Bologna, 28 giugno 2018 – Prima che dalle favolose prestazioni dei cavalli e dei cavalieri in campo, il successo della spedizione azzurra a Barcellona per la diciottesima edizione dei Giochi del Mediterraneo è stato ottenuto dalla decisione della Fise e del selezionatore tecnico Duccio Bartalucci circa la formazione da allestire per l’occasione. I Giochi del Mediterraneo sono una gara particolare: non tanto per l’impegno tecnico sul campo, quanto per le conseguenze diciamo di immagine che possono determinare. Non è un concorso estremamente difficile: non come un Campionato d’Europa o del Mondo, ovviamente. Deve essere almeno abbordabile anche per squadre che non frequentano gli alti livelli del salto ostacoli internazionale, proprio perché lo spirito della competizione è comunque quello di riunire ecumenicamente tutti i Paesi che si affacciano sulle rive del Mediterraneo: le differenze ci sono già a prescindere dalla difficoltà della gara, quindi renderla troppo difficile ‘ammazzerebbe’ i più deboli. E non è questo l’obiettivo della manifestazione. Ma sta proprio qui la… difficoltà, per le nazioni di più alto livello e di maggiore competitività: se si mandano i binomi forti e non si vince il fallimento è… forte; se si mandano i binomi forti e si vince… beh, logico e naturale, niente di che esaltarsi. Quindi – a livello di immagine e di considerazione dell’impresa – tutto da perdere e poco da guadagnare (caso tipico di ieri, proprio la Spagna: squadra fortissima, impegnata in casa al cospetto del proprio pubblico e… fuori dal podio!).
Ma se invece si decide molto intelligentemente di optare per una formazione di soli giovani, proprio come ha fatto la Fise e come ha voluto Duccio Bartalucci, ecco che lo scenario cambia completamente: tutto da guadagnare e assolutamente nulla da perdere! Per i ragazzi è un’esperienza formativa al massimo, a prescindere dal risultato: quindi anche un esito negativo porta in sé comunque qualcosa di buono. Ma se il risultato è per giunta positivo aumenta vertiginosamente il valore dell’impresa, il senso della prestazione, si offre a ragazzi comunque bravissimi ma ancora digiuni di vita vissuta in un campionato internazionale (che non sia quello di categoria, juniores o young rider) l’opportunità di vivere emozioni e sensazioni che di certo in un simile contesto su di un Bruno Chimirri o Lorenzo de Luca o Piergiorgio Bucci o Alberto Zorzi (per dire… ) non potrebbero avere lo stesso effetto. Da ieri sera Francesca Arioldi, Filippo Bologni, Matteo Leonardi, Giampiero Garofalo e Luigi Polesello possiedono qualcosa che prima non avevano, non potevano avere: il senso di condivisione di un’impresa importante. Portata a termine insieme. Al cospetto di squadre che hanno schierato cavalieri forti e navigati, molto più esperti e… maturi (anagraficamente parlando, s’intende) di loro, cavalieri che in qualche caso hanno già vissuto palcoscenici di massimo valore internazionale, quindi non avversari di pari età e peso specifico come accade nei campionati di classe juniores o children o young rider, e per giunta nel contesto di una manifestazione che a tutti gli effetti è da considerarsi come una ‘piccola’ Olimpiade. Un’impresa impossibile per ciascuno di loro se non ci fossero stati gli altri tre. Dunque la consapevolezza del legame, dell’unione di intenti, della dipendenza reciproca, dell’essere una cosa sola sebbene in cinque. Non che prima tra loro non ci fosse la consapevolezza di tutto ciò: ma come sempre nella vita, un conto è parlare delle cose e altro conto è per l’appunto viverle. E l’entusiasmo genera entusiasmo. La voglia produce voglia. La forza aumenta la forza. La consapevolezza di aver affrontato difficoltà e di averle superate fa crescere, e molto. Il risultato di Barcellona è magnifico per due ragioni, quindi: perché si è vinta una medaglia di bronzo; e perché si è portato a termine un investimento estremamente fruttuoso su cinque ragazzi in gamba, inserendo in loro una bella dose di vita vissuta.
