del figlio quasi senza capire. Guarda quel cavallo che galoppa e salta sotto la sella di Rodrigo Pessoa e pian piano nella sua mente riprende vita una fisionomia, rinasce un sentimento, si ricostituisce un insieme di pensieri e di sensazioni. Ma certo, sì, quel cavallo è Lausbub, è proprio lui: Anke adesso riconosce perfettamente quell’incollatura, quella testa, la linea di quella groppa, quel galoppo così suo, così tipico, perfino il movimento della coda, perfino l’ondeggiare della criniera. È Lausbub. O meglio, non è più Lausbub: adesso è Lianos. Non è più un cavallo deboluccio e di fisico carente: adesso è un campione affermato. Non è più un puledrino timoroso e impacciato: ora è la forza emergente, è il fuoriclasse destinato a conquistare il mondo.
Conquistare il mondo. Non è un modo di dire, perché succede esattamente questo: succede che al termine delle tre prove individuali del Campionato del Mondo di Roma 1998 Rodrigo Pessoa e Lianos sono in testa alla classifica. E poi succede che al termine della finale a quattro con lo scambio dei cavalli Rodrigo Pessoa vince il titolo di campione del mondo.
Ma se questo è l’accaduto di Roma, cioè quello che migliaia e migliaia di spettatori e di telespettatori hanno potuto vedere con i loro occhi, cosa è successo prima, perché Lausbub si è trasformato in Lianos tanto quanto un bruco si trasforma in farfalla, quali vicende hanno portato il puledrino di Anke Philipp a finire sotto la sella di Rodrigo Pessoa?
Ovviamente tutto comincia con l’ignorare la famosa clausola imposta da Anke Phillip al primo acquirente di Lausbub: il quale poco dopo rivende il figlio di Landlord perché giudicato comunque inadatto anche a fare il cavallo da passeggiata. Da lì inizia un girovagare che porta Lausbub – nel frattempo ribattezzato Lianos non si sa da chi e quando – ad arrivare all’inizio del 1994 in casa del trainer e commerciante olandese Hans Horn, il quale come cavaliere della sua scuderia a Ootmarsum in quel momento dispone del fuoriclasse ugualmente olandese Jos Lansink. Lianos dunque comincia il lavoro sotto la sella di Lansink, ma inizialmente in modo non del tutto soddisfacente, soprattutto perché si dimostra ancora immaturo dal punto di vista fisico. Ci vorranno due anni prima che Lianos riesca a dimostrare tutto il suo valore: l’inizio del 1996 lo vede vincitore di due Gran Premi internazionali consecutivi a ’S-Hertogenbosch e Zurigo, più il secondo posto ottenuto a Göteborg. Una vera e propria esplosione.
Ma non ci sarà un seguito, quanto meno non nell’immediato: perché Lansink proprio durante quella prima parte di stagione agonistica decide di lasciare la scuderia di Horn per trasferirsi a Lanaken, in Belgio, negli impianti di Zangersheide, centro di allevamento e di preparazione sportiva di proprietà di Leon Melchior, miliardario olandese poi divenuto belga. Melchior oltre a Lansink si porta in scuderia anche tre dei cavalli che Jos montava da Horn, acquistandone uno, lo stallone Aldatus, e affittando gli altri due, Dulf e Lianos. Il contratto di affitto vale fino al giorno in cui è previsto l’inizio dei Giochi Olimpici di Atlanta, ai quali Lansink avrebbe partecipato montando lo stallone grigio Carthago.
Come iniziano le Olimpiadi, Lianos e Dulf ritornano da Hans Horn. Devono essere venduti, perché Horn ha deciso che senza Lansink la sua scuderia di cavalli sportivi non può più andare avanti. Dulf prende la via della Svizzera, acquistato da Arthur Schmidt che lo consegna all’amazzone anglo-elvetica Lesley McNaught. Lianos, invece, verrà ceduto in ottobre a Vittorio Orlandi, a quel tempo deciso a trovare un cavallo di massimo livello da affidare al cavaliere azzurro Gianni Govoni.
