Bologna, 28 agosto 2019 – La cosa più importante, facendo il nostro mestiere, è dare notizie utili; ma anche raccontare storie che facciano bene, che spingano a pensare e interessino i nostri lettori.
E quando succede che un argomento tocchi il cuore di chi ci legge e lo spinga a sua volta a raccontarci qualcosa che per lui è importante e significativo beh, allora è proprio bello.
Come è capitato quache giorno fa riguardo alla nostra serie di articoli sui cavalli anziani: quando ci ha scritto Stefania Lancini, per raccontarci della sua Corina, cominciando così la sua mail: «Buongiorno Maria Cristina, con enorme piacere sto leggendo degli articoli che state pubblicando delle storie di cavalli anziani e le interviste ai loro proprietari riguardo alla loro gestione, e vorrei renderti partecipe della mia esperienza. La mia “Tatona” si è addormentata il 31 gennaio 2017, nell’anno delle sue 33 primavere. Si potrebbe pensare che abbiamo passato insieme una vita ma in realtà ci siamo conosciute quando lei di anni ne aveva già 28, anche se non ha mai dimostrato la sua vera età» scrive Stefania.
Che poi continua: «Corina era una bellissima KWPN nata in Olanda il 16 luglio del 1984. Fisico longilineo, saltatrice, baia, con una lista in fronte fine e storta, calda, caldissima. Una prima donna. E poi era molto vanitosa. Sapeva di essere bella e guardata, e non perdeva occasione per mostrarsi fiera e con la coda alta, in tutta la sua bellezza. Aveva un segno particolare: le avevano spaccato il labbro destro a forza di tirarla in bocca e con l’avanzare dell’età, spesso si dimenticava un pezzo di lingua fuori e strappava sorrisi a guardarla galoppare con quella lingua che andava su e giù. Dopo un anno passato come cavalla da lezione e qualche mese di box causa inutilizzo, il 13 gennaio 2013 lei divenne il mio sogno realizzato. Il mio primo cavallo. Ero la ragazza più felice del mondo, anche se facevamo più di 50 anni in due (lei 29, io 22) sembrava un sogno dal quale non mi sarei mai voluta svegliare. Pensavo che, prendendola con me, le avrei regalato una tranquilla vita da pensionata. Comprai una sella economica, giusto per averla nel caso avessi voluto fare una cavalcata. Lei era giù di tono e pensai che un po’ di movimento le avrebbe fatto bene, ma niente di chissà che».
E invece…«Invece quella fu la sua rinascita. Iniziai a muoverla tutti i giorni. Lavoro leggero, ovviamente. Tanto lavoro da terra e poi, anche montata. Riprese una bella forma fisica, vigore e voglia di fare. Abbiamo litigato tante volte: perché lei in passeggiata da sola non ci voleva stare, perché se si facevano due saltini lei perdeva 25 anni per strada ed avrebbe saltato le montagne, perché farsi coccolare non le piaceva per niente e una carezza andava bene, ma due erano già troppe. Eppure mi ha insegnato tanto. Ed insieme abbiamo sperimentato cose nuove, come essere montata a pelo e guidata con il collare, oppure con la sella all’amazzone. Dopo un paio d’anni insieme, aveva anche iniziato a chiamarmi sottovoce ed io continuavo a vivere in un sogno. Appena presa, ebbi la fortuna di conoscere ed incontrare Veronica, una ragazza che ha frequentato lo stesso maneggio dove Corina è stata per 20 anni, e mi ha raccontato il suo passato, il suo arrivo in Italia nel 1989, il suo carattere, i suoi mezzi impressionanti sui salti, ma che non avevano mai trovato il cavaliere che sapesse interpretarli fino in fondo».
Corina era anche già diventata mamma: «Sì, di due puledri: Abbeville nata nel 2001, e Phortos del 2002. Riuscii a rintracciare sua figlia su internet e cercai di tenerla d’occhio, anche se cambiava proprietario spesso. Suo figlio purtroppo non l’ho mai trovato».
Perché ha sentito il bisognodi condividere la vostra storia anche con noi?
«Perché spesso si dice che i cavalli anziani siano inutili, una zavorra, una spesa. Per me Corina ha realizzato i sogni di una bambina che desiderava tanto un cavallo, ma che era troppo oneroso da comprare e mantenere. Per me ha significato tutto, anche ora che non c’è più, la sua salute e la sua “vecchiaia” sono il mio orgoglio, e ancora ne parlo con gli occhi sognanti.Ha insegnato a tante persone a stare in sella, ha insegnato a sorella ad andare a cavallo ed a gestire con passione e rispetto questi animali. Corina e la sua “linguaccia” hanno fatto incontrare me e il mio compagno, che in poco tempo si era affezionato tantissimo a lei, e che con lei ha fatto il suo battesimo della sella. Non che ci sia tornto spesso in seguito, preferisce viziarli da terra che stare in groppa ai cavalli: ma intanto anche lui ha riceuto qualcosa di speciale da Corina»
E adesso che Corina non c’è più?
«Il bello è che questa storia non è finita. Il 17 maggio 2017 è entrata nelle nostre vite sua figlia Abbeville. A tratti mi ricorda la mamma, anche se lei è molto più affettuosa, e non così vanitosa. Però è femmina ed è saura, e quello che si dice sulle femmine saure (molto volitive, per usare un eufemismo- n.d.r.) un po’ è vero anche se, dopo tanta pazienza e con il tempo e tante carote sta diventando calma e tranquilla (e viziata… ma questa è colpa del mio compagno!). Saltare in modo pacifico però anche per Abbeville resta un tabù, come lo era per sua madre».
Termina Stefania: «Vi sto scrivendo con le lacrime agli occhi. Perché un po’ la Tatona mi manca, però sono felice di averle regalato tanto amore, affetto e carote nei suoi ultimi anni di vita. E con Abbeville, lei è sempre con noi e la nostra storia sembra una bella favola. E’ questo quello che mi auguro di suscitare nel cuore e nei pensieri di chi ha letto la sua e la nostra storia, perché tutti i cavalli si meritano rispetto e serenità, sia da quando sono puledri, fino alla loro vecchiaia. Ogni cavallo ha le sue esigenze in fatto di alimentazione, di gestione e di veterinaria. Però credo che l’amore e l’essere considerati siano la cura migliore al tempo che passa. Per i cavalli e, credo, anche per noi umani».
E sinceramente, lo crediamo anche noi.
La storia di Corina e Stefania Lancini, “Il nome della felicità“, è stata raccolta nel libro pubblicato da Horse Angels “Equi Ti Amo” del 2014 .