Bologna, 23 luglio 2018 – Dice Alberto Zorzi: «Quello scorso credo sia stato l’anno migliore della mia vita, e non è facile stare al vertice così, tutti gli anni. Dobbiamo abituarci all’idea che il nostro è lo sport dei cavalli e se hai i cavalli sei una star, altrimenti… Ci si prova sempre e comunque, ovvio, però è più dura».
Ma era consapevole del fatto che il 2018 sarebbe stato un po’ più difficile sotto il profilo dei risultati?
«Sì, ne ero molto consapevole. Ne avevo parlato anche con alcuni miei amici e avevo già annunciato loro che questo sarebbe stato un anno di transizione, di cambiamento. Perché ho buoni cavalli di 8 e 9 anni però ancora verdi, e di contro ho perso Cornetto mentre Fair Light ha avuto un momento po’ così e così… ma adesso lei sta recuperando. Di primissimo livello avevo solo Contanga e quindi sapevo che il 2018 sarebbe stato un anno di transizione. Lo sapevo».
Per un cavaliere del suo livello una situazione del genere psicologicamente parlando produce qualche conseguenza, qualche pensiero negativo, qualche momento di insicurezza?
«Forse un pochino, però come ho detto ero preparato a questo momento di transizione. Sapevo che sarebbe stato così. Me lo aspettavo. Certo, saperlo non ha reso le cose più facili ovviamente. Però è inevitabile, questo passaggio: e l’anno prossimo tornerò di nuovo in forma, sicuramente. Diciamo che ho sofferto un po’ il periodo di Samorin e Roma, diciamo il periodo tra aprile e maggio. Con il Global siamo partiti bene, poi un po’ di calo, adesso le ultime settimane non male, sono contento adesso. Fisicamente sto bene… ».
Beh, non male è un po’ riduttivo, forse: i risultati dei Gran Premi di Montecarlo e Chantilly sono stati in linea con quelli del 2017…
«Sì, siamo in recupero, dai… !».
Il fatto di non essere in squadra, il fatto di aver fatto Roma non certo da protagonista assoluto come nella stagione scorsa… è una cosa che condiziona la sua vita sportiva, il suo rendimento, il suo approccio alle gare e alla vita dello sport, oppure no?
«Direi di no. Mi è dispiaciuto non essere andato bene ai concorsi più importanti, soprattutto Roma, però è andata così e speriamo che l’anno prossimo vada meglio. Quello che mi ha fatto star male davvero è stata la Coppa delle Nazioni di Samorin alla quale mi sono presentato con un cavallo non pronto e ho fatto schifo… e mi è dispiaciuto da morire per la squadra, per l’Italia, per tutti noi. Per il resto, per le gare individuali… sono tranquillo, tanto ci sono concorsi a cinque stelle ogni settimana, se non è questa sarà la prossima… ».
La squadra per lei è importante?
«Tantissimo. Mi piace da morire. Ci tengo tantissimo. La Coppa delle Nazioni è sempre la Coppa delle Nazioni, c’è niente da fare».
Ma è un problema armonizzare la vita e le esigenze e le direttive di Jan Tops (il proprietario della scuderia per la quale Zorzi monta, n.d.r.) con le aspettative della Fise e del selezionatore azzurro Duccio Bartalucci, oppure no?
«Non è facile far coincidere tutto. Jan tiene moltissimo al Global Champions Tour, la sua priorità è quella. Quest’anno non ho tutti i cavalli che avevo l’anno scorso e quindi inevitabilmente si può puntare solo a un obiettivo: e quindi sul Global. L’anno scorso avendo più risorse potevo diversificare gli impegni. Quest’anno invece va così».
Diceva di Fair Light: in che senso ha avuto un momento così e così?
«Fair Light è una cavalla pur sempre eccellente ma forse un po’ altalenante… Però è un fenomeno. Quando è tranquilla e va tutto bene secondo me è tra i migliori del mondo».
