Riesenbeck, venerdì 3 settembre 2021 – Il Campionato d’Europa di salto ostacoli per l’Italia intesa come squadra è andato indiscutibilmente male. Detto che in una manifestazione del genere è sempre doloroso prendere atto di una sconfitta, è anche vero che l’appuntamento di Riesenbeck per noi è stato molto particolare per tanti motivi: vi siamo arrivati avendo perso molti cavalli importanti lungo il cammino di avvicinamento nel corso degli ultimi due anni, e ne abbiamo perduti due anche nell’immediata vigilia, uno dei quali – Chaclot (ma nel suo caso sarebbe meglio dire che abbiamo perso Riccardo Pisani per infortunio) – senza alcun dubbio il nostro attuale numero uno. Riesenbeck per noi ha avuto sin dall’inizio il senso di una importante tappa di verifica e di costruzione al tempo stesso, e in effetti nell’esito negativo generale le risposte da entrambi questi punti di vista sono state utili ed eloquenti.
La prima verifica decisamente positiva, enormemente positiva, è stato il binomio Fabio Brotto e Vanità delle Roane. Il cavaliere veneto è freddo e impassibile grazie a un’esperienza accumulata in una lunga carriera internazionale che ha avuto il suo picco nella partecipazione a ben due edizioni del Campionato del Mondo: evento che mette a dura prova nervi, cuore e cervello di qualunque cavaliere. Fabio Brotto dunque non poteva di certo essere preoccupato nel trovarsi in campo a Riesenbeck: e il suo perfetto autocontrollo (poi magari dentro ci sarà anche stato un tumulto, ma nulla è trapelato… !) ha valorizzato come meglio non sarebbe stato possibile le qualità della sua potente Vanità delle Roane, cavalla che Fabio Brotto ha fatto nascere, ha allevato e addestrato a casa sua, nel suo allevamento delle Roane in provincia di Vicenza. Vanità ha affrontato a Riesenbeck il suo primo campionato internazionale: il valore della cavalla era ben noto anche prima, ovviamente, ma verificarlo sul campo, praticamente e concretamente, in un grande campionato internazionale (evento non paragonabile né a una normale Coppa delle Nazioni né all’insieme delle gare di uno Csio per quanto difficile e prestigioso: questo deve essere chiaro) quando la pressione oltre alle difficoltà tecniche è al massimo livello, ha un senso e un significato del tutto esclusivi. E la verifica è stata eccellente: Vanità ha dimostrato di poter saltare tutto non solo con una potenza fisica strabordante ma anche con una serenità mentale incorruttibile. Rimane un solo punto debole: le penalità sul tempo massimo. Vanità non è veloce e Fabio Brotto giustamente non fa nulla per aumentarne il ritmo nel timore di alterare un equilibrio perfetto per assicurare la precisione durante l’azione del salto. Questo problema, seppure su soggetti di natura diversa, l’abbiamo già visto in passato con Tokyo du Soleil e con Chaclot: ed è stato risolto semplicemente con la routine nelle grandi gare, prendendo confidenza con la pressione e la tensione (anche da parte dei rispettivi cavalieri, ovvio). Lo risolverà così anche Vanità? In lei sembra essere più una difficoltà di… macchina (ci si passi la metafora) che di atteggiamento, quindi in teoria più difficile da scongiurare, ma Fabio Brotto avrà di certo modo di pensarci. Quello che rimane è un fatto incontestabile: Riesenbeck è stato utilissimo per dimostrare una volta di più e al massimo livello internazionale possibile il grande valore di una cavalla che da adesso in poi – soprattutto in prospettiva del Campionato del Mondo 2022 – dovrà essere considerata come un elemento importantissimo per la prima squadra azzurra. A proposito di prospettive: dopo la finale a squadre di oggi – prova valida anche per la classifica individuale – Fabio Brotto si trova al 27° posto: alla finale individuale di domenica sono ammessi i primi venticinque. Basterebbero due ritiri per avere anche il nostro azzurro tra i finalisti, e secondo quanto normalmente accade in questi casi è quasi certo che i due ritiri (se non di più) ci saranno. Cosa farà quindi il nostro cavaliere? Non sarà una decisione facile: la sua classifica individuale potrebbe migliorare di diverse posizioni, ma è anche vero che Vanità è attesa a impegni importanti nell’immediato futuro e quindi evitare una fatica in più, per quanto lieve visto anche il giorno di riposo di domani, potrebbe essere saggio. Vedremo: a Fabio Brotto e ai tecnici azzurri la responsabilità della decisione.