Duccio Bartalucci tutto questo lo sa. Perché lo ha vissuto ‘dentro’ e sulla propria pelle, nel corso di tanti anni di vita dedicata a questo sport in tutte le mille sfaccettature possibili. Lui a tutto ciò aggiunge caratteristiche di valore umano molto preziose: è calmo, riflessivo, sa bene che da parte degli atleti ci possono essere momenti di intemperanza e di insofferenza ma nel caso li affronta con la comprensione che deriva dall’esperienza e… dall’età oltre che dalla competenza specifica, e dunque non se ne fa influenzare aiutando in questo modo anche gli stessi protagonisti a superare al meglio i momenti di inevitabile crisi. Decidere di portare a Barcellona una squadra di soli giovani è qualcosa che rende grande merito a lui e alla Fise, e non lo si dice solo oggi a risultato positivo acquisito: lo si è detto anche prima, poiché il valore della decisione prescinde dal risultato, e dal risultato caso mai ne viene impreziosito.
Duccio Bartalucci non è più un giovincello, ma pur non essendo un nativo digitale è riuscito a calarsi perfettamente dentro la realtà dei cosiddetti social media: ormai usa Instagram e Facebook come se niente fosse, e lo fa in modo molto opportuno e intelligente. Prima e dopo impegni di rilievo infatti è ormai solito pubblicare pensieri e riflessioni che servono a rendere evidenti per tutti le sue scelte e le sue analisi e i suoi perché, in modo quindi aperto e trasparente e fruibile in via trasversale. Per esempio ieri sera ha scritto queste bellissime riflessioni: “È stata una gara incredibile, dalle grandi emozioni. E voglio dire GRAZIE a questi magnifici ragazzi che non solo si sono dimostrati all’altezza del compito sotto il profilo tecnico montando tutti molto bene, ma (e questo mi rende davvero felice) hanno dimostrato di avere una tenuta mentale fuori del comune, lucidi, freddi e coraggiosi nel momento del bisogno. Abbiamo lottato per l’oro per più di metà gara e quando ci siamo allontanati dal podio, invece di scioglierci, siamo stati bravi a risalire la china conquistando una medaglia di grande valore. Infine, una considerazione su Luigi Polesello e, più in generale, su meccanismi oltremodo penalizzanti, con cui sono costretto a relazionarmi nel lavoro quotidiano: questa volta è toccato a Luigi restare in panchina, complice (anche) un regolamento Fei non più al passo con i tempi di questo sport e contro cui mi sto battendo da anni per far sì che nessuno dei convocati debba più restare a guardare. Ebbene, lui ha compreso ed accettato la mia decisione con maturità, con intelligenza, sostenendo i suoi compagni di squadra con sincero entusiasmo e grande professionalità. Questa medaglia di bronzo, mai come oggi, sento di poter affermare che sia sua quanto lo è di Francesca Arioldi, Filippo Bologni, Matteo Leonardi, e Giampiero Garofalo. Andrà ad Aachen, in squadra con i ‘grandi’, prendendo parte al concorso più ambito e prestigioso al mondo e saprà farsi valere. Infine un sentito ringraziamento ai Tecnici dei ragazzi, in diversi casi anche genitori, per la qualità del lavoro nel tempo, elemento essenziale al loro successo di oggi. Adesso però, godiamoci questa magica serata… consapevoli del fatto che venerdì, quando verranno assegnate le medaglie dell’individuale, i nostri ragazzi sapranno essere ancora protagonisti !!!”.
Insomma: tutto bello. E non è detto che sia finito qui, il bello: come infatti sottolinea Duccio Bartalucci domani c’è la prova individuale… potrebbero succedere ancora delle cose.