Bologna, 29 dicembre 2017 – Sono tanti gli eventi significativi dell’anno che è ormai giunto alle battute finali. E sicuramente non mancherà occasione di delineare bilanci, consuntivi, considerazioni… Tra i tanti eventi significativi però uno ha una rilevanza particolare: il ritiro dallo sport di Casall Ask, il fenomenale compagno di gare dello svedese Rolf-Goran Bengtsson. Ha una rilevanza particolare perché Casall è stato l’ultimo dei Grandi Cavalli, quei campioni che compongono la galleria dei fuoriclasse immortali come Milton, come Jappeloup, come Calvaro, come Ratina Z, come Shutterfly, come Hickstead, solo per dirne alcuni. Cavalli che passano dalla realtà dei campi di gara alla leggenda dello sport per l’eternità. Tra i cavalli in attività oggi non ne esiste alcuno che sia paragonabile a Casall: non ancora, quanto meno. Lui è stato davvero l’ultimo dei più grandi. E come tale ha dato l’addio allo sport come meglio non sarebbe stato possibile: vincendo! Casall ha vinto l’ultima gara cui ha preso parte: il Gran Premio di Amburgo lo scorso 27 maggio. La gara del suo addio.
Quella che segue è una bellissima intervista rilasciata da Rolf-Goran Bengtsson alle pagine cartacee del nostro Cavallo Magazine, e pubblicata sul numero 368 di questo 2017. La riproponiamo qui perché ricca di argomenti interessanti, di spunti di riflessione, di curiosità. Si parla di Casall: cioè dell’ultimo dei Grandi Cavalli.
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È sembrato quasi il copione di una sceneggiatura perfetta. Il grande cavallo che viene ritirato dall’agonismo, annuncio dato con grande anticipo, qualche concorso d’addio fino all’ultima gara, quella veramente ultima: uno dei Gran Premi più importanti del mondo. E il grande cavallo non… vince: stravince, annientando gli avversari. La sua ultima gara. Cose da far venire il cuore in gola.
Il grande cavallo è Casall Ask, il suo grande cavaliere è lo svedese Rolf Goran Bengtsson, il grande Gran Premio è quello di Amburgo, in Germania, tappa del Longines Global Champions Tour. Bengtsson e Casall lo scorso 27 maggio hanno vinto con una esibizione di forza e potenza davvero straordinarie.
Signor Bengtsson, come è stato possibile far coincidere l’ultima gara di Casall Ask con una vittoria così schiacciante?
«Ad Amburgo il giorno precedente il Gran Premio in realtà Casall Ask non ha saltato benissimo. Ma per quanto possa sembrare incredibile, lui ha la capacità di rendersi conto dell’importanza della gara e della giornata. Probabilmente è una cosa che percepisce attraverso me: da quando ha sei anni lo monto solo io, abbiamo fatto insieme una tale quantità di gare… Quindi quando è arrivato il giorno importante, il giorno del Gran Premio, lui ha capito perfettamente la situazione. Nella gara precedente il GP ci siamo classificati molto bene al quarto posto, cosa che ci ha dato la possibilità di partire nel percorso base del GP come quartultimo binomio: ma i tre concorrenti dopo di me hanno commesso un errore così tra i cinque qualificati per il barrage sono stato l’ultimo a partire. Per cui sono entrato in campo sapendo esattamente quello che avrei dovuto fare per vincere e senza nemmeno bisogno di esagerare, perché dopo di me non avrei avuto avversari».
Beh, per fortuna che non ha esagerato: avete dato quasi tre secondi di distacco a Harrie Smolders e Don VHP Z…
«Sì, è andata benissimo, Casall Ask è stato davvero magnifico, sembrava che volesse a tutti i costi la vittoria».
Poi la premiazione, la cerimonia del ritiro… Un po’ di tristezza?
«No, una grande gioia invece. Casall Ask non avrebbe potuto chiudere meglio la sua formidabile carriera: al massimo della forma e della forza, e da vero vincitore. In realtà era da tempo che aspettavamo questo ultimo concorso pensando questo è il terzultimo, questo è il penultimo… adesso che l’ultimo è davvero arrivato è stato quasi una specie di sollievo. No, davvero: ad Amburgo abbiamo vissuto momenti di vera e grande felicità».
Casall Ask adesso ha 18 anni. Come si fa a portare un cavallo di tale successo a chiudere la carriera in uno stato di forma e di salute perfetto come il suo?
«Naturalmente le ragioni sono tante e diverse. Quella più importante e che viene prima di tutte è che lui è un cavallo costruito molto bene, ha una struttura fisica armonica e corretta. Molti cavalli hanno problemi ai tendini, alle articolazioni e ai piedi perché sono costruiti male e dunque lo scarico e la gestione del peso in movimento e durante la pratica sportiva è sbagliato, creando a lungo andare problemi e danni di varia natura».
Anche la gestione sportiva avrà avuto il suo peso…
«Certo, ovviamente. Un peso fondamentale. Quando Casall Ask era giovane non gli abbiamo mai creato alcun tipo di pressione anche perché lui era molto impressionabile, sempre sull’occhio, guardava tutto. Durante i suoi sei, sette e anche buona parte degli otto anni lui ha fatto le gare per i cavalli giovani ma senza alcun obiettivo agonistico: i concorsi in quella fase sono stati solo e soltanto momenti di esercizio e lavoro. Non lo abbiamo mai messo in situazioni che richiedessero più di quello che lui era in grado di dare. Anzi, caso mai il contrario. E così lentamente, pian piano, passo dopo passo lui è cresciuto, si è rafforzato ed è maturato».
Per lei è stato chiaro fin da subito che si trattava di un cavallo speciale?
