Bologna, mercoledì 11 agosto 2021 – Il nastro si riavvolge di un po’ tornando indietro e si ferma a martedì 3 agosto 2021. Tokyo, prima prova individuale delle Olimpiadi: tra i 73 cavalli ce n’è uno che non ha eguali… perché è l’unico nato e allevato in Italia. Prima di lui l’ultimo cavallo italiano in gara alle Olimpiadi in salto ostacoli è stato Fiorello II montato da Raimondo d’Inzeo a Monaco 1972.
Questo cavallo in campo a Tokyo fa impressione: la sua prestazione è favolosa! Ma non gareggia per i colori dell’Italia: lo monta la sua proprietaria, l’amazzone taiwanese Jasmine Chen, che un collegamento con il nostro Paese lo ha comunque in quanto compagna del campione azzurro Piergiorgio Bucci. Tuttavia nella storia di questo cavallo che si chiama Benitus di Vallerano – nato nel 2010, figlio di Baedeker x Cassini I – un’amazzone italiana importante esiste, eccome: Martina Testi, la persona che ha condiviso i primi sette anni della vita di questo formidabile campione da quando lui era un piccolo puledrino di un mese, contribuendo in modo determinante a farlo essere ciò che oggi lui è: un cavallo formidabile.
«Ho cominciato a montare a cavallo nel centro ippico di mia madre, Asd Colle Ottone, a Velletri, nato nel 1993: la scuola, gli allievi… le classiche cose, insomma. Mia mamma amava il dressage, io invece ho subito prediletto il salto ostacoli: più emozionante!».
E in particolare i cavalli giovani da avviare al salto ostacoli, giusto?
«Sì, certo, quello con i cavalli giovani è stato un lavoro che mi ha appassionato subito… la doma, l’addestramento… cavalli da preparare, da portare avanti… Facevamo nascere anche qualche puledro qui in casa, io il 2° grado l’ho preso con un cavallo nato qui da noi. Mi è sempre piaciuto tantissimo conoscere fin dal principio i cavalli che monto, conoscerli fin da piccoli puledri: quindi ho sempre avuto cavalli nati in casa, o che comunque arrivavano da noi giovanissimi per iniziare l’addestramento. Molti poi venivano presi dai ragazzi che montavano da noi: quindi io li avevo sempre sotto gli occhi… ».
Ma Benitus di Vallerano non è nato da voi.
«Sì, non è nato da noi, esatto. Nel 2009 ho conosciuto l’allevamento di Vallerano di Adriano Gentili tramite la persona che mi portava in scuderia il fieno. Questa persona sapeva che io stavo cercando dei puledri e così mi ha indicato questo allevamento».
Il 2009: però Benitus è del 2010…
«Infatti io come primo cavallo lì ho acquistato Calvin di Vallerano appunto nel 2009, aveva tre anni e una genetica che mi piaceva molto. L’ho domato e pian piano l’ho portato avanti: Calvin ha avuto ottimi risultati a 4 e 5 anni, poi ha fatto anche il mondiale di dressage di Verden, praticamente il corrispondente di quello di Lanaken per i cavalli da salto».
Quindi è rimasta in contatto con l’allevamento di Vallerano?
«Sono tornata lì nel 2010 per vedere altri puledri. E tra questi c’era Benitus».
È stato il classico colpo di fulmine?
«Non proprio. Anzi, devo dire che è stato un incontro buffo perché lui era timidissimo, se ne stava sempre riparato dietro la mamma e quindi riuscire a vederlo non è stato per niente facile: lui girava intorno a lei in modo da nascondersi alla vista… ».
Cosa l’ha convinta infine?
«Il fatto che fosse l’unico discendente in linea materna di Cassini: a me i Cassini piacciono moltissimo».
L’ha acquistato subito, quindi?
«Sì, Benitus aveva un mese. Naturalmente l’ho lasciato sotto la mamma per tutto il periodo dell’allattamento e poi l’ho portato in scuderia da me».
E com’era, una volta arrivato da lei?
«Meraviglioso! Vivace come un grillo… È rimasto un po’ timidino il primo anno, ma poi… proprio come i suoi figli: sono timidi e riservati il primo anno, molto schivi, non si avvicinano, poi diventano come tanti cagnolini… Benitus mi stava sempre appiccicato, curiosissimo, mi stava sempre intorno… !».
Quando è stato possibile intuire le sue qualità fisiche e atletiche?
