Bologna, 18 ottobre 2016 – Per dare la dimensione dell’importanza del successo di Alberto Zorzi a Oslo basta considerare un dato statistico. Da che esiste la Coppa del Mondo di salto ostacoli – cioè dal 1978 – si sono disputati quasi quattrocento Gran Premi di qualificazione alla finale mondiale nel girone dell’Europa Occidentale e solo due volte abbiamo esultato per un successo italiano prima di domenica scorsa: il 5 febbraio 2006 per la vittoria di Juan Carlos Garcia a Bordeaux su Albin, il 20 dicembre 2015 per il primo posto di Emanuele Gaudiano a Londra su Admara. Ma a differenza di Garcia e di Gaudiano che hanno vinto dopo aver partecipato innumerevoli volte a una tappa di World Cup, Alberto Zorzi ha colto il successo massimo al suo primo tentativo: mai prima di domenica scorsa il cavaliere veneto aveva preso parte a un Gran Premio di Coppa del Mondo! Primo Gran Premio di World Cup della sua vita, primo a partire in percorso base e dunque anche in barrage, e molto… coerentemente primo nella classifica finale. Alberto Zorzi, 27 anni, è l’uomo del momento sulla scena del salto ostacoli internazionale.
Alberto Zorzi: come si sente oggi?
«Finalmente bene. Perché questa notte sono riuscito a dormire… Domenica notte infatti non ho chiuso occhio: avevo l’adrenalina a mille, non ho dormito nemmeno un minuto… Non so cosa diavolo mi sia successo, non mi era mai capitato prima in tutta la vita… ».
Poi con i postumi dell’incidente al volto subito qualche tempo fa e non ancora completamente smaltiti…
«Sì, è vero. Faccio ancora fatica a ridere… mi sento una cosa strana in faccia, sul mento. Ma in effetti mi sono detto: a cosa ci serve il mento… ? Non mi sembra così importante! Quindi mi arrangio lo stesso… ».
È più grande la gioia per il risultato o per la prestazione della sua cavalla, Fair Light van het Heike?
«Entrambe le cose. Diciamo che sapevo che la cavalla avrebbe potuto fare una buona gara, ma non pensavo che saremmo stati così veloci: lei è stata fenomenale. Di solito nelle curve faccio un po’ fatica, invece questa volta è stato tutto una meraviglia: Fair Light ha risposto alla grande».
Quindi avverte una crescita tecnica da parte della cavalla?
«Sì, certo. Diciamo che io quasi tutti i giorni lavoro su circoli larghi e poi stretti, avanzo e accorcio… faccio molto lavoro in questo senso. E adesso i risultati si vedono: Valkenswaard, Roma, poi a Vienna ho sbagliato io che ho preso un punto per il tempo, e adesso a Oslo la vittoria… Insomma, ogni Gran Premio che fa, Fair Light è sempre piazzata!».
Questa prestazione secondo lei è migliore dal punto di vista tecnico rispetto a quelle che ha già prodotto nei mesi passati?
«Sì, io credo che questo fino a questo momento sia stato il nostro apice: come domenica scorsa io non l’ho mai sentita la cavalla. È stata una cosa bestiale».
Anche perché lei era il primo a partire…
«Esatto, non una posizione facile anche perché eravamo in venti in barrage. E con cavalieri fortissimi. Tra questi anche i miei amici e compagni Piergiorgio Bucci e Lorenzo de Luca, che hanno fatto una gara favolosa entrambi: è stato bellissimo essere tutti insieme in quel barrage».
Come si sentiva durante la gara?
«Non ero affatto agitato. Sentivo la cavalla in perfetta forma. Ho fatto il percorso base tranquillo e sicuro e la cavalla ha saltato magnificamente. Poi quando l’ho rimontata per il barrage in campo prova l’ho sentita ancora molto bene. Jan Tops mi ha detto siamo in venti in barrage: oggi bisogna provarci, o la va o la spacca, se facciamo un errore pazienza però bisogna provarci, bisogna andare veloci. E io mi sono detto: caspita, se me lo dice lui… Mi ha dato una carica pazzesca».
È un forte motivatore, Jan Tops.
«Sì certo. Anche perché normalmente lui nelle gare normali non vuole mai che io spinga più di tanto, lui vuole sempre che si punti al Gran Premio. Questa è la sua filosofia. Le gare diciamo normali servono per lavorare e prepararsi a quella più importante».
Quindi ha avuto diciannove binomi che sono andati al suo inseguimento… !
«Eh sì. Quando sono uscito dal barrage Jan mi ha detto: oggi siamo tra i primi cinque di sicuro. Poi i cavalli passavano uno dopo l’altro e nessuno riusciva a battermi… Quando ho visto che nemmeno Marcus Ehning è riuscito a prendermi mi sono detto mamma mia, ma cosa sta succedendo, forse sto sognando, è un miracolo… E nemmeno Bengtsson e Casall… Poi nemmeno Steve Guerdat… Pazzesco».
Li ha visti tutti i percorsi del barrage?
«Non tutti, ma la maggior parte sì. È stata una tortura, il tempo non passava più, mezz’ora di barrage, tutti quei cavalli, sono stato mezz’ora con il cuore che andava a mille! È stata un’emozione fantastica, alla fine. Proprio perché non è stato come quando si va in barrage in due o tre: qui è stata una battaglia lunghissima con avversari fortissimi».
Alla fine Tops cosa le ha detto?
«Ah, era felicissimo, mi ha fatto un sacco di complimenti, anche Edwina (Alexander, moglie di Jan Tops oltre che prima monta nella scuderia di Valkenswaard dove appunto lavora Zorzi, n.d.r.)».
E i suoi avversari?
«Beh, Marcus Ehning è stato favoloso. In conferenza stampa io ho detto che in barrage sentivo la cavalla molto bene e che quindi per questo avevo provato un pochino ad andare forte, e lui ha detto caspita, se hai provato un pochino non oso immaginare cosa succederà quando ci proverai molto! È stato fantastico Marcus… Ma poi stare in conferenza stampa con campioni del genere seduti di fianco a me… mamma mia, che emozione… ».
Adesso i programmi per lei e la tua cavalla?
«La settimana prossima faccio un due stelle ma senza Fair Light; invece con lei farò il concorso di Doha a inizio novembre, poi se sono tra i convocati dovrei fare Verona e quindi spero qualche altra tappa di Coppa del Mondo. A Verona spererei proprio di esserci: non solo è un concorso importantissimo, ma è in Italia e per giunta in Veneto, casa mia… Vedremo, a oggi non so ancora nulla di ufficiale».
Alberto: questo è il momento migliore della sua vita sportiva?
«Senza alcun dubbio. Sono felicissimo. Anche se non posso ridere per via di questo mento… che nonostante sia inutile mi fa ancora un po’ male… Ma chi se ne frega: io rido lo stesso, tanto il mento non serve a niente!».