Govoni però con il nuovo acquisto non ingrana al meglio: un po’ perché il cavallo non è fisicamente molto adatto alla sua corporatura e al suo stile di monta, un po’ perché Lianos rimane a Castellazzo (base operativa di Orlandi) mentre lui tiene casa e scuderia nei pressi di Modena, cosa per cui riesce difficile portare avanti al meglio il lavoro del binomio. Così nel giugno del 1997 la coppia si scioglie. Ma ovviamente un cavallo del valore di Lianos non può rimanere lontano dai campi di gara. Ecco dunque che tra la fine del 1997 e il principio del 1998 matura in Orlandi la decisione di affidare il suo campione al cavaliere brasiliano Rodrigo Pessoa.
Lianos dunque sbarca in Belgio, dove si trova la scuderia della straordinaria ditta Pessoa & Pessoa, composta da quei due formidabili campioni e uomini di cavalli che rispondono ai nomi di Nelson (padre) e Rodrigo (figlio). Lianos dunque diventa così il punto di incrocio di numerose nazionalità: cavallo tedesco, proprietario italiano, cavaliere brasiliano, scuderia belga…
Nel momento in cui Lianos arriva ai Pessoa, il cavallo con il quale Rodrigo prevedeva la sua partecipazione al mondiale di Roma era il baio irlandese Tomboy: ma Lianos presto fa sorgere il dubbio nella mente di Pessoa grazie a una serie di ottime gare, fino a divenire il preferito a seguito della vittoria del Gran Premio di Wiesbaden nel giugno di quel 1998 e dell’ottima prestazione in Coppa delle Nazioni a Hickstead in luglio (dove il Brasile non ottiene un buon risultato, ma la prestazione di Lianos è eccellente).
Dunque Roma. E a Roma, come sappiamo, Lianos trionfa. Sì, un vero trionfo, in un campionato tra l’altro caratterizzato dalla concentrazione di un altissimo numero di formidabili cavalli e cavalieri come forse poi non si sarebbe più verificato nelle successive edizioni della competizione mondiale. Non è l’ultima grande vittoria di Lianos, questa: in seguito ci saranno i due successi consecutivi nel Gran Premio dello Csio di Calgary nel 2000 e nel 2001, impresa mai più riuscita ad alcun cavallo fino a oggi. Ci saranno altre grandi vittorie, come quella nel Gran Premio di Coppa del Mondo a Verona nel 2002 e nel Gran Premio dello Csio di Svezia a Falsterbo nel 2003. Manca la partecipazione alle Olimpiadi, quelle del 2000. Perché i Pessoa preferiscono puntare su Baloubet du Rouet (che invece tradirà in pieno la loro fiducia con quei rifiuti inaspettati che porteranno all’eliminazione di Rodrigo), cavallo che comunque ha sempre rappresentato l’alternativa a Lianos. Togliendogli sì qualche partecipazione importante, ma nello stesso tempo permettendogli anche di preservare energie preziose per poi vincere ciò che di fatto ha vinto. Un vero gioco di squadra, insomma.
Nel 2004 arriva il momento del ritiro dall’agonismo. Lianos divide la sua pensione inizialmente tra due lussuose abitazioni, Castellazzo in Italia e l’Haras de Ligny in Belgio, le scuderie rispettivamente di Vittorio Orlandi e (al tempo) di Nelson e Rodrigo Pessoa; per poi stabilirsi definitivamente a Castellazzo e trascorrere lì gli ultimi giorni della sua vita. Giorni bellissimi: coccolato e riverito e amato come si conviene certamente a un grande campione, ma soprattutto a un vero protagonista compagno della vita di tante persone, i cavalieri che l’hanno montato e portato al successo, i proprietari e i tecnici che ne hanno gestito la favolosa carriera… Infine soprattutto Vittorio Orlandi e Nelly Mancinelli: per loro un caro vecchio meraviglioso amico, prima ancora che fuoriclasse nello sport. La grande storia di Lianos, quindi: ciò che non doveva essere e che invece è stato.