«Quasi subito. Lui saltava tutto! Spesso mentre era in paddock decideva di saltare fuori… staccionata di recinzione a un metro e quaranta, per dire… Lui saltava, si metteva a mangiare l’erbetta, poi quando si stufava saltava di nuovo per rientrare in paddock e tornare dai suoi amici».
Un bel caratterino!
«Sì, e poi è cresciuto molto in fretta. A due anni ho cominciato a maneggiarlo un po’ perché era enorme, un gigante, non finiva mai… A tre anni abbiamo cominciato con la prova interregionale di addestramento».
Ed è andata bene?
«È stata una cosa quasi comica. Benitus ha fatto tutta la ripresa benissimo, tutto perfetto, i movimenti giusti, una bella incollatura, davvero magnifico. Salvo il fatto che ha nitrito dall’inizio alla fine… ! Non è stato zitto un secondo… Tutto perfetto ma… parlava! Ha fatto tutta la ripresa nitrendo… ».
Ma standogli in sella che sensazione ha avuto?
«È bastato fare i primi salti per percepire immediatamente una qualità favolosa. La sensazione era quella di stare sopra a un’esplosione di cavallo!».
Quindi il lavoro con lui come si è svolto?
«Io non sono una persona molto propensa a far fare il salto in libertà, non sono una che… oddio devono fare Lanaken, oddio devono fare qua, oddio devono fare là… Per me la cosa più importante è che i cavalli inizino al meglio la loro carriera da adulti: da giovani sono come i bambini che crescono, bisogna saperli aspettare, dargli il giusto tempo per maturare e consolidare tutto, fisico e testa… ».
Dunque è stato così anche per Benitus?
«Sì, anche perché in più lui era molto grande, una grande struttura, non mi è mai interessato stargli troppo addosso… Nel salto in libertà… sì, ha saltato, ma io ci sono andata sempre molto cauta».
Coordinare i movimenti di una massa del genere non sarà stato semplicissimo, all’inizio, no?
«Essendo molto grande Benitus all’inizio saltava tenendosi un po’ le gambe sotto… Chi lo vedeva da terra non poteva avere la sensazione che si provava standogli in sella… Standogli in sella si sentiva una cosa pazzesca! Aveva una forza bestiale, una tecnica da non credere».
Come si è comportato le prime volte che è entrato in campo ostacoli?
«Ho avuto immediatamente una sensazione chiara, certa: lui non avrebbe mai fatto cadere una sola barriera. Lui non è come quei cavalli molto rispettosi e che per questo qualche volta si fermano… no, lui mette tutto il suo impegno per il cavaliere… lui lo fa per te. Nonostante fosse comunque faticoso da montare perché è così grosso, poi con ‘sta capocciona… lui vuole andare e tu lo devi tenere perché… dove vai… aspetta… ! Però ci ha sempre messo il massimo di suo: tu in sella potevi anche chiudere gli occhi, tanto ci avrebbe pensato lui».
Nemmeno qualche distrazione da cavallo intero?
«No, assolutamente. Io ho iniziato a fargli fare l’attività di stallone quando aveva 5 anni, però nonostante questo lui una volta entrato in campo ostacoli non guardava niente, pensava solo alla gara e si concentrava solo su quello. Anche per questo motivo lui è il classico cavallo con qualcosa in più rispetto agli altri: questa capacità di concentrazione, di attenzione».
Piergiorgio Bucci ha raccontato di esserne rimasto molto impressionato la prima volta che l’ha provato.
«Sì, è vero, lo ricordo come se fosse ieri. Benitus aveva 6 anni e me l’avevano già chiesto in tanti ma io in realtà volevo portarlo avanti, volevo vedere cosa sarebbe potuto succedere con lui. Quella prima volta di Piergiorgio non la dimenticherò mai perché quando lui smontò mi fece molti complimenti e mi disse che non aveva mai montato un cavallo giovane addestrato così bene… Per me solo sentire le parole di un cavaliere come lui è stata una soddisfazione enorme».
Però poi la vendita non c’è stata, quella prima volta.
«No, infatti, non so… cose che riguardano Piergiorgio e i suoi sponsor, credo, non so. Io comunque ho continuato a fare le mie cose con Benitus fino ai suoi 7 anni. Le richieste per lui continuavano ad arrivare, e devo dire… molto interessanti, anche. Però io non ho mai avuto l’idea di eventualmente cedere Benitus per farlo diventare un cavallo da commercio. Io volevo qualcuno che lo portasse… alle Olimpiadi, ai massimi livelli cioè. Cosa che io non avrei mai potuto fare non solo per una questione di capacità, ma anche per un fatto economico, di organizzazione… io faccio solo cavalli giovani, è proprio un altro mondo».