«Non proprio, non del tutto. Inizialmente ho avuto con lui delle belle sensazioni: è sempre stato un cavallo molto attento e ricettivo, ma in principio fin troppo, oltre che molto timido. Pian piano è diventato sempre più sicuro di sé stesso e il nostro rapporto, la fiducia reciproca è diventata sempre più forte. E man mano che lui ha acquisito fiducia si sono messe in evidenza le sue qualità e le sue risorse, che all’inizio erano un po’ in ombra a causa della sua timidezza. Qualità e risorse che si sono rivelate più consistenti di quanto noi pensassimo in un primo momento. Durante la prima fase della sua carriera avvertivo il suo potenziale ma non ero affatto sicuro che avrebbe potuto affrontare davvero le grandi gare nel modo in cui poi lo ha fatto».
C’è poi stato un momento particolare in cui si è capito il reale livello e valore di Casall Ask?
«No, non direi. È arrivato tutto progressivamente, man mano che lui ha capito di avere i mezzi e le risorse per affrontare i percorsi davvero difficili. Prendendo fiducia in me, addirittura più che in sé stesso. Quando l’ho messo di fronte ai grandi ostacoli le prime volte lui ha saltato perché aveva fiducia in me, mi ascoltava: se io gli stavo dicendo di farlo voleva dire che lui lo poteva fare. Ed è così che è cresciuto nelle prestazioni e nei risultati. Migliorando sempre più l’attenzione e la precisione: anche adesso, oggi, Casall Ask non vuole toccare assolutamente nemmeno una sola barriera».
Tecnicamente parlando come è cambiato il suo lavoro nel tempo?
«Da giovane il lavoro a casa per lui si è svolto prevalentemente su piccoli esercizi, combinazioni, linee… un lavoro di educazione, diciamo, per dargli le basi. Poi le cose sono cambiate con l’andare del tempo: abbiamo cominciato a saltare linee e percorsi molto simili a quelli che poi avremmo incontrato in gara. Ma il punto è che lui in concorso è sempre andato molto bene quindi non c’era molto da correggere una volta tornati a casa: e quello fatto in concorso era già un ottimo lavoro sugli ostacoli».
Con l’avanzare dell’età ha assunto qualche accorgimento particolare?
«Abbiamo saltato sempre meno, questo sì: sono sempre stati sufficienti i concorsi come lavoro sugli ostacoli. Quindi in realtà il lavoro a casa è stato prevalentemente in piano. E poi lavoro di condizione, fisica e mentale: qui abbiamo una pista dove poter galoppare, cosa che oltre a fargli bene fisicamente lo ha sempre molto divertito generando una ottima condizione di relax mentale. Casall Ask poi non ama assolutamente il lavoro in maneggio coperto: stare all’aria aperta lo diverte e gli fa aumentare le energie».
Il suo regime alimentare?
«Normalissimo e semplicissimo. Nulla di particolare. Ogni tanto ha bisogno di un po’ di energia e allora mangia un po’ più di avena».
Se dovesse definirne il carattere e la personalità cosa direbbe di Casall Ask?
«Direi che è un cavallo molto piacevole con il quale aver a che fare, un gran bravo ragazzo. Bisogna però capirne appunto il carattere: e cioè che lui a casa è il boss, il capo. Ha un istinto naturale per esserlo e lo dimostra chiaramente a tutti gli altri cavalli, stalloni compresi. A casa lui deve avere il controllo della situazione. Definirlo però aggressivo sarebbe sbagliato, perché non lo è assolutamente, non fa cose tipo alzarsi in piedi e rampare o mettersi a urlare: è il suo comportamento in generale, il suo modo di porsi e di atteggiarsi che mette in chiaro la faccenda. La cosa strana è che tanto stallone e capo è a casa, quanto invece tranquillo e quasi schivo in concorso. Non sembra nemmeno uno stallone, quando siamo fuori, da tanto pacifico, sereno e senza alcun atteggiamento di superiorità nei confronti di nessuno».
A proposito del suo essere stallone: adesso come viene gestita la sua attività di riproduttore?
«Come sempre, non è cambiato assolutamente nulla. Noi qui abbiamo la stazione approvata per la raccolta del seme che poi viene distribuito a chi lo ordina. Ma tutta la gestione di Casall Ask come stallone è dell’Holsteiner Verband, che è il proprietario del cavallo: quando c’è da fare la raccolta del seme i tecnici dell’HV vengono qui e fanno tutto loro, noi nemmeno tiriamo fuori dal box il cavallo».
Per lei sarà una bella cosa avere Casall Ask sempre con sé, anche adesso che ha smesso l’attività agonistica…
«Certamente. Lui e io siamo molto legati, stiamo insieme da così tanto tempo… Però alla fine dell’anno io mi sposterò: mi trasferisco nella scuderia di mia moglie Evi che è solo a una decina di minuti da qui, sempre nella zona nordoccidentale di Amburgo. E non so cosa farà Casall Ask: se rimarrà qui o se invece verrà con me. Questo è da decidere con l’Holsteiner Verband. Vedremo».
Adesso che è ‘pensionato’ che tipo di lavoro fa Casall Ask a casa?
«Viene montato ogni giorno: galoppa in pista, va a fare delle lunghe passeggiate nei boschi. Mantiene la forma fisica e rimane allegro e interessato».
Casall Ask è stato il miglior cavallo della sua vita di cavaliere?
«Direi di sì. Ma soprattutto è il cavallo che ho avuto più a lungo… Pialotta, Tepic La Silla, Ninja La Silla, tutti cavalli eccellenti ma nessuno ha vinto tanto quanto Casall Ask. Ninja è stato un cavallo favoloso nei campionati internazionali, ma Casall Ask ha vinto un numero di gare infinitamente superiore, con una percentuale di percorsi netti davvero strabiliante».