Questo Campionato d’Europa ha avuto una grande importanza anche per Antonio Garofalo, cavaliere che non aveva mai preso parte a un campionato internazionale prima in vita sua, nemmeno da juniores o da young rider. E gareggiare su più giornate avendo sempre sulle spalle una buona responsabilità anche nei confronti dei propri compagni, oltre che in rappresentanza del proprio Paese, è molto diverso dal doverlo fare solo per sé stessi. Antonio Garofalo però da questo punto di vista è stato bravissimo: tuttavia era pur sempre qualcosa che andava verificato. Il binomio che il cavaliere napoletano compone con Conquestador è andato progredendo nel corso degli ultimi due anni in modo ammirevole, tanto da farlo considerare spesso come pedina importantissima nelle pur poche (causa Covid) Coppe delle Nazioni che l’Italia ha potuto affrontare. Il livello delle prestazioni e i risultati conseguenti si sono ormai consolidati al meglio. Ora bisogna fare l’ultimo salto (saltino… ) di qualità: togliere quel fastidioso errore che pur nell’insieme di prestazioni sempre molto positive ricorre troppo spesso, ed è una cosa assolutamente fattibile. Come? Continuando con la metafora automobilistica: aumentando il chilometraggio. Facendo gare importanti nelle quali non ci debba essere altra possibilità che ‘fare’ zero. Mantenendo la condizione fisica al meglio, ovvio, ma gareggiando quel tanto sufficiente da far considerare normale l’eccezionalità dell’impegno. Antonio Garofalo e Conquestador sono in questo momento una casa dalle fondamenta solide: manca l’ultima rifinitura.
Di Piergiorgio Bucci non vale nemmeno la pena di parlare. Ben al di là dell’apprezzamento per le sue magnifiche qualità, 58 presenze in Coppa delle Nazioni e cinque Campionati d’Europa dicono tutto. Fine del discorso. Poco da aggiungere anche a proposito del binomio che il nostro campione compone con Naiade d’Enseldam Z: la cavalla è entrata in squadra per emergenza dell’ultimo momento, si tratta di un soggetto molto competitivo in una gara secca di non estrema difficoltà, difficilmente sarà riproposta in un grande campionato internazionale. Ciò nondimeno Naiade ha infuocato gli animi azzurri al termine della prima prova di Riesenbeck, la gara di velocità a tempo in tabella C, chiudendo al 7° posto su più di sessanta partenti… !
Rimane Filippo Bologni. Il protagonista di un vero e proprio caso mediatico che si è acceso sui social tra ieri e oggi con un profluvio di commenti di carattere fortemente critico al punto da sconfinare spesso nella cattiveria vera e propria. Che per lui il Campionato d’Europa sia andato male è fuori discussione. Che lo ‘spettacolo’ offerto in sella a Quilazio non sia stato bello è fuori discussione. Non c’è bisogno della animosità dei protagonisti della rete per stabilirlo: è stato tutto molto evidente. Ma la cattiveria non genera altro che cattiveria: mentre nello sport bisogna ragionare con mente fredda e razionale. Le prestazioni offerte da Bologni e Quilazio prima di Riesenbeck e i risultati ottenuti sono stati tali che non considerarlo per la squadra sarebbe stato quasi anormale, soprattutto nelle circostanze attuali. Certo: fortunatamente la selezione in Italia viene fatta su base discrezionale dai tecnici preposti (non solo quelli di oggi, ovvio) e non solo sui numeri di una computer list o del risultato di una o più prove; ma evidentemente il c.t. Duccio Bartalucci avrà considerato il binomio pronto per l’impegno, o comunque avrà voluto verificarlo concretamente sul campo di un campionato internazionale, che è cosa ben diversa da una Coppa delle Nazioni come abbiamo già ribadito. Non è andata bene. Ma dalle sconfitte spesso nasce qualcosa di positivo: la necessità di riflettere, di porsi degli interrogativi, di confrontarsi con un fallimento piccolo o grande che sia ma che comunque impone un intervento di autocoscienza, il tutto a maggior ragione quando si ha a che fare con i cavalli. Filippo Bologni ha 27 anni, è giovane, è abituato a essere un vincitore, questa è la prima volta nella sua carriera che si è confrontato con un impegno di massimo livello internazionale: ha preso una sberla bella forte, adesso quello che bisogna fare è avere nei suoi confronti l’indulgenza che la maturità sempre deve riservare alla gioventù perché solo così si aiutano le persone – tutte le persone – a crescere e migliorare. Con i cavalli non si finisce mai di crescere e migliorare: una legge che vale per chiunque.