Dunque in lei c’era la consapevolezza che prima o poi Benitus sarebbe stato venduto…
«Me lo chiedevano. E sapevo che non avrei potuto dire sempre no. Però volevo qualcuno che avrebbe potuto dare a Benitus le opportunità che lui senz’altro meritava di avere. Io sono sempre stata convinta che Benitus avrebbe potuto arrivare ai massimi livelli: nella persona che lo avrebbe eventualmente acquistato io cercavo qualcuno che volesse fare carriera con lui, insieme a lui».
Ed è arrivata Jasmine Chen.
«La prima cosa che ho chiesto a Piergiorgio è se poteva esserci il rischio che Benitus potesse essere rivenduto. Lui mi ha risposto senza alcun dubbio: no, stai tranquilla, mi ha detto».
La prova è andata bene?
«Sì, benissimo. È stata il giorno prima che iniziasse lo Csio di Roma del 2017, mercoledì. Io ero stata contattata dalla Fise per fare la categoria dei 7 anni con Benitus, così ho dovuto decidere se fare la gara o far provare il cavallo a Jasmine. Piergiorgio però ancora una volta mi ha rassicurata: il cavallo le piace tantissimo, mi ha detto, lo prende, vedrai… Così Jasmine lo ha provato, sono rimasti tutti entusiasti, e quindi la cosa si è fatta».
E che sensazione ha provato lei in quel momento?
(Martina Testi non risponde subito: ha il pianto in gola, le lacrime scorrono… )
«Un attimo… adesso mi riprendo… un attimo solo… ».
Ma certo, è comprensibile…
«Siamo stati sette anni insieme… è stata una cosa difficile per me, ho passato un mese in lacrime, disperata… Mi sono ripetuta all’infinito che gli stavo dando una possibilità che io non avrei mai potuto fargli avere. Non era una questione di soldi, fama o prestigio, no… era per lui. Se io l’avessi tenuto con me avremmo continuato a fare le nostre cose, io mi sarei divertita e sarei stata con lui, certo… però come si fa? Il mio lavoro è questo, e io ai miei cavalli devo assicurare il futuro che meritano».
Da questo punto di vista l’operazione è stata perfetta.
«Guardi, quando Jasmine ha preso la qualifica per le Olimpiadi ero strafelice! E poi vederlo lì a Tokyo è stata una cosa fantastica… ».
Ha fatto un percorso magnifico!
«Sì, assolutamente. E da persona che conosce così bene Benitus, dico che Jasmine è bravissima. Perché è faticoso Benitus, è forte, grande… Mia mamma sostiene che Jasmine va tanto bene con Benitus perché lui è stato addestrato da una ragazza… se l’avesse addestrato un uomo forse Jasmine si sarebbe trovata in difficoltà… Chissà… Ma a prescindere da questo io sono contenta che lui sia con lei. Poi c’è Piergiorgio: ha un sacco di attenzioni, io sono stata due volte in scuderia da lui e mi sono resa conto che Benitus non potrebbe stare meglio di così, anche se ne ero certa già da prima».
E i suoi figli? I figli di Benitus?
«Io ne ho tre. Di uno in particolare sono innamorata esattamente come lo sono di Benitus, perché mi sta dando tantissimo ed è anche un po’ più facile da montare del papà: anche lui stallone, adesso ha 4 anni … Sono cavalli umani… Sono cavalli che danno l’anima. Mi sento legata a filo doppio con lui e con loro… è un’emozione difficile da descrivere… un modo di comunicare… ».
Dipenderà anche dal suo modo di porsi nei loro confronti, probabilmente…
«Beh, io li preparo così. Cerco di lasciare integra il più possibile la loro personalità, ovviamente educandoli: però penso che il cavallo debba rimanere sé stesso, deve giocare, deve divertirsi, quindi… è come un ragazzino. E Benitus rimarrà per sempre il mio ragazzino!».
ANCORA SU BENITUS DI VALLERANO
https://www.cavallomagazine.it/sport-equestri/salto-ostacoli/benitus-di-vallerano-un-italiano-alle-olimpiadi