Ma è vero che per la cavalla c’è un problema tra sabbia ed erba, riviera e non riviera…
«Sì, non posso negarlo, il problema c’è. L’anno scorso ha saltato benissimo la riviera in sabbia a Roma e poi a Chantilly sull’erba ha avuto delle difficoltà».
Ma da cosa dipendono queste difficoltà?
«Ah… unicamente dalla sua testa. È una cavalla talmente sensibile e rispettosa e infuocata… Femmina saura, del resto!».
E quindi non è possibile eventualmente risolverle, quelle difficoltà…
«Quando si presentano si presentano, e te la devi mettere via, non c’è niente da fare. Delle volte lei ti porta dentro i salti, delle volte ti aspetta… dipende dalla sua giornata».
Quindi non c’è una situazione nella quale si capisce che il problema può arrivare e di conseguenza fare qualcosa per prevenirlo…
«In realtà lo capisco già dal campo prova se la gara può andare bene o no, ma se sento che andrà male non c’è molto che io possa fare. Con Fair Light ho un feeling incredibile, sento tutto di lei, capisco tutto di lei, sento se farà zero o se invece ci saranno degli errori, ma pur sentendo tutto questo sono impotente quando qualcosa le gira storto».
Detto che la priorità è il Global, per Jan Tops è comunque una cosa positiva se grazie a lui e ai suoi cavalli l’Italia può avere qualche buon risultato oppure questa cosa gli è indifferente?
«No no, lui è ben contento: quando io sono in squadra per una Coppa delle Nazioni gli piace molto, ci tiene sempre che le cose vadano al meglio. L’anno scorso è venuto anche a Barcellona con il giubbotto Loro Piana, era molto calato nello spirito del team Italia».
Con lui il suo rapporto è cresciuto, migliorato, approfondito… oppure rimane sempre quello di quando lei è arrivato a Valkenswaard?
«Molto cresciuto e approfondito: adesso non siamo più boss e dipendente… Adesso parliamo, decidiamo, facciamo… no no, davvero abbiamo un bellissimo rapporto, ne sono molto felice. Anche se i risultati agonistici non sono come quelli dell’anno scorso».
Quindi è un’esperienza che continua a essere molto importante per lei, anche in vista del suo personale sogno di poter essere un giorno indipendente…
«Sì, certo. Il mio sogno è sempre quello di poter arrivare un giorno ad avere la mia scuderia, di poter gestire le cose e fare un po’ come mi pare, e quindi tutto quello che sta accadendo adesso è un grande arricchimento di esperienza in vista del momento in cui la situazione e le mie capacità mi permetteranno di realizzare quel sogno».
Parliamo del Campionato del Mondo di Tryon…
«Al novantanove per cento no. Non mi va di far fare diecimila chilometri a Fair Light per poi arrivare lì e magari fare due errori il primo giorno… Non serve a niente. E poi lei è destinata principalmente al Global quest’anno. Ego van Orti non è al cento per cento. E Contanga… no».
Ma le dispiace o no?
«Un po’ sì, ovvio, ma mi dispiacerebbe ancora di più arrivare a Tryon per andare male: per me, ma soprattutto per la squadra e per l’Italia. Vorrei andare certamente a fare un Campionato del Mondo, ma sicuro di poter dare il mio meglio, pur considerando tutte le incognite che sempre ci sono nello sport… Ma non certo sapendo in partenza di poter avere dei problemi. Meglio evitare, così».
Poi ci sarà il Campionato d’Europa nel 2019…
«Sì, meglio puntare a quello. Ecco, lì mi piacerebbe arrivare bene. Ho qualche cavallo possibile. Spero vivamente che ci si qualifichi per le Olimpiadi quest’anno, a Tryon, altrimenti dobbiamo puntare tutto sull’europeo del 2019. Io voglio andare alle Olimpiadi. È il mio sogno fin da bambino».